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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

La maestria nei racconti del piccolo schermo. Intervista a CINZIA TH TORRINI, regista di Elisa di Rivombrosa: ŤAnton Giulio Majano č il padre della fiction televisivať.

di Rivista Orizzonti

Cinzia Th Torrini, regista e sceneggiatrice di fiction di successo trasmesse dal piccolo schermo, colpisce direttamente al cuore lo spettatore, lo cattura, e lo “costringe” a seguire fino in fondo la rappresentazione simulata e fascinosa di racconti televisivi coinvolgenti e appassionanti (non dimentichiamo che Elisa di Rivombrosa è un suo lavoro televisivo).
Il romanzo, il mistero, l’avventura, la storia reinventata, il dramma storico, l’epica, la tragedia, sono le sette coppe d’oro da cui attinge la sua genialità narrativo-illustrativa.

La sua formazione cinematografica predilesse Monaco di Baviera al nostro Centro Sperimentale di Cinematografia, qui a Roma. Perché?

Risposta - «Fu una decisione repentina, non volevo perdere tempo. Ricordo che in quel periodo il Centro Sperimentale di Cinematografia era bloccato per vari motivi: il ritardo nelle nomine degli insegnanti, i contributi ministeriali che non arrivavano; non ultimo le agitazioni studentesche. E poi, mi piacevano il nuovo cinema tedesco, i film di Werner Herzog. Queste sono state le motivazioni che hanno influito nella mia scelta, e così, dopo aver studiato la lingua, ho sostenuto gli esami d’ammissione alla Hochschule fuer Film und Fernsehen di Monaco di Baviera… e venni ammessa».

I suoi lavori hanno riguardato periodi storici dal ‘700 al ‘900; prevede realizzazioni di film che appartengono al nostro medioevo per arrivare poi all’epoca barocca, mai sfruttata nelle fiction televisive in costume?

Risposta - «Sì, è vero, sono affascinata da quei secoli; il personaggio di Elisa l’ho proposto dopo aver letto Pamela, o la virtù premiata di Samuel Richardson, un libro ambientato nel 1740. Certo, l’epoca barocca è molto intrigante, ma ho un sogno che vorrei realizzare: sono nata a Firenze e il nostro Rinascimento, il gusto, l’amore per l’arte classica ed il contrasto con la religiosità medioevale, sono tutti temi che spesso invadono la mia fantasia e che vorrei proporre; come in un film già vedo alcune scene di questo grande affresco rinascimentale dai colori sfumati e dalle atmosfere rarefatte. Sì, mi piacerebbe proprio girare un film sul Rinascimento, sulla civiltà culturale ed artistica che si diffuse in tutta Europa dal XIV fino al XVI secolo».

Lo storico Antonio Spinosa aveva il pregio di giustificare psicologicamente i comportamenti di alcuni personaggi storici e di farceli amare anche se questi avevano il nome di Paolina Bonaparte, principessa Borghese o di Caligola. Ha qualche progetto in merito?

Risposta - «Diciamo che per il momento questi personaggi non rientrano nei miei progetti, forse più in là! Debbo dire, però, che i personaggi che rappresentano nella storia il “male” mi attirano, perché mi affascina scandagliare il loro animo, comprendere il perché dei comportamenti, per delineare nei miei film dove è il bene e dove è il male».

Ha usato mai gli studios di Cinecittà per i suoi set? Risulta economicamente conveniente andare all’estero?

Risposta - «Gli studios di Cinecittà sono molto ambìti da noi registi, rientrano nel nostro immaginario formativo; purtroppo, però, sono spesso occupati dagli show televisivi, dai talk show, dalle sit-com. Comunque ho girato in esterni a Cinecittà, nel 1986, con Hotel Colonial. Girare negli studios di Cinecittà è il sogno di tutti. Ero un’adolescente al mio primo anno di scuola per il cinema, quando riuscii ad entrare a Cinecittà proprio mentre Federico Fellini stava girando La nave. Entrai in punta di piedi nel Teatro n. 5, il suo teatro di posa, tutto era silenzio intorno a me, vedevo in lontananza dei fasci di luce, quando… All’improvviso, da una figura con una grande cappa scura, tuonò una voce: “E tu chi sei, che ci fai qui?” Era lui, Fellini. Ebbi solo il tempo di dirgli: “Maestro, amo il cinema, sono una studentessa di cinema, amo come lei dirige!” Ricordo solo la sua voce nasale quasi in falsetto: “Giovane studente di cinema? Fuori da qui!” Ma, anche fuori dal Teatro n. 5, il sogno non aveva fine, era un’atmosfera incredibile; comparse, generici in abiti orientali, strani, senza epoca. Un sogno ad occhi aperti!»

Si è conclusa da poco la fiction Terra Ribelle, un quadro sulla maremma toscana dai colori tenui ed eleganti, che ha ottenuto il plauso dei telespettatori italiani, e non solo.

Risposta - «Amo la fotografia fin da piccolissima quando, con una macchina fotografica che mi era stata regalata dai miei genitori, mi divertivo a fotografare scorci di Firenze, del Lungarno; facevo le foto addirittura a colori e alla pellicola facevo fare gli otto bagni tradizionali! In Terra Ribelle avevo un direttore della fotografia argentino e spesso parlavamo dell’importanza della luce, dei tagli da dare, e poi sono stata per più di due mesi alla Technicolor dove le sfumature di colore possono essere gestite secondo il tuo gusto».

Anton Giulio Majano, Franco Zeffirelli, Luchino Visconti; una sua riflessione su ognuno di questi maestri della fiction?

Risposta - «Un po’ ardua come domanda! Anton Giulio Majano si può considerare il padre della fiction televisiva, del teleromanzo e sinceramente ho fatto riferimento a lui per il mio Piccolo mondo antico; ho visto e rivisto i suoi sceneggiati. Di Majano mi piaceva l’atmosfera che riusciva a dare alle sue riprese. E dopo ci fu Sandro Bolchi.
Luchino Visconti è il perfezionista della scena cinematografica e lui l’ho conosciuto per interposta persona, grazie al maestro della fotografia Giuseppe Rotunno, che ha lavorato con me in Hotel Colonial. Mi raccontava spesso degli aneddoti su Visconti: ad esempio, una volta, in un momento di pausa, aprì dei cassetti, scoprì che dentro non erano riposte le tovaglie di lino di fiandra e si infuriò con le scenografe. Eppure, mai e poi mai, la scena ripresa avrebbe contemplato l’apertura di quei cassetti! Io non sono così agli estremi, però debbo dire che la perfezione piace anche a me… e al mio pubblico! Per Elisa ho rivisto e studiato molti dei suoi film, da Senso al Gattopardo.
Franco Zeffirelli è un fiorentino d.o.c come me, ed è ancora più estremo di Visconti. Viene dalla scenografia, dall’arte della pittura, dal gusto neoclassico, da tutto ciò che è bello e arcano. Lui cura tutto in prima persona, dalle luci ai colori, dalle tecniche recitative ai costumi. È un genio a tutto tondo. Voglio ricordare un fatto che ancora mi lusinga. Ero in Germania, lontano dalla mia Firenze, quando in Italia era in onda Elisa di Rivombrosa. Squillò il telefono, risposi e dall’altra parte: “Sono Zeffirelli, ti faccio i miei complimenti, bel lavoro. Brava!” Pensavo fosse uno scherzo; e invece era proprio lui: Franco Zeffirelli!»

I suoi film, le sue fiction sono assai diversi, l’uno dall’altro; come ambienti, come suggestione, come stile. Crede che vi sia, in essi, un legame che li accomuna?

Risposta - «Sicuramente la storia è diversa in ogni mia fiction, e anche l’epoca, ma ogni personaggio ha la propria psicologia che attingo dal mio vissuto, dalle mie esperienze. I personaggi dei miei lavori cinematografici, maschili o femminili, rispecchiano il mio vissuto. Forse è questo quel sottile filo che li accomuna.
Il mio lavoro da regista l’ho sempre visto come un mezzo per comunicare dei valori, per evidenziare quella morale che sembra far parte, ormai, del paradiso perduto. Oggi è difficile comprendere i messaggi che i personaggi del passato ancora tentano di inviarci. Anche Elisa di Rivombrosa, seppur del ‘700, è proiettata nelle problematiche della vita odierna!»


(Articolo di Giuseppe Lorin, pubblicato su Orizzonti n. 39)

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