| Remo Valitutto, giovanissimo d’età ma già nastro nascente della poesia.
“Frammenti di inferno”, erutta l’eros.
di Enzo Colabene
SALERNO. La prima raccolta poetica di un giovanissimo autore come Remo Valitutto non può non lasciarci in dote una profonda riconsiderazione, critica quanto si vuole ma senza dubbio quanto mai esaltante nella sua sofferta verità, di quel che siamo. Quella di Remo è molto più che una semplice e cruda poesia di getto. Girandola nel linguaggio della musica si potrebbe dire che quest’ultima c’indurrebbe a pensare ad un autore come Franz Schubert, che abbandonava di colpo i suoi piccoli allievi alla scuola elementare di un piccolo paesino di Vienna, per mettere immediatamente su carta il motivetto che gli si era inaspettatamente affacciato alla luce della coscienza.
La poesia di Valitutto Remo è paragonabile ad una forza capace di farsi strada da sé, travolgendo tutto quel che incontra e si para dinnanzi al suo cammino, al punto d’incontro ineffabile e fatale tra l’istinto e tutti i suoi inappellabili responsi sul piano della vita sensibile, e l’alta coscienza che discerne e scandaglia l’animo umano per restituircene la dimensione più pregnante e ricca di gloria.
“Frammenti di inferno”(2005, Aletti Editore, Collana “Cinta”) è la prima raccolta di versi di Remo Valitutto, nato ad Oliveto Citra 26 anni fa e che risiede a Palomonte.
Conseguita la maturità linguistica al liceo Asteass di Buccino, ha atteso qualche anno prima di iscriversi all’Ateneo, preferendo dare sfogo alla sua voglia di cose nuove mediante “viaggi, esperienze e avventure che lo portano in giro per l’Italia e l’Europa alla ricerca di nuove frontiere …”
Ormai è quasi sul punto di discutere la tesi di laurea in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Salerno, ma una prova tangibile del suo genio l’abbiamo già avuta da tempo leggendo i suoi “Frammenti di inferno” come qualcosa che si dà alla nostra attenzione senza mediazioni, senza metrica, ma solo con la potenza di un linguaggio splendidamente immediato, senza freni e senza remore moralistiche da bacchettoni, quasi le sensazioni ed i pensieri che ne nascono e che le alimentano, capaci di parlare da soli. Si legge, banalmente su carta, ma in realtà è una vera e propria voce che sussurra continuamente facendo razzia della nostra anima più ve-ra. Tra quei “Frammenti di inferno” ritroviamo noi stessi alle prese con noi stessi e con la nostra dimensione più inesorabilmente e autenticamente umana. Torneremo presto a leggere le sue poesie e darne contezza. Nel frattempo Remo sta per con-cludere il suo primo romanzo (Quando muore la notte) e coltiva il suo nuovo amore sbocciato in questi ultimi mesi, il teatro. Una passione che già gli consente di poter vantare titoli nel campo della commedia con “Peppino ’o mariuolo”, “… e adesso spogliati!”, “La mia sporca anima nera”. Uno dei tratti originali di “Frammenti di in-ferno” è il fatto che i singoli componimenti recano solo alla fine, spesso come verso ultimo, il titolo che segna l’universo semantico e che trae a sua volta significato dai versi che lo precedono. Ma è tutto il libro che è un vero e proprio fiume in piena, nel quale nuotiamo a stento senza riuscire ad aggrapparci agli isolati spuntoni che la sensibilità affascinante delle nostre sensazioni può farci scorgere venendo a contatto con il sottile e sempre precario diaframma della coscienza. Tra un po’ torneremo ad occuparcene.
Fonte:
RomaCronaca 20/03/11
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