| L’autrice: «I protagonisti del mio libro vivono un senso di precarietà, lo stesso dei ragazzi di oggi».
Nessuno si salva da solo è un romanzo sulla difficoltà di amare, ma anche sul suo contrario: la difficoltà di non amare. Emblematica e rispondente allo spirito della narrazione, a questo proposito, è la copertina del libro, che ritrae l’abbraccio di una coppia: un abbraccio indefinito, che potrebbe essere d’amore, d’addio, o di sostegno per evitare di cadere.
Margaret Mazzantini, con la sua scrittura fluente e semplice, ritorna a parlare di sentimenti, addentrandosi nelle profondità dell’animo umano, per provare a capirne i lati oscuri e tortuosi.
Al centro della narrazione, c’è una storia d’amore turbolenta, tormentata, ma forse non ancora finita. E ci sono due giovani vite, quelle di Delia e Gaetano (più di trenta anni lei e meno di quaranta lui), che si ritrovano, quasi inconsapevolmente, a sperimentare, non la speranza che accompagna gli anni della giovinezza, ma il fallimento della loro relazione sentimentale, e ad interrogarsi sulle rispettive colpe.
«Ho iniziato questa storia pensando ad un altro libro, che ho lasciato da parte; e poi sono approdata su questa coppia. Come è mia abitudine, tra un libro e l’altro riesco ad ucciderne almeno uno - ha spiegato la Mazzantini -. È un libro fatto di flash in cui torna tutta la vita dei protagonisti, che sono ancora giovani ma già con questa ferita dentro. All’inizio, avevo pensato di scrivere di una coppia, separata da più tempo, che si incontrava, invece poi ho preferito la storia di un’unione finita da poco tra due persone che, dopo essersi leccate le ferite l’un l’altra, si ritrovano e vorrebbero aiutarsi ancora, ma non ce la fanno. Delia e Gaetano finiscono per essere due ragazzi struggenti, figli del disordine del loro tempo, delle illusioni che hanno rincorso. Sono figli di una generazione molle. Lui, che è uno sceneggiatore, ad un certo punto del libro dice che forse ha rincorso modelli che passano come i manifesti dei film. I due vivono un senso di precarietà che è lo stesso dei ragazzi di oggi».
Emerge, da queste pagine, “l’autobiografia sentimentale” di questa generazione, la storia di una coppia come tante altre, nella nostra contemporaneità.
«Ho raccontato le piccole cose ordinarie della vita, i figli, i passeggini, la casa troppo piccola, lo smog della città, il sogno di voler andare via; insomma credo di aver messo tante cose, sia della mia vita che di quella degli altri. Ho un figlio piccolo e frequento coppie giovani».
Ancora una volta, la Mazzantini ha saputo rendere condivisibili le emozioni, i sentimenti, i pensieri dei protagonisti del libro, riuscendo a parlare di sofferenza in modo credibile. La sua, è una scrittura catartica, che purifica il dolore.
«Ricevo spesso email di ringraziamenti dei miei lettori. Mi dicono: “Grazie, perché hai raccontato un pezzo della mia vita, grazie perché in periodo doloroso ho avuto la compagnia delle tue parole”. È un privilegio, è un approdo, per me, perché queste lettere mi comunicano che quello che faccio ha un senso. Io credo che la letteratura abbia una forza immensa. Quando è vera letteratura poi, ha come un suo inconscio e lavora nelle persone, tant’è che spesso capita che i lettori abbiano scovato cose alle quali lo scrittore non ha pensato nemmeno mentre scriveva».
(Articolo di Teresa Filomeno)
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