 | Scritto prima de “L’ombra del vento” e “Il gioco dell'angelo”, “Marina” di Carlos Ruiz Zafòn, anticipa i grandi temi cari allo scrittore: gli enigmi del passato, l’amore per la conoscenza, la bellezza gotica e senza tempo di Barcellona.
Oscar, il protagonista, è uno studente quindicenne che trascorre la sua adolescenza in un cupo collegio religioso nella Barcellona della fine degli anni Settanta e che ha l'abitudine di allontanarsi furtivamente dalle mura del convitto per andare alla scoperta delle meraviglie nascoste della città. In un giorno d’autunno una delle sue passeggiate clandestine lo conduce nel quartiere poco frequentato di Sarrià.
Attratto da una musica proveniente dall’interno, entra in una grande casa semi-abbandonata dove trova uno strano orologio che con impulso inspiegabile sottrae. Qualche giorno dopo torna per restituire quell’oggetto e incontra i proprietari della villa, la giovane Marina e suo padre Germàn, ancora sofferente per la morte dell’amatissima moglie Kirsten.
Questa visita segna l'inizio dell’amicizia tra Oscar e Marina, che darà il via all’intreccio narrativo, con una serie di avventure e macabre scoperte, risalenti al periodo a cavallo tra le due guerre mondiali, e un mistero da risolvere. Una foto ingiallita conduce infatti Oscar e Marina sulle tracce di un personaggio tanto affascinante quanto oscuro: Michael Kolvenik, un uomo dal passato misterioso, finito nella Spagna franchista dopo essere fuggito dal regime nazista.
Da questo momento si srotola una vicenda che porterà Oscar ad una lunga fuga dal collegio - che segnerà la fine della sua adolescenza - nelle zone più degradate e affascinanti del vecchio centro storico di Barcellona, insieme a Marina. Nella loro ricerca carica di colpi di scena e popolata da personaggi stravaganti, i due ragazzi porteranno alla luce la storia struggente di una famiglia d’altri tempi: quella di Kolvenik e di sua moglie Eva, trovati carbonizzati la notte del 31 dicembre 1948. La morte dei due coniugi innesca però un’inaspettata spirale di violenza, che coinvolge prima gli uomini della polizia che si stanno occupando del caso e poi, ad uno ad uno, tutti i consiglieri d’amministrazione della Velo-Granell, la fabbrica di protesi ortopediche dei Kolvenik …
Oltre alla trama articolata e ben architettata, carica di suggestioni e di “pathos”, con storie lugubri e fosche, traboccanti di passioni e sogni, questo è un romanzo intenso e misterioso. Quella di Zafon è una scrittura agile e al tempo stesso “poetica”, piena di metafore, di immagini, di descrizioni (mai troppo lunghe ma incisive).
La scenografia gotica e surreale di una Barcellona per lo più notturna, spettrale, è molto affascinante: sembra quasi di vedere il grigio degli edifici gotici, il rosso dei tramonti, il nero di strette vie luccicanti di pioggia che s’inerpicano tra case diroccate e sfociano in piazze sbilenche, e la fumosa cortina di nebbia che avvolge il tutto.
Al di là delle ambientazioni suggestive, ci sono i personaggi indimenticabili, che attraverso il loro passato, i loro sogni infranti, affrontano prove e sofferenze molto forti. Marina ed Oscar, Germàn e Kirsten, Kolvenik ed Eva rappresentano l’amore, che però si scontra con un destino implacabile e con la malvagità degli uomini. E il lettore non può che commuoversi ed entrare inevitabilmente in empatia con loro.
(Articolo di Simona Gianola, pubblicato su Orizzonti n. 36, nella rubrica “In vetrina”)
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