| «Ho voluto scrivere della società in cui viviamo oggi: che è una società senza Dio».
Nick Cave, rocker australiano che dopo aver trascorso un’esistenza girovaga tra Berlino e il Brasile si è stabilito attualmente a Brighton, ha appena presentato al pubblico italiano il suo ultimo libro, “La morte di Bunny Munro”, a vent’anni di distanza dal suo romanzo d’esordio, “E l’asina vide l’angelo”.
L’opera narra la storia di un commesso viaggiatore che vende porta a porta creme di bellezza e prova a conquistare le clienti, durante i suoi tentativi di vendita. Bunny, il suo nome, fatta eccezione per il sesso, mostra disinteresse e noncuranza nei confronti di tutti e tutto, e questa unica ossessione causerà la depressione e il conseguente suicidio di sua moglie.
È proprio da questa morte che prende il via il racconto delle avventure del protagonista che, rimasto solo con il figlio di nove anni, si mette in viaggio con lui con la sua Punto gialla. In questa presentazione di un rapporto padre-figlio, lo scrittore si è avvalso della sua esperienza familiare. «Ho quattro ragazzi di cui due gemelli di nove anni, e devo dire che il personaggio di Bunny junior è stato tratto dall’osservazione di questi miei ragazzi più piccoli. Credo che sarebbe stato impossibile descriverlo nel dettaglio, se non fossi un padre. Nove anni è un’età molto interessante per i bambini perché la figura del padre è considerata onnipotente e viene assimilata a quella di Dio».
Bunny insegna l’arte del venditore al piccolo, mentre insegue nuove e disperate avventure, con l’obiettivo di conquistare ogni donna che incontra, per soddisfare il suo impulso predatorio. Quest’ossessione di conquista sessuale accelera pagina dopo pagina, in un crescendo che lo soggiogherà, fino a causarne inconsapevolmente la morte.
«Il libro si basa sulla struttura dei Vangeli di San Marco, per la sua impostazione episodica e l’ossessione della morte (in San Marco era quella di Cristo, qui è quella di Bunny Munro). È una sorta di “manifesto della feccia” - è la definizione che ne dà lo stesso autore - dove c’è assenza di moralità, di Dio e di spiritualità, ma questo perché ho voluto scrivere della società in cui viviamo oggi: che è una società senza Dio».
Altro spunto che si può trarre dalla narrazione è un approccio critico verso l’educazione che castra i bisogni dei giovanissimi. Dice Cave: «Io immagino che Bunny Munro sia stato picchiato ripetutamente dal padre quando era bambino e vi è una scena in cui il personaggio regredisce alla sua infanzia, alzando le braccia in forma di difesa anche davanti a suo figlio. Se un bambino viene abusato di frequente, la sua vita sarà segnata per sempre. Non credo che a Bunny Munro sia mai stata insegnata una forma d’intimità, non ha mai imparato ad accettare o a dare amore. E la colpa di ciò è da attribuire ad un padre molto tiranno. Penso, inoltre, che come genitori noi ci diamo troppo credito per il destino dei nostri figli. Tutti quanti, genitori e sistema educativo, sistema per la salute e la difesa dei bambini, dovremmo lasciare più spazio ai bambini, lasciarli vivere in società in maniera più libera».
Nonostante le tematiche forti, questo romanzo “on the road”, dal ritmo sincopato, risulta a tratti anche divertente. «Dedicarmi al libro è stato un grande piacere, l’ho scritto con facilità, a mano su dei block notes. È stata un’esperienza totalmente liberatoria e gratificante. Al contrario, il lavoro cantautorale è sempre stato difficile per me. Anche se ho scritto centinaia di canzoni, rappresenta un processo doloroso, e sanguinolento: è come voler tentare di far passare un’anguria da un’apertura molto piccola».
(Articolo di Teresa Filomeno, pubblicato su Orizzonti n. 36)
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