|
LA VITA, L’IMPEGNO, L’AMORE, LA SOFFERENZA.
INCONTRO CON LA SCRITTRICE ITALIANA PIÙ TRADOTTA AL MONDO.
L’affabilità e la disponibilità della nostra scrittrice contemporanea più tradotta al mondo è spiazzante. All’inizio si rimane disorientati, non credendo di suscitare, noi, tanto interesse in lei, ma poi, riflettendo, si prende coscienza che questa attenzione rientra nei modi e comportamenti degli autentici “grandi”, che riescono a mettere gli altri a proprio agio.
L’impegno creativo la vede alternarsi con incredibile disinvoltura tra narrativa, drammaturgia, giornalismo critico, sceneggiature cinematografiche, scrittura creativa in genere e, non ultimo, la poesia.
L’impegno sociale la vede coinvolta nella difesa dei diritti umani, nella salvaguardia dell’ecosistema - e non sono da dimenticare le lotte femministe degli anni passati.
Dacia, assieme a Paola, Toni e Yuki, è figlia della principessa Topazia Alliata di Salaparuta e dell’etnologo, antropologo, Fosco Maraini. Ha avuto una nonna cilena che voleva fare la cantante lirica.
Gli occhi azzurro-verdi, Dacia li ha ereditati dalla madre, mentre la passione dei viaggi, intesa come mezzo per conoscere altre realtà culturali, dal padre. Marianna Ucrìa, che è stata una sua antenata, con la sua presenza inquietante, l’ha ispirata, o meglio, le ha suggerito di scrivere la sua storia: La lunga vita di Marianna Ucrìa, romanzo trasformato in film dal Maestro Roberto Faenza.
'IL TRENO DELL’ULTIMA NOTTE', ROMANZO DA POCO PUBBLICATO PER LA RIZZOLI, È UN VIAGGIO ATTRAVERSO LE SOFFERENZE EUROPEE DEL SECOLO APPENA TRASCORSO. NEL TITOLO NON AVVERTE UN SEGNO, UN SIMBOLO, UN EVENTO STRAORDINARIO, DI FELICITÀ O DI SOFFERENZA, CHE HA ATTRAVERSATO SIMILMENTE LA SUA VITA?
«Sì, certo. La vita di uno scrittore, con le sue gioie e le sue sofferenze, sempre si proietta sulle pagine dei suoi romanzi, anche se non è il racconto fedele di quel dolore o di quella gioia. Per esempio, la mia esperienza del campo di concentramento in Giappone, mi ha spinto a visitare tante volte i campi di sterminio nazisti, per capire meglio il mondo della prigionia…»
NEGLI ANNI SESSANTA SPOSA IL PITTORE MILANESE LUCIO POZZI, ATTENDE CON AMORE UN FIGLIO CHE MAI VEDRÀ LA VITA. 'UN CLANDESTINO A BORDO' È LA STORIA DELL’ATTESA? LA SOFFERENZA, COME RIENTRA NEI RITMI DELLA SUA CREATIVITÀ LETTERARIA?
«Sì, 'Un clandestino a bordo' è la storia di una attesa, ma l’attesa può essere raccontata o anche prestarsi a dei ragionamenti sul tempo e la memoria. La sofferenza è una esperienza che per uno scrittore diventa stile e ritmo, ed il lettore attento riesce ad interpretare quei ritmi e quello stile attraverso un progetto che è anche musicale».
ESSERE SCRITTORI OGGI È ANCHE DARE LA TESTIMONIANZA DEL TEMPO CHE SI STA VIVENDO. DAGLI ANNI QUARANTA AD OGGI MOLTE COSE SONO CAMBIATE. GLI STILI DI VITA SONO POI COSÌ DIFFERENTI?
«Molto differenti certo, anche per le nuove tecnologie che ormai fanno parte delle nostre abitudini e delle quali non possiamo fare a meno. Le conquiste sociali, l’emancipazione, il crollo di alcuni tabù, sono passi importanti verso una libertà individuale e sociale - sempre che la ragione politica mantenga in primo piano i diritti dell’individuo. Naturalmente c’è l’altra faccia della luna: il pericolo che le conquiste tecnologiche ci esproprino della capacità di trattare gli altri come corpi umani e non come entità astratte».
CI PARLA DELLA POESIA CHE ULTIMAMENTE L’HA COSTRETTA A OCCUPARSI DI LEI. È LA FILOSOFIA DEI SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE?
«Ho sempre sostenuto che sono loro, i personaggi, che vengono a bussare alla mia porta per chiedere di essere raccontati. Bisogna essere umili e saperli ascoltare. I personaggi conoscono le proprie storie meglio dell’autore, che deve avere la curiosità di starli a sentire senza pretendere di sapere tutto di tutti!»
(Articolo apparso su Orizzonti n.35, a firma di Giuseppe Lorin in collaborazione con L’Unico)
Continua a seguirci su facebook al seguente link
http://www.facebook.com/rivistaorizzonti
|