| "Ritorno a Ellenar" (Aletti Editore)
In narrativa, un "sequel può risultare inferiore al primo episodio d'un romanzo; accade il contrario in questo "Ritorno a Ellenar" di Carmelo Guardo in cui non solo le promesse de "Le conchiglie di Ellenar" vengono mantenute, ma nuove porte vengono spalancate nella consapevolezza acquisita dal lettore; che nel mondo ci sia qualcosa in più, di ciò che i sensi percepiscono.
Medico chirurgo, romano di nascita ma catanese d'adozione, il nostro Carmelo Guardo è autore di poesie dialettali e racconti per l'infanzia ed in precedenza ha scritto "Frammenti di sogno nei giardini di Efesto" e "L'aquilone di Mattia".
Ellenar, il luogo della memoria nel quale si coagulano i ricordi, le melanconie esperenziali, ma anche il senso mistico della fusione dell'uomo con la natura, è meta di un omerico"nostòs", un ritorno, nella certezza che qualcosa sia stato dimenticato, ovvero che qualcosa sia ancora lì ad attenderci perchè tutto sia compiuto.
Per questo motivo e molti altri ancora, il peregrinare zingaresco di Carmine, il medico- poeta protagonista dei precedenti romanzi di Guardo, ce lo fa incontrare sulle rive della località balneare fotografata, con efficaci sequenze paesaggistiche, nello splendore desertico d' un"fuori stagione" : un tempo in cui è dolce il passeggiare in riva al mare od immergersi fra flutti non sempre tranquilli, od assistere al calar del sole.
In quest'ambientazione magica nella quale l'anima fa da timone ed il cuore è la vela di quest'immaginaria barca che solca il mare interiore, è il vento a parlare per primo col protagonista, per rivelare che Fleurinne- splendida apparizione nella precedente avventura- non vive più, mentre nuove presenze muliebri gli si affiancano, silenziose interlocutrici strappate al mito come Sibilla e Dafne, ma anche attive presenze dalla grande fisicità: Armida e Fadimata, che lo inducono a confrontarsi con frammenti di culture orientali, discipline del corpo e della mente che per un attimo non mancano di coinvolgerlo emotivamente.
Ma il nostro personaggio si rende anche conto che, al di là di ogni suggestione, è qualcun altro a guidare questo suo andare; forse un'altra, misteriosa, "donna senza nome"...
Ellenar evoca dunque un percorso interiore quale ciascuno di noi è chiamato a fare almeno una volta nella vita, nella certezza che qualcosa sia ancora da scrivere, ovvero che qualcosa debba ancora essere svelato.
Il mare non sempre tranquillo che sciaborda a fronte dei villini addormentati costeggiati da deserte viuzze- ci riporta alle lunghe passeggiate sulla spiaggia incontaminata della nostra adolescenza, evocazioni vivide e struggenti di un tempo che non è più; in cui era importante mettere a fuoco un'idea e, magari, completare una giornata "diversa" con la mistica contemplazione d' un tramonto.
Particolare attenzione merita l'episodio dell'incontro dell'autore con Sibilla, vedova d'un giapponese "maestro del Thè" .
In una casa che sembra evocarne la presenza , nella deliziosa "camera chiusa" in cui al cerimoniale del the consumato alla maniera algerina, si sovrappone quello della divinazione dei Tarocchi, il rapporto sessuale sembra assumere cadenze e le caratteristiche di un'autentica iniziazione, cui non è estranea la fredda "Katana", la spada del samurai esposta nella rastrelliera, ma anche la strana assenza della Wakizashi, la lama che, "guardia dell'onore del guerriero" non l'abbandona mai.
Un susseguirsi di storie nella storia che non mancano di coinvolgere il lettore in un universo immaginifico quanto imprevedibile, in cui è facile perdere il senso della reealtà per raggiungere mondi inesplorati ed affascinante.
Francesco Scialfa
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