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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

INCONTRO CON DAN FANTE

di Rivista Orizzonti

«Mi sono avvicinato alla scrittura per il bisogno irrefrenabile, comune ad ogni artista, di esprimere la mia anima per cambiare il mondo».



Ci sono almeno due cose capaci di portare un lettore già tendenzialmente vorace a cibarsi letteralmente di “Angeli a Pezzi”, esordio dell’erede di una leggenda del romanzo americano come John Fante, suo figlio Dan. Condizione forse non facile, la sua, quella di iniziare con un romanzo tanto forte ma con un nome suscettibile di qualche pregiudizio. Per fortuna esiste quel proverbio che sconsiglia di giudicare un libro dalla copertina, sebbene non sia comunque il caso di interpretarlo alla lettera quando il volume in oggetto è pubblicato dalla Marcos y Marcos, una di quelle case editrici che può vantare a testa alta di avere un grafico - Lorenzo Lanzi - che legge i libri prima di illustrarli.
Ma dicevamo: ci sono almeno due cose capaci di impedire che gli occhi si stacchino dalle righe di questo romanzo. La premessa e l’incipit. Vediamo insieme almeno la prima delle due: “Pensi che morire sia duro? Morire non è una stronzata... ma la parte difficile è vivere mentre si svolge la morte.” Vengono subito alla luce due tipi di paura che bucano lo sguardo impreparato del lettore senza lasciargli il tempo per riprendere fiato: quella più ancestrale e fatalistica insita nella capacità umana di razionalizzare i concetti più naturali, controbilanciata da quella della consapevolezza che mentre respiri e svolgi le funzioni vitali organicamente palesi, qualcuno sta per non farlo più. In questo sta la prima parte del romanzo, dove lo uno scrittore alcolizzato Bruno Dante lascia l’ennesima clinica disintossicante anelando la prima sbornia. Un morto vivente non ancora zombie, un vivo morente aggrappato al salvagente delle illusioni mentre il mare in burrasca della realtà sta per travolgerlo portandogli l’eco di un passato da affrontare: suo padre è in un letto di ospedale con gli arti amputati per il diabete, e sta morendo. È immediatamente chiara l’impronta autobiografica della storia, gli ultimi giorni di vita di John Fante, non lo scrittore ma l’uomo. Il figlio Dan ci appare invece prima uomo che scrittore, sebbene non sia sprovvisto delle conoscenze di accademia per architettare buone trame. Ma è la sua prosa che cattura, a partire appunto dalle prime righe, con una confessione asciutta e scarna di enfasi troppo poetiche, anche perché nella Los Angeles descritta dal protagonista non c’è tempo per i sogni.

DEV’ESSERE DIFFICILE ENTRARE NELLE LIBRERIE CON UN COGNOME COME IL TUO. COME VIVI IL FATTO DI ESSERE UN FIGLIO D’ARTE? CHE TIPO DI RESPONSABILITÀ SI VEDE ATTRIBUIRE DALLA GENTE IL FIGLIO DI JOHN FANTE?
«Certo, all’inizio è stato piuttosto difficile. C’è sempre una diffidenza di base, nei figli d’arte, la gente ha un approccio già in partenza deluso dal fatto che il libro potrebbe essere stato pubblicato solo in virtù di un buon nome. Ora però che il mio precedente romanzo ha avuto successo (“Angeli a Pezzi” è stato appena tradotto in Italia, ma in America è già in libreria il secondo), è tutto molto più semplice».

IN PIÙ DI UN PASSO DEL LIBRO PARLI DEL CONFRONTO CON TUO PADRE, SIA DAL PUNTO DI VISTA UMANO CHE DELLA SCRITTURA. COME NE È USCITO IL DAN FANTE DI “ANGELI A PEZZI”?
«Molto bene, penso. Sento di essere uno scrittore con una sua personale lirica nel panorama letterario. E soprattutto ho ancora molte cose da dire».

IL ROMANZO È NATO DA UN’ESIGENZA DI CONFRONTO, COME ABBIAMO DETTO, MA ANCHE DALLA VOGLIA DI USCIRE CON LA PROPRIA POETICA. PERCHÉ ALLORA PARTIRE PROPRIO DAGLI ULTIMI GIORNI DI JOHN FANTE NELLA TUA OPERA D’ESORDIO? ERA UNA PARTENZA DEL TUTTO INEVITABILE DA UN PUNTO DI ROTTURA?
«In effetti la sua morte per me è stata un inizio, nella vita e in questo romanzo, dove fra l’altro rivelo apertamente tutta una serie di attriti molto delicati che solo qualcosa di tanto violento come una mancanza del genere avrebbe mutato in un percorso di crescita. Inoltre va detto che mio padre morì virtualmente sconosciuto. Volevo scrivere qualcosa che lo facesse riscoprire alle persone».

CI SONO POCHE CITAZIONI IN MERITO AD ALTRI SCRITTORI CHE TI HANNO PARTICOLARMENTE COLPITO. ESISTE QUALCHE NOME CHE È STATO DETERMINANTE NELLA TUA FORMAZIONE?
«Herbert Selby Jr è stata un’autentica scintilla, la mia ispirazione. Romanzi come il suo “Last Exit to Brooklin” sono pagine indimenticabili».

COME TI SEI AVVICINATO ALLA SCRITTURA?
«Per le ragioni - espresse o meno - che ogni artista sente pulsare dentro di sé: il bisogno irrefrenabile di esprimere la propria anima per cambiare il mondo».

IN UN MOMENTO DEL ROMANZO DESCRIVI LA PROSA DI TUO PADRE CON FRASI MOLTO FORTI: PARLI DI ONESTÀ DELLE PAROLE E DI CORAGGIO DI ESPORSI. È UN MOMENTO DI APERTO ELOGIO OPPURE È LA TUA PROSA A DIVENIRE A SUA VOLTA LO SPECCHIO DI QUESTI SIGNIFICATI?
«La fiction introspettiva prevede una scrittura molto diretta, senza troppi giri di parole, si tende a sbattere in faccia le cose. Mi piace la provocazione che richiede».

IN ITALIA SI PARLA SEMPRE PIÙ SPESSO DI MUSICA E LETTERATURA, DEI RAPPORTI CHE CI SONO FRA LE DUE COSE. TU HAI TENUTO DI RECENTE UNA SERATA DI LETTURA ACCOMPAGNATO DAI TIMORIA. IN AMERICA ESISTE GIÀ DA TEMPO UNA CERTA FUSIONE TRA LETTERATURA E MUSICA: COME TI È SEMBRATO DI INTRAVEDERE LE COSE RISPETTO ALL’ITALIA?
«È vero, dai tempi del beat in America esistono discorsi di questo tipo, tuttavia non vengono mai colte queste occasioni per organizzare reading performance di scrittori accompagnati da un gruppo rock popolare, come è invece successo qui nel mio caso. Dev’essere tutta una faccenda di marketing legata al gruppo stesso, presumo. Si teme che possa perdere il proprio seguito».

DIETRO AL TUO LIBRO, C’È SCRITTO CHE TI OCCUPI PER VOLONTARIATO DI PERSONE RECLUSE. CI VORRESTI RACCONTARE QUALCOSA IN MERITO A QUESTA TUA ESPERIENZA?
«Sono un ex alcolista e non bevo più da dodici anni. Da allora mi impegno in ogni occasione pubblica e di volontariato, appunto, perché voglio dire alla gente di smetterla, che non ne vale la pena. Vorrei aiutarli a non farlo più».

QUALCOSA DI QUESTE REALTÀ FINIRÀ CON LO SFOCIARE IN UN TUO PROSSIMO LAVORO?
«Naturalmente, come tu stesso hai potuto constatare scrivo dalla mia esperienza diretta e amo chi fa altrettanto, per cui è inevitabile che i miei libri si animino anche di questi e altri aspetti della mia vita. Il mio nuovo romanzo in Europa è per ora uscito solo in Francia, “Spitting of Tall Buildigs”, ignoro il titolo della traduzione. È una storia dello stesso tipo autobiografico di “Angeli a Pezzi” e riprende le avventure del mio alter ego Bruno Dante, a cui ho dedicato una trilogia che si concluderà con un terzo romanzo ancora inedito, al momento l’ho intitolato “Mooch”».

UN’ULTIMA DOMANDA DESTINATA A CHI AMA LA LETTURA, MA ANCHE LA SCRITTURA: COSA CONSIGLIERESTI DI LEGGERE A UN ASPIRANTE SCRITTORE?
«Consiglierei di leggere una vera “montagna di parole”!!!...».

(Traduzione dall’inglese di Sabina Ressia - Articolo di Gianluca Mercadante, pubblicato su Orizzonti n. 12)


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