| "Il nido del nibbio" riunisce i frutti delle attività più amate dall’autrice, Maria Grazia Boccolini: la poesia e la fotografia. Il libro è una raccolta di solitudini e di contrasti: dietro la bellezza e l’esuberanza della natura, dietro le sfumature dei sentimenti, dietro il tempo che incalza, emerge il senso di una solitudine e di un rapporto spesso contrastato con la realtà.
Da questo scenario derivano lo spirito di libertà e l’afflato di riscatto che l’autrice concentra nella figura dell’uccello e che ha dato il titolo sia alla raccolta precedente, "Gabbiani" (sempre per Aletti Editore), sia alla presente. Ma accanto alla libertà, e anzi forse proprio in virtù di essa, vi è anche la solitudine del volatile che solca l’immensità del cielo. Ecco allora crescere, sembra dirci l’autrice, il desiderio di protezione e di casa, la ricerca di conforto, la necessità del nido.
E, a proposito di nido, è risaputo che il nibbio, elegante rapace, utilizza per completare il proprio i rifiuti dell’uomo, cioè la spazzatura, in particolare la plastica. Sembra una bella contraddizione! In realtà, attraverso questa metafora, Boccolini vuole indicare al lettore il suo desiderio di innalzare il proprio sentimento di persona e di scrittrice al di sopra della realtà spesso sporca, ostile, degradata, fonte di sofferenza e di abbandoni. Ecco allora dal contrasto tra la propria sensibilità e la realtà derivare rabbia, dispiacere (Perché, pag. 11) e anche malinconia (Poesia del tempo perduto, pag. 13).
Si legga la poesia "Le ali dell’angelo" (pag. 9), si leggano le poesie dedicate prima alla madre ("Madre Maria", pag. 31) e poi al padre ("Io sono", pag. 39). In esse vi è una malinconia velata, non invasiva, persino delicata. E questi sono tra i versi certamente più riusciti della raccolta, proprio perché in queste poesie il sentimento è espresso con sobrietà e misura. Per Boccolini, infatti, il sentimento è sempre pulito, benevolo, intenso, solidale, ed esso nello sviluppo dei suoi versi viene lasciato libero di espandersi quasi a fungere da scudo protettivo.
Tanto che la sua presenza può sembrare in eccesso e tende a celare altri aspetti del testo (per esempio, la ricerca della musicalità attraverso la rima come in "Marameo", pag. 19, e in "Caracas e Cuba", pag. 34, l’atmosfera favolistica come in "Re Artù", pag. 23, o la personificazione degli animali come in "Biagio gatto randagio", pag. 43). D’altronde, quando si imbocca il sentiero della poesia ("Gabbiani" è di pochi mesi precedente questa raccolta) forte è il rischio di qualche eccesso, di qualche ripetizione, di qualche caduta di tono; l’entusiasmo di ogni inizio è sempre esuberante e un po’ caotico. Ma certo l’energia e lo slancio comunicativo dell’autrice le permetteranno di proseguire lungo questa strada alla ricerca di nuovi risultati. Tra i quali risultati, affatto secondari, vi sono quelli fotografici.
La fotografia infatti è un’attività praticata dall’autrice da lunga data e dove può certamente vantare una maggiore e lodevole esperienza. Il nido del nibbio riporta una sezione fotografica molto ricca, che ben si abbina ai versi, e dove la solitudine la fa da padrone: oltre alle foto dei suoi amati gatti, dominano spazi vuoti, paesaggi di mare e di montagna, passaggi di stagioni, animali indolenti al pascolo, maschere e statue, oggetti d’antiquariato, e poche figure umane, per lo più sfocate e di spalle. Si delinea così quella che sembra essere la strada che Boccolini percorre e che intende suggerire ai suoi lettori: spiccare il volo, con le ali e gli strumenti della poesia e dell’immagine, per allontanarsi dalle grettezze della realtà e allo stesso tempo per proteggere la spontaneità del proprio sentire.
Maria Grazia Boccolini, Il nido del nibbio, Aletti Editore, p. 66, € 12,00
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