| Due amici che si scontrano a colpi di poesia, racconti e canzoni.
Vinicio Capossela, musicista italiano aperto a sperimentazioni e contaminazioni, e fra i cantautori che hanno saputo reinventare meglio il linguaggio della canzone con testi ricercati, ricchi di prestiti e allusioni letterarie (Bukowski, Fante, Céline), è sempre stato spinto da un’instancabile curiosità a percorrere strade artistiche molteplici. Oltre alle digressioni in radio, con due suoi importanti lavori (l’adattamento del Canto di Natale di Charles Dickens nel 2001 e il radioracconto originale I cerini di Santo Nicola - Racconto infiammabile per voci, suoni e canzoni nel 2002), nel 2004 ha pubblicato per Feltrinelli il suo primo romanzo, Non si muore tutte le mattine.
Capossela, dopo il fortunato esordio in narrativa, di recente è tornato in libreria con In clandestinità, libro scritto a quattro mani con l’inseparabile amico, il poeta e performer Vincenzo Costantino, conosciuto anche col nome di Cinasky.
Come mostra anche l’immagine in copertina che riprende il manifesto dell’incontro sostenuto tra i due pugili Jack Johnson e Arthur Cravan, anche quello di mister Pall (Capossela) e mister Mall (Cinasky) è un incontro di boxe, ma letterario - dove ad ogni round corrisponde un capitolo - tra due amici “indivisibili come due nomi su un pacchetto di sigarette”, che si affrontano sul ring a colpi di poesia, racconti e canzoni.
Perché un libro insieme? Risponde Capossela, con l’ironia che lo contraddistingue: «Perché da molto tempo questa figura ingombrante compare nelle mie canzoni e anche in alcuni racconti, sotto diversi nomi, ma, quel che è peggio, compare nella mia vita. Ora vorrei tanto che comparisse nella vostra, perché sono stufo di sopportarlo da solo».
E Costantino, mister Mall, controbatte: «Perché un libro a quattro mani? Perché quattro mani, oltre che colpirsi, possono anche abbracciarsi, due mani invece possono solo stringersi. Per quanto mi riguarda, mi è venuta voglia di scriverlo per celebrare la vita, l’amicizia, e nutrirsene. Mister Pall è comparso nella mia vita nel 1994, in una sera di febbraio. Stavo ascoltando per caso una trasmissione radiofonica che aveva annunciato l’esibizione di mister Pall in un locale di Milano e decisi di abbandonare il neonato locale di cui ero proprietario, il Caffè Cinasky, per andare ad ascoltare il concerto. Arrivato lì, siccome l’esibizione di mister Pall, in ordine di programmazione, era la terza, mi avvicinai al bancone del bar e nell’attesa iniziai a bere, tanto che prima della fine dell’esibizione di Mister Pall avevo già maturato 10 cuba libre. Il mio stato di alterazione mi fece convincere che ero diventato suo amico anche da lontano e, quando poi ci incontrammo al bancone del bar, ebbi la forza, nella mia alterazione, di presentarmi. “Piacere sono Cinasky, conosci Bukowski?” E lui mi rispose: “E tu John Fante?” Io dissi: “Sì! E tu conosci Rimbaud?” “Ma chi il cavallo?” E ridemmo».
Da quell’incontro è nata una splendida amicizia, che ha dato vita a questo racconto.
C’è in queste pagine, che parlano di ubriacature, abbandoni, solitudine, la clandestinità di chi non ha una casa in cui tornare, di chi colleziona sconfitte in amore, di chi vive il buio della notte e prova fastidio agli occhi con la luce del mattino. C’è un viaggio nel mondo degli eroi perdenti, con i loro inevitabili fallimenti ma anche le sorprendenti rinascite. Ma soprattutto c’è l’amicizia; che sempre salva e tiene a galla.
(Alessandra Basso, Orizzonti n. 37)
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