| Caro Gianni,
“Le parole rubate” rappresentano il top della tua opera poetica. Tutto in questo lavoro è particolarmente ispirato, anche le parti in prosa. Le tue “riflessioni sulle parole” , mirabilmente esposte con una forma narrativa perfetta – tu sai che io alla forma ci tengo molto – sono di una profondità e di una saggezza infinita.
“La speranza è nella poesia?” scrivi citando Cassigoli, poi esprimi il tuo pensiero con due frasi profonde che ricalcano esattamente il mio modo di pensare e di intendere la vita. Solo che la speranza per me, caro Gianni, non è da ricercarsi nella poesia, ma nel sentimento.
Io penso che la vita senza il sentimento sarebbe una barbarie: una bruttura illimitata. Guai se a dominare il mondo fosse la ragione. La ragione potrebbe farci odiare addirittura i nostri genitori che ci hanno messi al mondo senza chiederci il permesso, ma il sentimento ce li fa amare lo stesso. Il sentimento è la parte buona del mondo. La poesia è uno scrigno in cui il sentimento viene gelosamente custodito e per questo è importante. Come tu dici, nei momenti difficili non isolarsi, ma cercare di comunicare i nostri sentimenti agli altri ci aiuta e ci rende utili, come si può evincere dalle tue bellissime e insostituibili parole:”Oggi che tutto sembra infranto e spezzato, anche il mezzo per misurare i nostri sentimenti, le cose che amavamo e per le quali ci siamo battuti, senza perdere l’ansia di rinnovare la ricerca, aspettando che le acque ritrovino la via della sorgente, ecco, questo è lottare con il tempo che passa.”
Questa frase potrebbe costituire lo spunto per una discussione infinita, ma mi sto accorgendo che sto divagando troppo. Torno quindi alle parole rubate.
Il libro si divide in quattro parti distinte anche se perfettamente collegate: quella costituita dai commenti, tutti ad ampio respiro e di sicuro valore critico; quella formata dalle poesie poi saccheggiate che precedono la Cantata per Dimitris; la cantata e, infine, la parte dedicata al pittore greco e a Angelo Iuorno nei cui confronti tu provi stima e amicizia, il che ti fa onore (anche perché i fatti ci fanno chiaramente intendere che sei ricambiato).
Le poesie che precedono la cantata, molte delle quali conoscevo già, costituiscono una parte della tua produzione migliore. Ce ne sono alcune che non conoscevo dalle quali sono rimasto particolarmente colpito. Su tutte l’Umanità, una delle liriche più belle e profonde che abbia mai letto: sei versi nei quali è racchiuso tutto il mistero della vita, dei sentimenti, delle illusioni e delle speranze che pervadono ogni giorno la vita del genere umano. In quel raptus artistico che ti ha fatto capire che saccheggiando la tua produzione poetica avresti potuto creare quell’opera che l’amico musicista ti chiedeva, era logico che tu partissi proprio dalle parole dell’Umanità, come è logico il cambiamento dell’ultimo verso con “davanti al mio pugno chiuso” simbolo della ribellione alle ingiustizie che tormentano l’umanità.
Per scrivere la cantata hai saccheggiato, è vero, molte tue poesie, ma, devo dire che mai nessun saccheggio fu più proficuo. Alcune espressioni come “solo anime disperse/come foglie secche al vento” o tutti i versi rubati a “miracolo” si sposano perfettamente al progetto che la tua intuizione artistica ha immediatamente elaborato quando hai ricevuto la richiesta dell’opera. A legare domanda di Angelo Iuorno e la tua precedente produzione artistica intravedo, con somma evidenza, il segno del destino.
Non sto a commentare ogni passaggio della cantata perché note mirate e ispirate chiariscono perfettamente il tuo pensiero. E la prova della liricità dei testi viene testimoniata dal fatto che quelle parole magiche hanno saputo ispirare, senza bisogno di particolari correzioni o aggiunte, l’estro e la professionalità di colui che non conosco ma è sicuramente un grande musicista.
Se sono dotato della capacità di apprezzare la bellezza di un quadro o della musica, tanto da provare profonde sensazioni ogni volta che vengo a contatto con opere di notevole spessore artistico.
Mi è successo leggendo “Le parole rubate”, osservando i paesaggi della tua ultima mostra, ascoltando le musiche di Angelo.
Tu mi hai riferito che ha continuato a lavorare alle sue opere sino alla fine, sebbene colpito da una tremenda malattia. Credo di conoscerne il motivo: era il modo più normale per giungere non ad un trapasso, ma ad una continuità: dall’infinito dell’Ignoto terrestre, all’infinito dei misteri del “dopo”. Quei misteri che aveva cercato di avvicinare con le sue creazioni musicali, unica cosa d’ispirazione divina capace di conciliare la nostra natura umana col concetto di Speranza. Fino alla fine.
A presto, un abbraccio, Andrea.
(Pubblicato su www.literary.it nella Pagina Calamassi Gianni)
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