Il libro più amato da chi scrive poesie,
una bussola per un cammino più consapevole.
Riceverai una copia autografata del Maestro Aletti
Con una sua riflessione.
Tutti quelli che scrivono
dovrebbero averne una copia sulla scrivania.
Un vademecum sulle buone pratiche della Scrittura.
Un successo straordinario,
tre ristampe nelle prime due settimane dall'uscita.
Il libro è stato già al terzo posto nella classifica di
Amazon
e al secondo posto nella classifica di Ibs
Nella traduzione di Masolino D’Amico, con l’adattamento e la regia di Marco Lorenzi è stata riportata in scena “La tempesta” di William Shakespeare con Lello Arena nei panni del mago Prospero, personaggio principale dell’intera narrazione.
Il nome del protagonista Prospero sembra contraddire il significato in sé, date le vicende che accadono al personaggio. «Prospero è tutto tranne che "prospero" - ci dice Lello Arena -. Se decidesse di esercitare la virtù anziché la vendetta, i suoi nemici non lo vedrebbero come sembra. Il personaggio è in realtà una serie di cose complicate da raccontare anche se con Shakespeare tutto diventa più semplice».
NELLA RAPPRESENTAZIONE HA UN RUOLO PRIMARIO LA MAGIA COME ANCHE IL MISTERO: LEI CI CREDE?
«Sì, alla magia non certo nel senso degli accattoni da quattro soldi. Ho una certa frequentazione con il lato non razionale della nostra esistenza che a mio avviso andrebbe coltivato con la stessa pervicacia con cui si dà spazio a quello razionale. Cerco di rendermi disponibile a questi accadimenti misteriosi di cui non siamo padroni al 100%: non sempre 1+1 fa 2, ma fa tanti numeri strani incomprensibili all’interno di una formula in cui siamo presenti, un progetto che riguarda il lato non solo fisico e la dimensione non propriamente terrena».
SI RITROVA NELLE SCELTE ELABORATE DAL REGISTA?
«Marco Lorenzi rappresenta una nuova realtà che si fa avanti: il fatto che sia giovane non significa nulla anzi spesso capita che un ventiseienne capisca molto più di certa gente che lavora a teatro da tempo. È capace di leggere una cosa e possiede la grazia di saperla raccontare al pubblico; è un talento naturale: e se il buongiorno si vede dal mattino…».
NEL MONOLOGO FINALE SHAKESPEARE FA RIFERIMENTO A SE STESSO E ALLA PROPRIA CARRIERA: IN CHE TERMINI LEI RIPENSA IL SUO PERCORSO ARTISTICO?
«La carriera degli attori è un percorso del tutto particolare: alcune cose sembrano delle scelte ma in realtà non lo sono. Gli attori, infatti, sono spesso in condizione di avere una spinta e una necessità di espressione ma vengono chiamati a fare poi tutt’altro. Ed è un bene: i sogni nel cassetto sono meno belli di quelli che effettivamente si realizzano e sono solo sogni di vanità; quando il consesso teatrale, la compagnia ti richiede qualcosa significa che è necessario. Ci vogliono ovviamente talento, passione, e il coraggio di effettuare scelte etiche, scegliendo anche di non lavorare con certe persone».
LA FAMOSA LIBERTÀ DELL'ATTORE...
«Naturalmente: se si capisce che fai l’attore solo per pagarti le bollette non va bene, perché viene meno la funzione sociale dell’attore, quella cioè di raccontare storie al pubblico e diffondere le parole scritte da gente importante. Se non si ha la possibilità di fare così diventa un’altra cosa cui bisogna sottrarsi».
PROSPERO VIENE PER UN PO' RELEGATO SU UN’ISOLA. LEI HA UN LUOGO, UN POSTO PREDILETTO DOVE RINFRANCARSI?
«Non amo le isole o i luoghi chiusi: anche Prospero nel monologo finale chiede al pubblico la forza di andare via dall’isola per tornare ad incontrare l’umanità tutta. Mi piacciono i luoghi affollati dove circolano persone e si possono fare incontri piacevoli o dannosi. Gli attori hanno bisogno di comunicare con la gente: portano in scena il loro sesto senso di sentire le temperature degli esseri umani».
RICORDA UNA SUA PERSONALE TEMPESTA DA CUI È ORGOGLIOSAMENTE USCITO INDENNE?
«Spero che la mia tempesta continui e non finisca mai: come accade a Prospero è necessario tenere in perenne esercizio la propria ‘magia’ che va esercitata fino in fondo. Spero di essere sempre tempestoso e suscitare tempeste di amore e di passione».
(Articolo di Giovanni Zambito, pubblicato su Orizzonti n. 36)