| Lo ha fatto ancora una volta, con lo stile, l’eleganza e la sobrietà di sempre. Lo ha fatto così come se lo aspettavano i suoi fans, i suoi estimatori ma anche i suoi critici più severi. È tornato sul difficile palco di Sanremo, all’ultima edizione del Festival della canzone italiana, e ha stupito, ha affascinato, ha divertito, con un brano che ci ronza ancora nelle orecchie per la sua gradevolezza. E come se non bastasse, alla gemma della sua voce ha aggiunto perle del calibro di Franco Battiato e Carmen Consoli.
Dell’«alieno» Luca Madonia, tra le voci più apprezzate degli ultimi decenni nel panorama musicale italiano, c’è il titolo della canzone che ha proposto al Festival, ma a svelarsi e a rivelarsi ad “Orizzonti”, per questa gradevole intervista, è l’uomo Luca Madonia. Ed è quello che noi cerchiamo di conoscere, scoprendone gusti, paure, difetti, affetti. Quando lo incontriamo nella sua casa a Catania, immersa nel verde delle colline del capoluogo etneo, si percepisce tutta l’affinità dell’artista con la sua città, come nei suoi gesti, nei suoi ricordi, Catania è una costante.
“Ma è tutta la Sicilia che amo tanto – ci confessa – oltre, naturalmente, a Catania. Di questa terra apprezzo l’Etna come forza, magma e natura”.
Poi, la prima rivelazione affettiva: “Da parte di mio padre, ho legami con l’Emilia Romagna e così spesso in estate mi trovo a trascorrere le vacanze a Bertinoro, gradevole località tra Forlì e Cesena. Vino, piadine e tranquillità sono gli ingredienti di piacevoli ferie”.
Luca, nel suo sito ufficiale non si parla della sua famiglia: per discrezione, per gelosia, per scelta?
«Non se ne parla, forse lasciando più spazio alla mia storia artistica, ma è una componente fondamentale della mia vita: i miei due figli, Matteo di 22 anni e Brando di 20, sono entrambi musicisti e nell’ultimo album, “L’alieno” (Universal Music Italia 2011), la musica del brano “Le occasioni della vita” è di Brando. Tutti e due hanno seguito con estremo interesse la mia carriera e il mio vantaggio, come padre, è che so cosa significa questo mestiere, affascinante e incerto. A vent’anni avere questa passione è bellissimo, anche se poi ci vogliono talento e fortuna».
Spesso la sua carriera è stata definita incostante, forse perché la qualità non sempre interessa il mercato discografico. Ed oggi Luca torna in scena in pieno regno di talent show?
«Dai Denovo, il gruppo catanese con cui ho iniziato la mia carriera negli anni ’80, come pionieri del nuovo rock italiano, fino ad oggi, si è avvertito molto il ricambio generazionale. Ma anche la scelta di tornare in scena da solista, rimettendomi in gioco, è stata apprezzata e ripagata dal pubblico. Anche con le edizioni musicali ho avuto varie esperienze, passando dalle maggiori case discografiche alle etichette indipendenti, per poi tornare nel grande mercato di settore. Ciò che mi spaventa dei talent show, invece, è che tutto si sgonfia nel giro di un anno o anche meno: non c’è il tempo di crescere artisticamente».
Però quando si parla o si scrive di lei ci si riferisce a classe, stile, cultura che non sono da tutti. Si riconosce in questi giudizi?
«Se tutto questo significa essere una persona che non urla, sì, certamente. Non faccio clamore e, pur amando la musica e il canto, amo il silenzio. Che spesso è la musica più bella».
Luca Madonia è più autore o interprete? Sono tantissimi i nomi di colleghi per cui ha scritto o con cui ha duettato?
«Sì, anche se mi diverto molto a interpretare, mi sento comunque molto cantautore e mi piace mettermi sempre in gioco, alla prova».
Alcuni nomi con cui il cantante catanese ha collaborato sono, infatti, Andrea Mirò, Kaballà, Grazia Di Michele, Patty Pravo, Mario Venuti, Gianni Morandi, Franco Battiato.
Quanto conta la cultura del corpo per Madonia artista? Non si tinge i capelli, in un mondo così patinato e da copertina, come quello dello spettacolo. È un atto di sincerità?
«Trovo patetico tingersi i capelli ma, più in generale, non accettare il trascorrere del tempo e quindi la caducità naturale e sincera del nostro corpo. Il fascino si può emanare anche col passare degli anni, anzi, forse lo si emana di più proprio per questo. Il mito del corpo non può essere verità assoluta».
Lei è credente?
«No, ma provengo da una famiglia e da una formazione culturale piena di rispetto per tutte le credenze religiose e per le forme di misticismo».
Libro preferito?
«Non ce n’è uno in particolare. Sono incostante, anche nella lettura. Sto leggendo Tommaso Landolfi che, in certi passaggi, è addirittura musicale».
Piatto preferito? Le piace cucinare o è artista solo nel pentagramma?
«Sembrerà strano per un siciliano, ma adoro i passatelli in brodo romagnoli, mentre come dolce so fare, anche molto bene, almeno secondo i miei figli, il Monte Bianco, con le castagne, la cioccolata amara e tutto ricoperto di panna. Ne faccio, per equilibrio, un dolce non dolce».
Nel 2005 ha risposto all’invito di Claudio Baglioni, partecipando a “O’ Scià”, la manifestazione musicale di Lampedusa con i big della canzone per sensibilizzare l’opinione pubblica sul delicatissimo tema della solidarietà e dell’accoglienza del prossimo. Che effetto fa, oggi, a Luca il caso della Libia e del centro per esiliati politici di Mineo, alle porte di Catania?
«Non dico che era prevedibile, ma il popolo libico soffriva certo da tempo a causa della dittatura. Non vedo lo straniero come un dramma dell’invasione. Sono contento della solidarietà che ancora un volta il popolo siciliano sta dimostrando. Siamo portatori di una bella apertura mentale e tornerei subito a Lampedusa, su invito di Claudio e per questa importante iniziativa umanitaria e artistica, allo stesso tempo».
Qual è la sua coperta di Linus? La sua paura più grande?
«Mi fanno paura l’arroganza, la violenza e l’ignoranza, ciò che poi mi ha portato a scrivere “L’alieno” e “Vittima perfetta”, che parlano di questo».
“Passioni e manie” non è soltanto il titolo del suo primo album da solista (1991). Quali sono, ancora oggi, le sue passioni e le sue manie?
«Sarà banale, ma la mia passione più grande continua ad essere la musica, da trent’anni ad oggi. Manie, invece, non credo di averne».
E “Solo”, il mini cd che propose anni fa al suo pubblico, rivela un po’ il suo amore per la solitudine, non soltanto dal titolo?
«Sicuramente sono abbastanza schivo, discreto, introverso. Oggi non ho più la voglia di fuga che avevo a vent’anni. Mi piace vivere la mia città, incontrare i miei amici, quelli della canzone come Franco Battiato, Mario Venuti, Carmen Consoli e quelli d’infanzia. Spesso riviviamo la magia della nostra Catania».
Una Catania, secondo Luca, che rimane comunque viva, affascinante, vitale, con una grande tradizione di teatro, di lirica, di rock. Una Catania che è nel passato, nel presente e nel futuro del cantante e dell’uomo Madonia. E, forse, anche dell’alieno.
(Articolo di Antonio Iacona, pubblicato su Orizzonti 39)
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