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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

Incontro con Aldo Nove

di Rivista Orizzonti

«In tutta la poesia novecentesca c’è questa presenza – a dire il vero molto pesante – di cultura del sublime, dell’interiorità… mentre fino almeno al ‘700, quindi in tempi antecedenti al Romanticismo, la poesia è sempre stato evento popolare veicolato dalla musica».



PRIMA DI PARLARE DELLA TUA ATTIVITÀ LETTERARIA, VORREI SOFFERMARMI UN ATTIMO SU UN LATO DI TE CHE SI CONOSCE UN PO’ MENO. IL POETA ANTONELLO SATTA CENTANIN, TI RICORDA QUALCOSA?
«Ma, questo signore qua ha fatto il caporedattore per circa due anni in una rivista di traduzione e teoria della traduzione – diretta da Franco Buffoni, docente di traduttologia a Roma -, poi ha cominciato a collaborare con “Poesia”, la più diffusa rivista di poesia del mondo. La passione per la poesia mi è nata in realtà da ragazzino, quando ho letto un libro di Nanni Balestrini senza capirci nulla, ma proprio nulla. Una magia, giuro. Poi mi sono appassionato alla poesia sperimentale, ho iniziato a scrivere scopiazzando i testi di Marcello Marchesi, uno che scriveva cose per la televisione, materiale per lo più comico ma anche in versi, e piano piano ho preso a scrivere versi miei».

SO CHE DIRIGERAI PRESTO UNA NUOVA COLLANA DI POESIA PER BOMPIANI. PUÒ ACCENNARE QUALCHE PARTICOLARE SUL PROGETTO?
«In tutta la poesia novecentesca c’è questa presenza – a dire il vero molto pesante – di cultura del sublime, dell’interiorità… mentre fino almeno al ‘700, quindi in tempi antecedenti al Romanticismo, la poesia è sempre stato evento popolare veicolato dalla musica, dai canti Greci e da tutte le forme di comunicazione allora in uso. Il nostro tentativo è dunque proprio questo: rapportare nuovamente la poesia alla musica, alla televisione, renderla mediologia come tutta l’informazione che oggi ci circonda e di cui siamo artefici utenti. Ogni volume verrà integrato da un compact in cui verranno incisi versi con gruppi musicali, a volte con orchestre. Per intenderci, un po’ quello che i Massimo Volume di Emilio Clementi stanno facendo da tempo, in Italia, forse per primi: lasciare che la musica diventi tappeto sulla lirica del verso, anche in prosa. Questo è quanto globalmente tenteremo di portare a termine con questa operazione».

SONO GIÀ STATI SELEZIONATI ALCUNI AUTORI?
«Certo. Usciranno i lavori di Murray Lachlan Young, 32enne inglese che lavora per Mtv, “Casual Sex e altri versi” il titolo, su traduzione mia e introdotto da Piccinini. Propone cose molto visionarie, sul mondo delle fotomodelle e della musica techno. Un altro valido Autore è di Torino, persona non nuova agli ambienti musicali, ha già avuto modo di collaborare coi Subsonica e i Mao. Si chiama Luca Ragagnin ed esordisce con un’opera di poesie sul cinema in endecasillabi, “Fabbriche Lumiere”, introduzione di Enrico Grezzi. Rosaria Lo Russo è invece stata la rivelazione di “Ricercare ’96” e da noi si lancia con “Commedia”, un’opera in prosa introdotta da Elio Pagliarani. Un’altra opera che non mancherà di destare interesse è quella di Tommaso Ottonieri, “Elegia Sanremese”, in cui l’autore ha fatto un vero e proprio remixaggio dei testi delle canzoni del Festival, facendo uso di una tecnica rap, ma anche di metrica classica italiana e latina, Mario Sgalambro introduce».

QUINDI LA POESIA, DAL PUNTO DI VISTA DELLE NOVITÀ, PRESENTA UN QUADRO MOLTO RICCO…
«Direi che la novità sta negli intercampi, ovvero quando la poesia si contamina con la musica, la televisione, lo spettacolo… hai sentito l’ultimo disco della Pina? Lì ci sono esempi molto belli di come la poesia possa finalmente scendere da questo ideale piedistallo di dama bellissima e sublime, per carità, ma che alla fine non “caga” nessuno. Il fatto che i Miti Mondatori vendano migliaia di copie, ma coi canti di Leopardi e di Saffo, non significa davvero nulla di particolare. Bisogna affermare la poesia della contemporaneità. Questo è il punto».

QUANDO È AVVENUTO IL PASSAGGIO TRA POESIA E NARRATIVA?
«Non c’è mai stato. La ricerca è sempre stata la medesima. Devo ammettere di non essermi mai riconosciuto in nessun canone prescritto, ho sempre cercato di forzare il linguaggio e di andare oltre la forma del romanzo o del racconto. “Puerto Plata Market” è sicuramente un antiromanzo per eccellenza, un romanzo che mi somiglia in quanto non amo il noir, il giallo e i genere predefiniti, in cui mi appare un esercizio di virtuosismo organizzare sapientemente ingredienti già conditi dal genere stesso. Non riconoscendomi in nessuno di questi, preferisco annientarli».

DA “WOOBINDA” PER CASTELVECCHI, SEI POI APPRODATO ALLA EINAUDI CON UN RACCONTO PER L’ANTOLOGIA “GIOVENTÙ CANNIBALE”. ECCO, TU CHE NE HAI PRESO PARTE, COME SPIEGHI QUESTO, ANCORA OGGI, CONTINUO SPARARE ALLA CIECA DA PARTE DI UNA CERTA CRITICA VERSO I GIOVANI AUTORI ITALIANI E VERSO QUELL’ANTOLOGIA IN PARTICOLARE?
«Sparano alla cieca perché credono di avere valide motivazioni per poterselo permettere. Vedi, per la prima volta in Italia, complici strane contingenze editoriali, se vuoi, alcuni autori giovani hanno avuto modo di affacciarsi al mondo letterario e presentando tematiche di certo irritanti ai più. Poi mettici anche l’utilizzo a fini spettacolari da parte dei media verso gli ormai famosi “cannibali”, ed ecco che l’aggressione non può che diventare reciproca. I giornali, d’altra parte, non possono occuparsi seriamente di letteratura, ma solo di quando dalla letteratura possa fare spettacolo».

TORNANDO ALLA TUA ATTIVITÀ LETTERARIA, BISOGNA AMMETTERE CHE I TUOI LAVORI PONGONO IN RISALTO UNA SCRITTURA UN PO’ PARTICOLARE: PUNTEGGIATURA RIDOTTA AI MINIMI TERMINI, CONGIUNTIVI A PALLINO… TENTATIVO DI RICERCA LINGUISTICA ATTA A PURIFICARCI DALLA CURA NELL’ITALIANO CHE CI VIENE INCULCATA A FORZA DALLA SCUOLA, O SEMPLICE FOTOGRAFIA DI UN DISCORSO AL BAR COME PER STRADA?
«È un po’ entrambe le cose: nessuno parla come scrive o scrive come parla, questo mi sembra palese. Per cui il mio tentativo è appunto quello di costruire con la narrativa uno spazio neutro, un territorio di confine in cui l’artifizio linguistico, il gioco dell’architettura letteraria, si mescoli al parlato. Per cui l’anacoluto, la costruzione sintattica sbagliata, nascono appunto da questa ricerca di un linguaggio capace di ricreare la parola quotidiana nella scrittura».

NON NEGO CHE MI PIACEREBBE CURIOSARE NEI “MAKING OF PUERTO PLATA MARKET” – IL TUO PRIMO ROMANZO -, UN LIBRO IN CUI LA TUA INVENTIVA DI SCRITTORE SI SPRECA, MA DOVE SI AVVERTE LA PRESENZA DELLA GENTE, QUELLA VERA, E LA TIVÙ E LE PARTITE DI CALCIO E I SUPERMERCATI. MI RACCONTI COME TI SEI ORGANIZZATO PER SCRIVER ED ORCHESTRARE TUTTO QUESTO SCIAME DI FANTASIA E REALTÀ SU CARTA?
« “Puerto Plata Market” nasce da un mio viaggio diviso in due riprese che ho fatto a Santo Domingo, questa periferia dell’Impero Americano ma anche appendice affaristico-mafiosa italiana, teatro di tantissima umanità e tantissimi italiani che ho intervistato e ascoltato. Ho dunque lavorato molto sulla sbobinatura, concentrandomi non tanto sulle storie, ma sul modo che queste persone avevano di raccontarle. Un esercizio molto di testa dal punto di vista linguistico: nella scrittura non è certamente facile rappresentare quello che è un modo di parlare, di raccontare, di trasmettere le cose, comunicarle a chi ti ascolta. Spero di essere riuscito a dare ai miei lettori la stessa naturalezza che ho ricevuto dalle persone incontrate in questi due viaggi».

MICHELE, IL PROTAGONISTA, È UNO A CUI PIACCIONO I “PORNO DOVE SI VEDE TUTTO”. POI LEGGO I TUOI VESI E TROVO LA POESIA “COME RUBARE ANAL SEX ALL’EDICOLA”. QUANTO DI TUO INSERISCI NELLE TUE OPERE?
«In “Paura e Desiderio” di Enrico Grezzi c’è un breve e interessante saggio che spiega come la pornografia sia il punto zero della comunicazione, teoria fra l’altro molto vicina al pensiero di Carmelo Bene, in questo. La pornografia è l’astrattismo, la geometria del dettaglio, perché è alla fine il dettaglio che vuole essere visto. Dunque di mio c’è l’interesse verso questo aspetto della pornografia, questo insistere un quarto d’ora su due organi. Della pornografia m’interessa il vuoto che rappresenta».

ANDANDO A CONCLUDERE, DOPO AVER LETTO UN ESTRATTO DA “BIO” – TITOLO DEL TUO PROSSIMO ROMANZO – NELL’ANTOLOGIA SUL ’68 CURATA DA RAUL MONTANARI E USCITA PRESSO RIZZOLI, TI CONFESSO CHE MUOIO DALLA VOGLIA DI SAPERE UN PO’ COSA NASCONDI NEL CASSETTO….
«Beh, l’hai già reso tu stesso. Il titolo del mio prossimo romanzo sarà appunto “Bio”, una sorta di autobiografia che uscirà sempre per Einaudi nel ’99. Poi c’è anche una nuova raccolta di racconti intitolata “Autogrill”».

UN’ULTIMA DOMANDA DESTINATA A DIVENTARE UN TORMENTONE, IN QUESTA RUBRICA: QUALCHE CONSIGLIO ALL’ESORDIENTE?
«Io direi LEGGERE. No, davvero, è fondamentale auto stimolarsi a leggere, ma a leggere veramente di tutto. La ricerca è in fondo orientata sempre verso il linguaggio e non verso un linguaggio che sia notevole: la nocevolezza di un linguaggio la senti tua nel momento in cui la trovi dentro e la consideri notevole in quanto vicina al tuo modo di vedere le cose e di esprimerti. Ma il linguaggio, prima di diventare questo, è soprattutto nascosto in tutto quanto non è letteratura. Quindi può andar bene leggere i classici, okay?, ma vuoi mettere tutte quelle riviste modello “Cronaca Vera”, con dentro immagini e parole di una banalità così violenta da essere efferata per definizione? Incredibile. Mai perdersele. Non c’è nulla di più pulp…»



(Articolo di Gianluca Mercadante, pubblicato su Orizzonti n. 7, ott-nov. 1998, nella rubrica “AA.VV. Viaggio nella Nuova Letteratura Italiana)

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