| IL DOLORE - Da "Madame Bovary" di Gustave Flaubert
«So cosa vuol dire!» disse battendogli una mano sulla spalla «Mi sono trovato anch'io nelle stesse condizioni! Quando mancò la mia povera moglie, andavo nei campi per restare solo, mi gettavo ai piedi di un albero, piangevo, invocavo Dio, lo bestemmiavo; avrei voluto essere come le talpe che vedevo appese ai rami degli alberi, con il ventre brulicante di vermi, crepato, insomma. E quando pensavo che, in quello stesso momento, altri se ne stavano con le loro mogliettine e le tenevano abbracciate contro di sé, io battevo grandi colpi per terra con il bastone; ero come pazzo, non mangiavo più; lei non mi crederebbe, ma soltanto l'idea di andare al caffè mi ripugnava. Beh, piano piano, un giorno dietro l'altro, una primavera dopo un autunno, un autunno appresso a un'estate, tutto ha preso a scorrer via, briciola a briciola, filo dopo filo, se n'è andato, si è allontanato, o meglio, è
diminuito, perché resta sempre qualcosa in fondo, come potrei spiegare… un peso sul cuore. Ma dal momento che è il nostro destino, non bisogna lasciarsi andare e, perché gli altri sono morti, desiderare di morire… È necessario che lei si scuota, signor Bovary».
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