| I principali pregi di questo libro non vanno ricercati né nello stile letterario né nell’importanza o la conoscenza dell’autore, ma nell’utilità delle nozioni che vi si possono attingere e nella sua semplice esposizione dei fatti. Nel suo complesso non è che la semplice storia dei fatti esposti immaginari in questo caso ma che potrebbero essere anche veri, aggiungendo qualche pennellata di colore dove è servito e di dolore quando i fatti sono diventati tragici. So che altre opere possono superare questa per profondità di pensiero e conoscenza umana; altri libri possono competere con questo per originalità e mole, ma nulla di quanto è stato scritto lo può superare in scrupolosa e spietata esposizione dei fatti. Questo, più di ogni altro pregio, renderà il volume prezioso agli occhi del lettore attento e riflessivo e avrà nel cuore la triste avventura di questi miei ‘non vedenti’ su ‘l’isola degli uccelli’.
La parte principale ce l’ha lui, Andrea, un ex professore di filosofia, il quale dopo il fatto tragico nel quale perse la vista, da buon filosofo, assunse un atteggiamento di sereno imperturbabilità di fronte alla sua sventura e alle successive difficoltà della vita. La sua esperienza filosofica cercò di trasmetterla appunto a loro nello studiare assieme lo sviluppo delle dottrine e dei problemi della filosofia. In tutti col tempo subentra la serenità d’animo e la superiorità spirituale. Gente che per tutta la vita già vissuta sempre nelle tenebre, con il sopraggiungere della malattia o la disgrazia che li aveva portati alla completa cecità. Essi si erano persi nel dubbio, lontani di quella fede che aiuta nelle sventure e che aspettavano una guida o una guarigione. Ho ambientato questo scenario in un delle più piccole isole dell’arcipelago delle Eolie o Lipari, dove essi approdarono in un luminoso giorno d’estate accompagnati da tre responsabili del Centro dove erano ricoverati, che si occupavano delle loro esigenze fisiche e della loro incolumità. Il viaggio dal porto di Genova, città dove si trovava il loro Istituto nel quale vivevano alcuni da pochi anni e altri già da bambini dove venivano continuamente visitati dai genitori e parenti, avvenne con una piccola nave da crociera, la quale dopo un mese, quello di agosto, di permanenza sull’isola, li avrebbe riportati nel loro Istituto per riprendere il tran tran quotidiano in attesa di un qualsiasi altro cambiamento al quale essi speravano in un tempo non troppo lontano da questa sortita che stavano godendo in quel mese sull’isola della quale c’è tanto da dire ma che corrispondeva perfettamente alle loro esigenze, alle loro condizioni: cioè la cecità…
La loro permanenza sull’isola degli uccelli in contatto diretto con la sola natura : infatti l’isola non è abitata, ci sono alberi e uccelli, fu un momento di prova del percorso riabilitativo che significava per loro autostima e qualità della vita. Autonomia, una conquista fondamentale. Le varie terapie basilari sia per l’apprendimento dei più piccoli, sia per il mantenimento delle abilità degli adulti.
Da una parte c’era l’abilitazione funzionale alla base dell’indipendenza delle persone solo ‘non vedenti’ e dall’altra quella dei ‘sordociechi’, i quali avevano appreso numerose e diverse attività che allora svolgevano regolarmente. Come per esempio le attività domestiche specialmente per i solo ‘non vedenti’ facevano parte di un complesso percorso riabilitativo.
Se diamo uno sguardo nell’interno della Comunità di allora, ambiente adatto ad esprimere le proprie abilità e potenzialità, la struttura di quella vecchia villa i cui appartamenti allocati nel centro storico di Genova, era come una casa, anzi è la casa che ospita una ventina di persone tra quelle ‘non vedenti ’ e quelle ‘sordocieche’ la maggior parte adulti. Qui tutto si svolgeva secondo i ritmi di una famiglia con diversi componenti. Questi componenti erano diversi solo per sesso, per attitudini e per scelte, ma uguali per entusiasmo che dimostravano nella gestione della propria persona, nell’interazione. Specialmente nel reparto dei ‘sordociechi’ tutto il personale era encomiabile per l’impegno che dedicava e la passione per lo sviluppo. Le tante persone, ‘sordocieche’ e i familiari che s’incontravano in quei lunghi periodi. I sostenitori che stimavano la comunità, che aiutavano e spronavano tutti a proseguire nel doloroso e lungo cammino.
E infine i volontari che avevano consentito di dare vita a molte e diverse iniziative.
Proprio i volontari rappresentarono una risorsa che fu sempre fondamentale e irrinunciabile per il buono e migliore andamento della Comunità. Ci fu una partecipazione vogliosa e vivace la quale dimostrò una volta di più quanto sia importante l’entusiasmo di tutti e l’impegno, la voglia di esserci stato per realizzare tutti assieme il progetto che era alla base nell’aiutare le persone ‘sordocieche’ e gli stessi ‘non vedenti’ a vivere una vita più autonoma, più piena e dignitosa. I responsabili scelsero proprio questo posto disabitato, tranquillo e dove l’uomo vacanziero non metterà mai piede, per il fatto che loro non potendo vedere e quindi meno spazio qualificato e sorprendente c’è e meglio è per loro i quali non dovranno rimpiangere di non poter vedere le meraviglie e gli spazi belli e ameni che potrebbero essere attorno a loro.
dalla Prefazione |