| Donatella Zegna Baruffa contessa Pecci Blunt ha organizzato uno dei migliori salotti culturali della capitale, dagli anni ’70 ai ’90, nel palazzo avito, il Palazzo Pecci Blunt. Il nobile edificio, che nel 1700 è appartenuto alla famiglia Malatesta (si ricordi Paolo e Francesca), è ornato da un fregio a motivi floreali che corre sotto il cornicione e si affaccia su piazza d’Aracoeli.
Il salotto culturale della contessa Donatella Pecci Blunt si rifaceva alla tradizione dei grandi salotti culturali che si sono affermati nel Settecento in Francia e in Italia, come quello fiorentino della contessa di Albany, amica di Vittorio Alfieri e assertrice delle stesse idee politiche di Madame De Stael, avversaria di Napoleone Bonaparte. In quell’ambiente altamente aristocratico il ruolo della donna, sempre al centro dell’attività mondana e culturale dei grandi salotti, era di notevole rilevanza, in quanto sostenitrice prima di un’efficace azione patriottica e poi di un ampliamento culturale proiettato verso dimensioni non soltanto di letterario intrattenimento ma anche di un rapporto aperto fra letteratura, arte, scienza, politica ed economia.
Ha una romantica nostalgia per quei tempi?
«Escluderei la parola “romantica”; per organizzare questi grandi ricevimenti politici, letterari, culturali, dovevo lavorare alacremente affinché avessero successo e diventassero dei veri e propri eventi della capitale. Nostalgia? Forse un po’ sì, perché erano sempre di grande soddisfazione per me e per mio marito Dino».
Il suo salotto agevolava il confronto tra le grandi personalità che partecipavano agli incontri. Questo ruolo di mecenate della cultura è ancora insito in lei?
«Direi di sì; infatti, continuo la mia opera di collezionista d’arte, viaggio moltissimo. Oggi che i tempi sono cambiati e viviamo in un mondo globale, dalla cultura, all’economia, allo stile di vita, mi sono adattata alla nuova situazione: la mia anima e la mia mente rispondono con entusiasmo a tutte queste nuove coinvolgenti tematiche».
La consuetudine del salotto culturale prevedeva conferenze, pubblicazioni, incontri di studio, la lettura ed il commento della poesia, lo studio della storia e delle tradizioni con interventi di scrittori e saggisti, i simposi di musica con esecuzioni musicali… È attuabile, secondo lei, un ripristino delle vecchie abitudini culturali nella capitale?
«Ma vede, tutto oggi è cambiato, siamo entrati in un altro secolo e le tradizioni del passato sono ormai superate. È impossibile ritornare a vivere le abitudini di un tempo».
Negli incontri culturali spesso veniva fuori la critica all’operato dei rappresentanti politici, si proponeva di denunciare i vizi e i pregiudizi della letteratura, della morale, della legislazione e dell’economia. Quali personaggi ricorda più combattivi?
«Tutti erano molto combattivi, uomini di destra e uomini di sinistra. C’erano principi più forti, più classe e determinazione».
La contessa Donatella Pecci Blunt è stata l’animatrice instancabile del bel mondo di Roma, la regina delle notti romane, e amica di politici influenti. È anche autrice di libri; ricordiamo “La contessa in rosso” e “Io, Monna Lisa” - quest’ultimo incentrato sulla figura di Lisa Gherardini del Giocondo, modella preferita da Leonardo da Vinci, sepolta a Lagonegro, in Basilicata.
Ha in preparazione qualche altro romanzo?
«Sì, il mio prossimo romanzo parlerà della mia vita, raccontata con senso di umorismo e di libertà. Sarà una meravigliosa carrellata intorno al mondo, da cui emergerà una grande gioia di vivere. Io ho vissuto la vita che desideravo, con emozioni varie, relazioni importanti, lavoro frenetico, incontri straordinari, avventure incredibili».
Cosa è per lei la Poesia?
«Credo che la poesia e la musica vadano insieme e, se hai un’anima, non puoi vivere senza di esse».
Donatella Pecci Blunt è l’ideatrice della linea di prodotti di bellezza e profumi “Diable au corps”, della Karma Production Ltd. È discendente di importanti industriali tessili, la famiglia Zegna Baruffa di Biella, ideatori del «cashwool», che si produce tramite la lavorazione delle lane merino. Ha lanciato sul mercato la linea di abbigliamento sportivo con il suo nome, attrezzi da golf con mazze al titanio, la lingerie sensuale ed aristocratica. Introdotta dal conte Dino Pecci Blunt nell’alta finanza, ha appreso l’arte del management finanziario divenendo, di lì a poco, manager di se stessa.
Quanto hanno influito la Pubblicità e la Televisione per il lancio dei suoi prodotti in America?
«Oggi sono un’imprenditrice, e per questo devo dire grazie a mio marito, che mi ha insegnato l’arte del management finanziario. Creo prodotti che vendo alla televisione americana, essendo anche una produttrice televisiva. Ora sto per iniziare una nuova carriera, diventerò produttrice di film e sono incredibilmente entusiasta per questa nuova avventura. Per il momento posso solo dire: inshallah!!!
Sarò più precisa, spero, alla prossima intervista».
La “Signora di Roma”, titolo acquisito in occasione del “Premio Solemare” nel Teatro Greco di Siracusa, riceve il Premio Simpatia nel 1992, nella sala della protomoteca in Campidoglio, collabora con il periodico “Gente” e da alcuni anni vive a Fisher Island, l’isola esclusiva di Miami e raramente viene a Roma, sua città d’adozione. (È originaria del Piemonte).
Nei suoi progetti si contempla un rientro in Italia nel suo storico palazzo all’Ara Coeli?
«Io non vivo solo in Florida ma anche in altre parti del mondo, vengo in Italia per incontrare la famiglia ed occuparmi delle proprietà. Tornare nel mio Palazzo all’Ara Coeli, con un’agenda di lavoro così intensa? Non so. “Never say never”».
(Articolo di Giuseppe Lorin, pubblicato su Orizzonti n. 38)
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