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SUSANNA TAMARO
«Scrivere è qualcosa di molto affascinante e di molto misterioso. Quando mi viene l’idea di scrivere un libro su un determinato argomento, di solito faccio prima delle ricerche e poi mi metto a scrivere. Spesso però può capitare che scriva 50, 100 pagine che sono una schifezza, perché non c’è niente di quello che volevo. Questo succede perché c’entra molto l’irrazionale nello scrivere, in quanto la ragione porta spesso a dei vicoli ciechi o a una noia mortale. È l’inconscio, infatti, che fa sì che il personaggio entri nella tua vita e ti dica: “racconta la mia storia”. In quel momento io so tutto di lui, cosa mangia, in che casa abita, chi sono i suoi parenti. Entro perciò nella sua vita, ma senza sapere la ragione precisa. Lo scrivere diventa poi una conseguenza di tutto ciò. A me succede sempre così quando scrivo, e lo ritengo molto affascinante».
BANANA YOSHIMOTO
«Ascoltare storie di persone intorno a me, è sempre molto stimolante per la mia scrittura. Queste storie sembrano cambiare la loro forma e prendere vita nei miei racconti. Non ho mai usato qualcuno in particolare come modello per i miei romanzi, solo la storia così com’è.
Tutti quei piccoli miracoli che, quotidianamente, le persone fanno nella loro vita mi interessano moltissimo. Mi meraviglio ogni giorno a scoprire quanto siano grandi le nostre potenzialità.
Nei miei libri, c’è una caratteristica comune: rappresentare qualcosa di invisibile, come emozioni, tempo, fenomeni soprannaturali… questo è il mio stile. E penso che i miei romanzi possano essere un buon aiuto per le persone giovani che sono particolarmente sensibili e delicate».
AMÉLIE NOTHOMB
«Quando io penso ad una storia, non penso per colori o per immagini, ma immagino attraverso voci, che dialogano, che prendono delle posizioni sulla vita, che stabiliscono punti di vista e idee. Per questo, il mio modo di concepire la scrittura assume ritmi vicini a quelli del teatro.
La scrittura rappresenta per me qualcosa di assolutamente naturale, è un po’ una forza, un’energia, qualcosa che ho dentro e che deve per forza trovare la propria strada.
Per quanto riguarda gli argomenti mi affido all’ispirazione. Mi è stata rinfacciata spessissimo una certa spietatezza per come sono rappresentati l’esistenza e i suoi valori, nei miei libri. Ebbene, voglio ribadire che non si tratta affatto di una durezza e di un cinismo appartenenti alla mia natura e al mio modo di essere, ma solo di elementi che io colgo nella vita di tutti i giorni e che cerco di arginare con la letteratura».
PINO ROVEREDO
«Per me è fondamentale incontrare la gente; per la strada, frequentando luoghi. Trasferire le esperienze raccolte sulla pagina, traduce tutto questo in scrittura ed è possibile soltanto se si dispone di una capacità discreta nell’ascoltare le emozioni delle persone per trasmetterle poi a chi le legge così, senza troppe costruzioni, senza filosofeggiarci sopra in un secondo tempo.
Le emozioni sono qualcosa di immediato e se non le si riporta con altrettanta immediatezza nella prosa, si rischia la perdita di questo loro fondamentale valore. Aver avuto entrambi i genitori sordomuti, credo mi abbia insegnato da sempre che l’ascolto e l’osservazione sono importanti nella vita stessa di tutti i giorni, prima che altrove. E raccontare tutto questo mi è utile perché io mi trovo tuttora là, nelle storie che racconto, immerso in quelle derive».
(Articolo pubblicato su Orizzonti n. 38)
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