| “Fare business con Facebook” è una guida sui benefici che ogni azienda può ottenere dall’utilizzo consapevole del noto social network (solo gli utenti italiani sono oltre 16 milioni) ed illustra i segreti per sfruttare efficacemente le potenzialità di questo innovativo strumento. E, come ogni guida che si rispetti, contiene approfondimenti ed esempi di promozione della propria azienda in rete, i casi di successo, in che modo pubblicizzare un evento e diffondere contenuti originali. Il libro, scritto da Luca Conti (esperto di comunicazione sul web, social media e social netwook) e stampato dalla casa editrice Hoepli, è stato ripubblicato di recente, in versione ridotta, nella nuova collana del Sole 24Ore “Fare business con i social network”. La collana ospiterà altri libri dell’autore, che proporremo di volta in volta ai lettori di Orizzonti.
Domanda: Al di là del titolo, volto principalmente a incuriosire il potenziale lettore, il libro è un efficace vademecum per chi vuole conoscere il mondo di Facebook. Da autore come potresti riassumere gli obiettivi che l’opera si è proposta e, soprattutto, che cosa può interessare a chi quotidianamente usa questo social network?
«Il libro vuole essere d’aiuto a chi non è ancora iscritto, o si è iscritto con un profilo personale, e vuole cogliere le opportunità che Facebook offre sul piano business. All’uscita della prima edizione nel luglio 2009 non era così scontato come può apparire ora. I feedback che ricevo dai lettori mi dicono che molti non ne conoscevano tutte le funzionalità, soprattutto rispetto agli strumenti da usare in chiave promozionale. Non è un caso se molti sbagliano e aprono un profilo personale invece di una pagina ufficiale».
Domanda: Prima di leggere il tuo libro, per me Facebook era solo un “fastidio necessario”; durante la lettura una sorta di entusiasmo contagioso mi ha sorpreso, ed ho incominciato a coinvolgere collaboratori, amici, addetti ai lavori del mondo della comunicazione. Ho scoperto, con grande stupore, che quasi tutti, nonostante utilizzassero quotidianamente questo strumento, sono totalmente ignari delle effettive funzionalità. Come te lo spieghi?
«Il tuo feedback è simile a quelli che ho ricevuto io. Facebook nasce come strumento di relazione e di comunicazione personale, quindi è naturale che le persone si avvicinino con questo approccio. Ciò che manca, non solo per Facebook, è la voglia e/o la capacità, sul piano professionale, di considerare internet un mezzo che cambia le regole del gioco in termini di comunicazione e di marketing. Se i professionisti assumessero questa forma mentis, il fenomeno che tu evidenzi verrebbe rapidamente meno, ne sono certo».
Domanda: Credo sia necessaria una nuova alfabetizzazione sui social network. Le cattedre di sociologia o di scienze della comunicazione in Italia stanno studiando il fenomeno? E all’estero come si pongono nei confronti di questi grandi cambiamenti nel mondo dell’interazione interpersonale?
«Sì, conosco diversi ricercatori universitari che si interessano del fenomeno, in Italia e all’estero Danah Boyd è una delle più note al mondo e ora lavora per Microsoft. In Italia abbiamo il LaRiCa di Urbino, con Fabio Giglietto, avanguardia nello studio dei social network e delle ricadute nella società italiana».
Domanda: C’è qualcosa che ti ha meravigliato dei moti rivoluzionari avvenuti nei paesi arabi, per i quali i social network, e Facebook in particolare, hanno avuto un ruolo decisivo?
«La diffusione su larga scala di internet porta queste conseguenze, ma dobbiamo essere consapevoli che internet non basta. Il web può essere uno strumento usato anche dai regimi autoritari per propaganda. Lo dimostrano Cina, Iran, Bielorussia e altri paesi. Cerco di essere né troppo utopista, né troppo scettico. Un po’ di sano realismo è il giusto mezzo. Facebook nel qual caso ha catalizzato il fenomeno, ma da solo non è stato sufficiente.
Senza una massa di giovani desiderosa di ambire a stili di vita più occidentali, veicolati anche dal web, Facebook da solo non avrebbe potuto nulla».
Domanda: Il libro si rivolge principalmente a chi utilizza, in maniera professionale, questo social network, o a chi vuole scoprire le enormi potenzialità e funzioni che Facebook mette a disposizione, gratuitamente, per i suoi utenti. Secondo te, perché le grandi aziende sono lontane dall’utilizzo commerciale di questo strumento?
«Non è proprio così. Fiat, Coca Cola, Starbucks, Dell. I casi di successo, anche italiani, sono numerosi. Il Fatto quotidiano è il giornale leader in Europa su Facebook. Ciò che serve è un management attento, con un mandato per sperimentare, fallire, provare nuove strade. Se chi sbaglia è perduto, è chiaro che rimanere sulla vecchia via è garanzia di successo. Ciò che serve è un clima aziendale aperto all’innovazione e al nuovo. Facile a dirsi, meno a realizzarsi, soprattutto in imprese che nascono come famiglie».
Domanda: Meraviglia la poca penetrazione commerciale dal punto di vista del fatturato che, come scrivi nel libro, è mediamente di un euro a utente. Personalmente lo trovo un vantaggio enorme per le piccole e medie aziende, perché significa che non solo per i grandi capitali c’è la possibilità di intraprendere strade di comunicazioni che possono coinvolgere un gran numero di persone. Come mai la pubblicità tradizionale non attecchisce su Facebook?
«Perché non può essere tradizionale su Facebook. Deve essere social, e sta diventando social. Dati non ufficiali dicono che Facebook abbia chiuso il 2010 con 2 miliardi di dollari di fatturato grazie alla pubblicità e abbia un obiettivo per il 2011 di 4 miliardi. Non mi sembra male, no?».
Domanda: La poca visibilità che gli inserzionisti hanno a disposizione rende la pubblicità quasi un accessorio inutile. Credi che Facebook cambierà impostazione grafica per il futuro?
«Non credo proprio. La pubblicità su Facebook non può essere invasiva come negli altri siti. È un social network, non un giornale! Già così va a gonfie vele, vedi i dati sopra, perché cambiare? Chi fa campagne si deve adattare a questo nuovo linguaggio, non viceversa».
Domanda: Credo che le aziende editoriali avranno i ritorni più importanti; arrivare al consumatore tramite l’informazione è prerogativa dei media. Sei d’accordo?
«Certamente i media online più intelligenti usano Facebook per trainare grande traffico, ma non sono le uniche imprese a trarne dei benefici. Il largo consumo ha la possibilità di dialogare direttamente con i propri clienti e raccogliere informazioni vere e spontanee come su nessun altro
canale. Tutto ciò ha un altissimo valore».
Domanda: Spendiamo qualche parola sul corretto utilizzo del mezzo. Come tutti gli strumenti interattivi, chat, forum etc, anche Facebook può creare dipendenze difficili da arginare. Un argomento che trovo poco sviluppato, ad esempio, è la litigiosità tra utenti, in quanto, inevitabilmente, il confronto porta effetti degenerativi. Per esempio, ricordo che, nel 2005, diedi vita al portale Parole in fuga (http://www.facebook.com/ paroleinfuga.it), un sito di scrittura on line, dove si potevano scrivere poesie e racconti, che in poche settimane arrivò ad avere oltre mille iscritti ma, nonostante gli argomenti fossero legati alla scrittura, le dinamiche della vita reale, che ineludibilmente si riversano sul web, portarono a una litigiosità tra singoli, poi tra clan, che mi obbligò a chiudere il sito, divenuto ingestibile.
«Penso che non c’è niente di nuovo. Internet e Facebook non sono mondi a parte. Sono mondi dove si incontrano le persone, le stesse della vita di tutti i giorni. Facebook ha un vantaggio in più rispetto al web: l’anonimato non è incentivato, anzi. Gli utenti sono invitati, per trarne il massimo, a metterci la faccia, con nome e cognome. Questo ovviamente riduce i comportamenti scorretti ed è una tendenza che si diffonde in tutto il web.
Sulla dipendenza direi ci sia poco da dire. Mi preoccuperei di più della dipendenza da gioco d’azzardo e da alcol, che genera esponenzialmente più vittime e danni sociali di internet, senza voler essere benaltristi. È una questione di priorità. La dipendenza da internet non mi sembra prioritaria nella scala delle dipendenze da combattere con aggressività».
Domanda: Potrebbe essere questo uno dei motivi che tiene lontane le grandi aziende: il timore di una perdita di efficacia commerciale, mettendo in contatto tutti i loro potenziali clienti?
«I clienti si incontrano già e parlano bene o male dell’azienda anche senza la presenza dell’azienda. Siamone tutti consapevoli. Essere presenti su Facebook e sul web è un modo per capire meglio, migliorarsi e rispondere a chi si attende un dialogo dall’azienda. Fare finta di nulla non è risolvere
il problema, è soltanto peggiorarlo».
Domanda: Due parole sui problemi di privacy che continuano a essere presenti, nonostante qualcosa si stia muovendo in tal senso. Un altro problema è la clonazione di profili personali, pubblici, di aziende. Noi stessi, come Aletti Editore, che pure stiamo sperimentando alcune pagine ufficiali che lanceremo nelle prossime settimane, non riusciamo a far rimuovere le pagine create da chi utilizza senza autorizzazione il nostro marchio editoriale.
«Facebook è una azienda con poco personale. È naturale che in questa fase abbia dei problemi in tal senso. In ogni caso clonare l’identità altrui è un reato che l’autorità giudiziaria, informata, è tenuta a perseguire, quindi valgono le stesse regole e le stesse tutele del mondo reale. Facebook non è una terra franca e neanche il far west. Chi ha diritti può farli valere».
Domanda: In ultimo, possiamo tranquillizzare l’utente medio di Facebook sul fatto che continuerà a essere gratuito?
«Ovvio che sì. Facebook guadagna con la pubblicità e con le transazioni effettuate con i crediti, oggi usati prevalentemente per giocare, domani per acquistare beni e servizi su larga scala. Un marketplace che trova valore nell’essere popolato, senza barriere d’ingresso».
Domanda: Sei disponibile per una nuova intervista, in cui parlare degli altri libri della Collana?
«Volentieri :)».
IL LIBRO
Facebook, con oltre 16 milioni di Italiani e più di 600 milioni di membri nel mondo, è la piattaforma ideale per chiunque voglia comunicare e condividere informazioni con amici e clienti, su scala globale. Non esiste altro sito web capace di coinvolgere centinaia di milioni di utenti, dal computer e dal cellulare, in una piazza virtuale diventata ben più di un fenomeno di costume. Per queste ragioni Facebook è anche un luogo ideale per il business, dove le aziende possono “parlare” direttamente con i propri consumatori. Nell’era del Web 2.0, in cui la persona è in grado di produrre contenuti con facilità e di sviluppare un rapido passaparola su qualsiasi argomento, Facebook è l’ambiente dal quale chiunque si interessi al marketing, alla promozione o alla comunicazione non può più prescindere. Dalla grande multinazionale alla piccola e media impresa, ogni azienda può trarre enormi benefici dalla relazione con clienti, potenziali e reali. (Dalla quarta di copertina)
(Articolo di Giuseppe Aletti, pubblicato su Orizzonti n. 40)
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