|
ISABEL ALLENDE
«Nell’esercizio della scrittura trascorro così tante ore in silenzio e da sola che la realtà inizia a sfumarsi e finisco con il sentire voci, vedere fantasmi e reinventare me stessa. Il tempo si ingarbuglia e inizia a procedere concentricamente; forse il tempo non passa, siamo noi a passare attraverso il tempo; forse lo spazio è abitato da presenze di tutte le epoche, come diceva mia nonna, e quanto è successo o succederà coesiste in un presente eterno. La mia mente è sempre affollata di storie, ma non crediate che ciò mi renda distratta; al contrario, cammino con gli occhi ben aperti e le orecchie tese, perché anche quanto accade nel mondo è per me fonte di ispirazione. Vivo attraverso i miei personaggi e vivo ogni storia come se fosse la mia. Con l’età mi è diventato più facile scrivere narrativa perché ho vissuto abbastanza da vedere che i cerchi si chiudono, che tutto è consequenziale, nulla è casuale. Un romanzo non è diverso dalla vita. In un romanzo, come nella vita, non è importante il finale, bensì il percorso. La vita si snoda giorno dopo giorno, un romanzo si dipana parola dopo parola. La scrittura è un lavoro lento, silenzioso e solitario. I miei nipoti, che mi vedono trascorrere interminabili ore davanti al computer, credono che sia in castigo.
Perché lo faccio? Non lo so… È un’esigenza naturale, come il sonno o la maternità. Non sono in grado di spiegare senza cadere nei clichè. Raccontare e raccontare ancora… è l’unica cosa che voglio fare».
NADIA FUSINI
«Ho dei periodi di grande fertilità scrittoria ai quali si contrappongono momenti di immobilità e di fatica. In fondo, la scrittura è qualcosa di profondamente biologico, che segue dei suoi ritmi, alternando momenti vivaci a periodi di stasi. Di certo, riconosco di avere una vocazione sincera, per cui i libri diventano poi qualcosa di umano e di personale, qualcosa con cui tenersi compagnia.
Se scrivere significa farsi compagnia, la pubblicazione rappresenta inevitabilmente un momento difficile che, se da un lato ti ripaga delle sofferenze attraversate, dall’altro ti allontana dal materiale che si è accumulato nel tempo, da ciò che hai prodotto.
Il solo modo per reagire a questa piccola depressione consiste nel concepire al più presto un progetto nuovo, e meditarci sopra fino ad accettare il distacco».
GIULIA CARCASI
«La scrittura non la puoi gestire. Ci sono sere in cui non hai nulla da raccontare, e ce ne sono altre in cui parte una storia e non puoi smettere di scrivere perché vuoi vedere come va a finire, e hai bisogno di scioglierla dentro di te.
Scrivo per leggermi, perché è l’unico modo che ho per fare chiarezza dentro di me. Scrivo per me perché ho un grande bisogno di fare pulizia. Nella mia scrittura le frasi non sono agghindate, sono frasi lineari, dove c’è un aggettivo e uno soltanto. Questo bisogno di scegliere nello scrivere, è un bisogno che poi ritorna di riflesso anche nella mia vita, nel senso che, nel momento in cui riesco ad avere più lucidità per eliminare più aggettivi e più espressioni, riesco anche a fare spazio nella mia vita. Io credo che il superfluo sia difficilmente gestibile, perché è altro che devi controllare e quindi cerco di ridurre le frasi, e allo steso modo anche nella mia vita cerco di dare spazio alle cose essenziali.
Per me, la scrittura è qualcosa di intimo, è spogliarsi di fronte a qualcuno. Quando finisco di scrivere un libro e decido di farlo leggere a qualcuno, mi sento messa a nudo, in difficoltà, come se stessi scoprendo una parte di me: mi sono privata di una corazza in qualche modo…».
Continua a seguirci su facebook al seguente link
http://www.facebook.com/rivistaorizzonti |