| «Sicuramente, per un musicista, la spiritualità è importante perché gli permette di essere più attento agli altri, a ciò che vogliono da lui. Spesso invece, noi musicisti, abbiamo il difetto di considerare soltanto quello che ci aspettiamo dagli altri».
Uno stile, quello dei Tiromancino, difficile da definire, viste le notevoli influenze e contaminazioni che hanno accompagnato la ricerca di qualcosa che fosse rappresentativo delle loro passioni. La sintesi di tutti questi anni di lavoro, caratterizzati dalla commistione tra un testo di qualità e sonorità non convenzionali, è racchiusa nel loro ultimo disco “La descrizione di un attimo”, prodotto da Riccardo Sinigallia, dove, attraverso suoni diversi (mandolini e distorsioni di chitarre elettriche, orchestre d’archi e mini moogs) si spiana la strada all’interiorità, sezionata anche attraverso le angosce, le paure.
Molti gli spunti autobiografici, in quest’album tendenzialmente cupo e teso, come nella canzone conclusiva “Roma di notte” nella quale si presenta una rilettura oscura e malinconica della capitale.
«Noi ci preoccupiamo di far emergere il suono della nostra città – Roma – vista dal suo lato più introspettivo e notturno», ci confida il cantante Federico Zampaglione in quest’intervista in cui ci spiega anche le difficoltà odierne del gruppo, che ha finito per frantumarsi dall’interno, con l’abbandono di Laura Arzilli e di Francesco Zampaglione (fratello del cantante).
DUE ELEMENTI STORICI DEL GRUPPO SONO STATI ALLONTANATI; STESSA SORTE È TOCCATA AL VOSTRO PRODUTTORE RICCARDO SINIGALLIA. IL SUCCESSO VI HA DIVISI?
«Sì. Dopo l’entusiamo per aver raggiunto questo successo, è subentrata un po’ di tensione, soprattutto tra me e il produttore. Riccardo, forse spaventato da tanta notorietà, era più propenso a fare un passo indietro e a rivolgersi, in qualche modo, ad un pubblico più di nicchia. Io, invece, credo che il successo vada vissuto con serenità, senza porsi dei limiti. Purtroppo, sia mio fratello sia Laura, con cui suonavo da dieci anni, hanno sposato il discorso di Sinigallia e hanno deciso di lasciare la formazione».
QUALI SONO I VOSTRI IMPEGNI?
«Continuare a suonare regolarmente dal vivo e svolgere tutte le attività promozionali che erano state previste».
TI ASPETTAVI CHE LA COLLABORAZIONE AL FILM “LE FATE IGNORANTI” PORTASSE A TANTO SUCCESSO?
«Secondo me, senza quel film, la mia canzone “Due destini” non sarebbe mai arrivata così bene al pubblico, anche se fosse passata molto per le radio. Si è creata proprio una piccola magia tra il film e la canzone, che sembrava realizzata appositamente per quel film, anche se in realtà faceva parte del cd uscito parecchi mesi prima.
Io sono contento di aver partecipato a questo film perché collaborazioni di questo tipo possono dimostrarsi molto fruttuose. Adesso, per esempio, abbiamo preparato un pezzo per un nuovo film “Patz!” uscito a febbraio, dedicato ai personaggi di Andrea Pazienza, il grande disegnatore scomparso, che realizzava fumetti dal contenuto piuttosto forte, tipo “Zanardi”. All’interno della colonna sonora, che tra l’altro ospita parecchi artisti anche di alto livello, noi proponiamo “Come è profondo il mare”, un pezzo di Lucio Dalla, che abbiamo rifatto insieme a lui in un duetto.
Quindi, in qualche modo continuiamo a collaborare con il mondo del cinema».
QUANTO PUÒ ESSERE GRAVOSA, PER UN GRUPPO EMERGENTE O ALTERNATIVO, LA MANCANZA DI TRASMISSIONI COME “HELP” E “ROXY BAR”?
«Con la chiusura di Tmc 2 sicuramente ci sarà meno spazio per le band emergenti, e tanta musica nuova e diversa avrà difficoltà a farsi conoscere. Per quanto riguarda le trasmissioni che hai citato, credo che in qualche modo riusciranno a rimettersi in ballo, almeno “Roxy Bar”, perché è una trasmissione importante che ha ospitato numerosi artisti, musicisti internazionali; molti dei quali hanno suonato dal vivo in Italia quasi esclusivamente su quel palco. Il merito che va riconosciuto ad “Help” è quello di essere attenta anche alle cose che succedono a livello microscopico in campo musicale… Il mio augurio, a prescindere da cosa succederà per queste due trasmissioni, è che ce ne siano molte altre in cui si suona dal vivo».
E SANREMO?
«È un grande spettacolo televisivo, una grande vetrina in cui però c’è tantissima confusione: a volte passano inosservati anche brani di qualità, perché ci sono troppe canzoni, troppi artisti. Io credo che valga la pena andare a Sanremo con qualcosa di tuo, senza dover fare il pezzo sanremese».
QUANTO VI È STATA UTILE LA PARTECIPAZIONE AL FESTIVAL?
«Siamo stati al festival due anni fa, in un momento in cui per noi era l’unica strada buona per far sapere cosa stavamo facendo. Abbiamo gareggiato con una canzone in cui credevamo molto, “Strade”, che si è piazzata al secondo posto. Quindi, è stata un’esperienza positiva, che ci ha regalato grandi emozioni, ma che considero passata: quando certe cose le hai fatte e sono andate bene, basta così».
QUAL È LA CARATTERISTICA CHE VI CONTRADDISTINGUE?
«Noi ci preoccupiamo di fare emergere il suono della nostra città, Roma, vista dal suo lato più introspettivo e notturno».
UN TUO PENSIERO SULLA SPIRITUALITÀ.
«Credo molto nella spiritualità, e soprattutto nell’energia che le persone possono trasmettere; a me capita di trovare subito una sintonia con persone che non conosco perché sento che mandano energia positiva. Così come mi capita anche di trovare incomunicabilità con altre che mandano vibrazioni negative o qualcosa che stride con il mio stato d’animo. Sicuramente, per un musicista, la spiritualità è importante perché gli permette di essere più attento agli altri, a ciò che vogliono da lui. Spesso invece, noi musicisti, abbiamo il difetto di considerare soltanto quello che ci aspettiamo dagli altri».
(Articolo di Caterina Aletti, pubblicato su Orizzonti n. 18, anno 2002)
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