| PRIGIONIERE DEL SILENZIO
(Aletti Editore)
di Maria Carmen Lama
RECENSIONE di Giovanna Giordani
Il titolo mi riporta automaticamente a un bellissimo saggio sul “Silenzio” di Natalia Ginzburg facente parte della sua raccolta “Le piccole virtù”. E quindi la curiosità verso l’opera poetica di Maria Carmen Lama “Prigioniere del silenzio” va soddisfatta quanto prima!
Non rimango delusa. Scorrere ad una ad una le sue poesie è come ascoltare la voce sincera di un’amica.
Lo stile è, infatti, colloquiale e diretto. Non sceglie molte metafore o perifrasi la nostra autrice, ma un linguaggio che vuole giungere al lettore senza equivoci pur mantenendo alta la connotazione poetica. Traspare dai versi un grande desiderio di liberare sentimenti, riflessioni, stati d’animo che fanno parte in maniera preponderante dell’universo femminile.
Perché il silenzio può essere gradito se racchiude in sé la certezza di sentimenti genuini supportati da atteggiamenti coerenti, ma può essere altresì doloroso se “obbligato” per paura, e incomprensione di chi ci sta accanto che non sa e non vuole ascoltare.
È di questo silenzio che la poetessa sente l’esigenza di parlare. Il silenzio che deve essere infranto, il silenzio che deve aprire le porte alle parole, affinché possano esprimersi, essere ascoltate, essere capite in modo da poter vivere la vita e i rapporti umani nella libertà e nel rispetto. Perché, citando ancora la Ginzburg, “il silenzio può diventare una malattia mortale”.
Cerco di immaginarmi la genesi di queste poesie di Carmen. Le riflessioni scaturite da confidenze sommesse, timorose o da notizie lette sui giornali o udite in tv; nomi di persone alle quali dedica i suoi versi. Ma non mancano certo anche le liriche scaturite da particolari stati d’animo del vissuto personale della scrittrice.
Cosa c’è, dunque, di meglio che tradurre in poesia le parole “prigioniere”? Carmen l’ha saputo fare in maniera egregia con questa silloge estremamente interessante.
Le poesie si alternano fra versi di denuncia e di veemente richiesta di dignità a versi che prendono a simbolo gli spettacoli della natura per esprimere le sensazioni dell’anima, a volte triste, a volte orgogliosa, il più delle volte sofferente. Queste poesie vorrebbero aprire i cuori e le menti di quella parte maschile (e qui credo sia giusto precisare che, per fortuna, è solo una parte, anche se abbastanza consistente, credo) ottusa e trincerata dietro usi e costumi ipocriti che non fanno altro che confermare o legittimare un egoismo di fondo.
Ci sono versi, poi, che ti sorprendono per l’originalità espressiva come ad esempio “frammenti di bontà decapitata” in “Lei non sa” oppure “pensiero quasi muore/vivo, debole, tenue velato/impallinato dal silenzio truce” in Quasi muore e, naturalmente tantissimi altri che permeano la silloge.
Percepisco in queste poesie tutto l’amore, la solidarietà, nei confronti di quelle donne (e sono ancora tante sul pianeta, ma non tutte, per fortuna) che non hanno la possibilità di esprimere al meglio la loro personalità, i loro sentimenti; quelle donne che non sono valorizzate perché ritenute inferiori e quindi relegate al “silenzio”.
La raccolta è corposa, le poesie sono poco più di cento e mentre le scorro ad una ad una capisco che non si possono leggere in fretta, ma bisogna soppesarne adeguatamente le parole che sotto un’apparente semplicità esprimono profondità di sentimento e analisi introspettiva notevoli.
Così le parole della nostra poetessa ci giungeranno come un dono, il dono della sua sensibilità verso coloro che “non possono dire” e ai quali (o meglio alle quali) vuole riservare uno spazio importante nella sua arte poetica.
Leggere Carmen Lama è un arricchimento, è l’accendersi di una luce che illumina, riscalda, affratella.
Per chiudere queste mie riflessioni non scelgo la poesia che dà il titolo alla silloge (la lascio “scoprire” ai lettori!), ma un’altra, a parer mio, altrettanto emblematica e che trascrivo interamente:
Se muore la parola
Se muore la parola/tutto si ferma/sbiadiscono i colori delle rose/attonito sta il cielo/ad avvolgere il mondo/consapevole del suo/essere inutile./A me, tutto d’intorno/cresce il silenzio/come torre d’avorio/mi rinchiude/altro non so e non vedo/altro non sento/che il battito del cuore/sempre più lento/sempre più distratto/consapevole del suo/essere inutile/.Se muore la parola/io piango il lutto/mentre l’abbraccio/per tutto quel che è stata/per l’amore che ha cullato/in te, in me, in noi/ma insieme a lei / anch’io/ io dentro muoio/. Se la parola muore non esiste più nulla.
Giovanna Giordani
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