| Una band estremamente innovativa che, a più di dieci anni dalla nascita, sperimenta sempre nuove sonorità e nuovi contenuti, pur conservando uno stile unitario. Questa una delle migliori qualità dei Timoria, oltre all’unione e all’approvazione attorno alla figura di Omar Pedrini, mente indiscussa del progetto. La sua forza carismatica e la veridicità dei suoi intenti hanno permesso di reagire ottimamente all’uscita di scena di Francesco Renga, cantante della formazione per ben dieci anni (dal 1988 al 1998). Un evento che, anziché procurare una crisi, ha portato nuove energie; più motivati che mai, i Timoria si sono impegnati sino in fondo in quello che può essere considerato il loro progetto più ambizioso: operare una collaborazione tra le diverse forme d’arte, consapevoli che “l’arte è una sola!”.
Il loro risultato sicuramente più riuscito, all’insegna della contaminazione tra i generi, è indubbiamente il “Brescia Music Art”, un festival artistico in cui non solo si dà spazio a diverse discipline (musica, pittura, scrittura, poesia, ecc.), ma anche a esibizioni interdisciplinari di artisti famosi, proprio per questo ancor più insolite e interessanti.
In occasione della prima edizione del festival, i Timoria hanno presentato la nuova formazione, comprendente Filippo Ummarino (percussioni) e Sasha (voce e chitarra ritmica), e hanno cementato ancor più il loro rapporto con Marco Lodola, nel cui atelier artistico – “Lodolandia”: uno spazio ricavato all’interno di una ex fabbrica, a Pavia – hanno composto buona parte dell’album “Timoria ’99”.
A testimonianza di quanto sia importante un’atmosfera magica per la realizzazione dei loro componimenti, riportiamo una dichiarazione di Luciano Ligabue: «I Timoria hanno aperto alcune date del mio tour “Lambrusco e Pop Corn”. Ricordo con particolare piacere la data conclusiva di Pesaro e la festa sulla spiaggia che seguì il concerto. Durante quella magica notte, in cui è nata la nostra amicizia, è stata composta la canzone “Freedom”» (in “Viaggio senza vento”; considerato da molti critici il miglior album della band).
Anche il connubio musica e letteratura è ricercato attraverso vari esperimenti. Tra i tanti, la band ha organizzato a Parma un incontro, aperto al pubblico, con il regista e scrittore Alejandro Jodorowskj: un simposio tra musica e letteratura, in cui Jodorowskj ha letto alcuni suoi scritti e i Timoria hanno suonato in versione acustica i brani tratti dal loro ultimo disco “El Topo Grand Hotel” (2001, decimo album della band), la cui ideazione è nata proprio dall’omonimo film di Jodorowskj del ’71.
Altre iniziative sono legate esclusivamente alla persona di Omar Pedrini, che ha partecipato al fim “Un Aldo qualunque sul treno magico”, in uscita a maggio e diretto dal regista esordiente Dario Migliardi. Omar, che veste i panni di Don Luigi (un prete con tanto di jeans, capelli lunghi e fascia hippy sulla testa) è affiancato dall’amatissimo Olmo di “Mai dire… grande fratello”.
Una parentesi, questa, che non ha allontanato Omar dai Timoria, con cui è impegnato in sala d’incisione, visto che il nuovo album del gruppo sarà la colonna sonora del film, in cui sarà presente anche il singolo “Casamia”, brano che ha gareggiato al Festival di Sanremo quest’anno.
VI SIETE FATTI NOTARE AL FESTIVAL DI SANREMO VINCENDO IL PREMIO DELLA CRITICA. QUANTO IL FESTIVAL PUÒ ESSERE IMPORTANTE PER UNA BAND CHE È AGLI INIZI?
«Per noi è stato importante per far capire all’Italia che non esisteva solo la musica leggera, anche perché la prima volta che siamo stati a Sanremo è stato dieci anni fa, quando “Sanremo era ancora Sanremo”. Abbiamo partecipato portando la nostra musica: abbiamo rotto il ghiaccio e il nostro ruolo è stato quello di guastatori. Poi, con il susseguirsi degli anni si sono viste altre band…».
PERCHÉ AVETE DECISO DI RITORNARCI QUEST’ANNO?
«Perché siamo andati a proporre noi stessi. Siamo lieti di essere stati i piccoli rappresentanti dell’altra realtà della musica italiana, quella rock, che spesso viene snobbata; e ci interessava dire alla gente che esistiamo, che esiste anche questa realtà. E poi siamo andati anche per farci conoscere dal tipico pubblico sanremese, dalle mamme, dai papà. Volevamo spiegare alle mamme e ai papà italiani perché ai loro figli piacciono così tanto i Timoria».
CI PARLI DI “CASAMIA”?
« “Casamia” non è nata per Sanremo. Fa parte del nuovo album che sarà la colonna sonora di “Un Aldo qualunque”, in cui reciterò anch’io, ed esprime la sofferenza provocata dal distacco dai luoghi in cui una persona ha sempre vissuto».
QUANTO QUEST’ULTIMO LAVORO È DISTANTE DA “EL TOPO GRAND HOTEL”?
«Esteticamente è molto diverso, perché a differenza di “El Topo”, ma anche di alcuni lavori precedenti, non è un concept album. “El Topo” è il racconto di un viaggio: un ragazzo che parte da Roma e si ritrova ad Amsterdam nel 1971. Quindi da lì inizia il suo viaggio fino ad arrivare in Mexico.
Mentre questo nuovo album è un commento musicale e le canzoni rispecchiano l’andamento del film. Abbiamo avuto un’altra volta la voglia di esplorare cose nuove; e l’occasione ci è stata data dalla colonna sonora. Non è un album intimista, è molto ritmato e forse è più tranquillo da un certo punto di vista».
SIETE UNA DELLE POCHE BAND CHE FA ANCORA DEI CONCEPT ALBUM. PERCHÉ?
«Questo è il genere di cose che ci piace fare. Amiamo approfondire un discorso dei testi in questo modo. Oggi viviamo in un’epoca in cui i dischi si fanno di una o due canzoni e non lo troviamo giusto perché per noi sono tutte importanti dalla prima all’ultima».
IN UNA VOSTRA CANZONE DI “VIAGGIO SENZA VENTO” DAL TITOLO “LOMBARDIA”, PARLATE DELL’ATTACCAMENTO ALLA VOSTRA TERRA. NON TEMETE DI DARE UN ASPETTO UN PO’ LOCALE ALLA BAND?
«Beh, la canzone "Lombardia" è stata scritta perché il protagonista, Joe, partiva dalla Lombardia per andare in India e quindi salutava la sua terra. In “El Topo”, Joe saluta Roma perché la storia è ambientata a Roma. Può darsi che tra un po’ qualcuno ci venga a dire: “perché Roma?”...
La realtà locale non ci appartiene: noi ci sentiamo cittadini del mondo. Le nostre sono storie italiane, io preferisco cantare la mia nazione, sono nato con la maglia dell’Italia. Per me essere italiano è ancora una cosa importante, anche se difficile».
NON PUNTATE ALL’AMPLIAMENTO DEL TARGET?
«Noi puntiamo ad essere felici e a realizzare dischi che ci piacciono. Poi il fatto che il nostro ultimo album sia stato tanti mesi in classifica è una grande soddisfazione: abbiamo preso il disco d’oro, siamo stati felici per questo, ma non abbiamo fatto quest’album con l’intenzione di venderlo. Il fatto che sia piaciuto a tutti è un caso: noi non cambieremo soltanto perché adesso vendiamo più dischi di prima».
IN EFFETTI, TU SEI ANCHE UN PRODUTTORE, E SEI INTERESSATO PRINCIPALMENTE A TUTTI QUEI DISCHI CHE NON ENTRANO IN CLASSIFICA.
«Sasha l’ho scoperto così, perché mi piaceva come cantava e alla fine gli ho chiesto di entrare nel gruppo, mentre eravamo in un locale fumoso di Parma a bere una birra. Quella di produttore, è un’attività da cui imparo molto. Poi, dare la possibilità a dei gruppi di potersi esprimere, è molto gratificante. Lo faccio per piacere mio, non certo per denaro. Anzi, ci rimetto anche tanti soldi».
L’ARTE PER L’ARTE? ANCHE NELL’IMPEGNO DI UNIRE TUTTE LE FORME D’ARTE PER GIUNGERE AD UNA INTERDISCIPLINARIETÀ?
«Fa piacere che qualcuno se ne accorga*. Questo è l’obiettivo dei Timoria: dimostrare che l’arte è una sola, e continuiamo in questo senso».
* [Nel numero “I demoni di Dylan Dog” viene reso un omaggio ai Timoria; sulla parete di una camera da letto appare il poster che ritrae la copertina di “Ritmo e dolore”, secondo album della band; 1991]
(Articolo di Caterina Aletti, pubblicato su Orizzonti n. 18, anno 2002)
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