| ANTONELLA CILENTO
«Non credo che il talento puro come l’intuizione, l’idea cristallina, possano trasmettersi a degli allievi che vogliano imparare a scrivere. Ma credo che possa essere utile un confronto sul piano degli strumenti, dei metodi di lavoro, uno scambio capace di ampliare le categorie del fare cultura, soprattutto nel momento di desertificazione intellettuale dei giorni nostri.
È questo il senso delle lezioni che faccio e della gente che segue le mie attività. Non necessariamente tutti intendono diventare dei narratori, molti vogliono semplicemente capire come si scrive un testo, una lettera, una poesia. E questo accade perché la scuola ha smarrito completamente il suo ruolo didattico nei confronti della scrittura: dove si impara a scrivere una tesi di laurea, un tema, un articolo di giornale? Io credo che l’arte debba essere intesa nel senso artigianale che aveva un tempo, quando la si trasmetteva a bottega dei grandi maestri del Rinascimento».
ERICA JONG
«I corsi sono senz’altro utili a tutti, e non soltanto a chi voglia diventare un vero scrittore. Non è detto che tutti lo siano. In ogni caso, si diventa attenti lettori per esempio, e non è poco. Con il talento si nasce, non si può insegnare. Certamente poi la tecnica si può affinare, e allora seguire un corso è utile e necessario. È indispensabile, comunque, allenarsi con costanza nell’esercizio della scrittura, con qualsiasi attività che abbia a che fare con essa. Prima di trovare uno spazio come scrittore, bisogna fare dell’esercizio la propria attività».
MICHAEL CUNNINGHAM
«Non credo che il dono della scrittura possa essere imparato - le persone sembrano possederlo oppure no - ma ciò che credo invece fermamente è che, anche quando si ha una qualche abilità nello scrivere delle frasi che risultino vive e nell’evocare dei personaggi che siano vivi almeno quanto le frasi, c’è molto da imparare. Ci sono le tecniche, c’è il mestiere vero e proprio, ci sono delle regole che implorano di essere violate ma che debbono prima inevitabilmente essere apprese, e c’è anche, quando sei fortunato, un magico e misterioso legame che puoi instaurare con un maestro capace di vedere ciò che sei in grado di fare, ciò che vi è di potente e di idiosincratico nella tua opera, e che ti indichi con certezza quella direzione. Io mi sono accorto che vige parecchio scetticismo intorno all’arte dello scrivere, cosa che a me suona piuttosto strana. Non riesco ad immaginarmi qualcuno che chieda se il pianoforte possa essere insegnato, o la pittura, o la fotografia. Non si può certo insegnare ad essere geniali, ovviamente. Ma mi chiedo perché si insista tanto sugli scrittori, isolandoli fra tutti gli altri artisti, come se essi, per qualche oscura ragione, procedessero a tentoni, inconsapevolmente».
VINCENZO CERAMI
«Non si diventa scrittori semplicemente studiando, così come non si diventa musicisti suonando o pittori dipingendo. È indubbio che occorre il talento, e questo te lo ritrovi addosso senza sapere nemmeno perché. Detto ciò, io penso che non possa esistere arte senza artigianato: l’arte intesa separatamente dall’artigianato è una distinzione quasi borghese che pone l’accento sull’ “ispirazione”, intesa come una specie di grazia da cui è toccato lo scrittore. Io credo invece che il momento dell’ispirazione in una produzione artistica dura pochissimo. Poi tutto il resto è lavoro, cioè il saper manovrare una macchina, che nel mio caso è quella narrativa».
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