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Opere pubblicate: 19989
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Uno scrittore comasco ricostruisce in un romanzo l’incredibile vicenda del religioso e scienziato
(dal quotidiano Corriere di Como 11/02/2011) Einstein dimostrò, con la teoria della relatività, che lo scorrere del tempo è differente per osservatori che siano in moto l'uno rispetto all'altro, spalancando nuove frontiere di ricerca. Ma se invece di vivere in prima persona uno spostamento temporale si potesse più comodamente assistere al "film" degli eventi passati? Qualcuno pensò a uno strumento in grado di captare e riprodurre immagini e suoni del passato. Fu padre Pellegrino Emetti, nato nel 1925 e morto nel 1994, passato alla storia come l'inventore del "cronovisore". Un apparecchio fondato sul principio di conservazione dell'energia. Luce e suono si trasformano ma non si distruggono e lo spazio sarebbe una sorta di enorme catalizzatore magnetico in cui vanno a "incidersi" onde sonore e luce. Sintonizzandosi su questa «sfera astrale», come la chiama Emetti, si possono convogliare immagini e suoni di eventi passati in un selettore che funziona come un telescopio. A rispolverare questa curiosa vicenda è "II segreto di Emetti" (Aletti Editore), romanzo del comasco Peter Schiera che viene presentato oggi alle 18, alla libreria Feltrinellì di via Cantù 17 a Como. Schiera, come si è imbattuto in Emetti? «Per caso. Mi colpì la sua autorevolezza nella musicologia. Scrisse ben 72 volumi sulla prepolifonia, fu il primo a ricoprire una cattedra di musicologia riconosciuta a livello internazionale. Fu poliedrico. Appassionato di fisica, scienziato, esorcista. Non un ciarlatano. Negli anni '40 condusse con padre Agostino Gemelli brillanti studi sulla disgregazione dei suoni mediante l'oscillografo». Come inizia l'avventura del cronovisore? « Verso la fine degli anni '50 Emetti avvia una collaborazione con un'equipe di dodici scienziati; pare che ne facessero parte Enrico Fermi e Von Braun, ritenuto il capostipite del programma spaziale americano. Misero a punto il cronovisore, ma nulla trapelò fino al '72 quando Emetti in un'intervista alla "Domenica del Corriere" disse di aver mostrato l'apparecchio, nel '56, a Pio XII e all'allora Presidente della Repubblica Gronchi, di aver filmato discorsi di Napoleone e Mussolini e di aver assistito a una tragedia del latino Ennio, il Tieste, di cui sono rimasti solo pochi frammenti. Ma la cosa più sconvolgente è che Emetti sostenne di aver veduto gli ultimi eventi della vita di Cristo. Fu pubblicata una "foto"di Gesù sulla croce, tratta dal cronovisore. Si scatenò la polemica e un lettore ne contestò l'autenticità: la foto era il rimaneggiamento di un Cristo del Santuario di Collevalenza. Ernetti si difese dicendo che quel crocifisso venne realizzato su "dettatura" di una mistica che aveva rivelato all'artista il vero volto dì Cristo. Emetti sostenne per sino che Gesù fosse sì risorto ma non nella sua forma umana, bensì come una sorta dì "spirito dietro un cristallo". Poi di padre Emetti non si parlò più. Gli fu intimato il silenzio, la macchina venne smontata e depositata in Vaticano. Emetti, per natura quieto e ubbidiente, si rimise alle volontà superiori». Veniamo al romanzo. Lei quale chiave da alla storia? «Non ho pretese di risolvere il mistero. Il protagonista, Paolo Sprengel, è un tranquillo professore di Letteratura latina all'Università di Milano, coinvolto nella ricerca degli elementi che possono portare allo strumento. Sprengel si pone il problema della legittimità della ricerca: che cosa accadrebbe se di qualsiasi cosa rimanesse traccia? Sì rende conto che un'invenzione del genere potrebbe causare la fine della civiltà o, nel migliore dei casi, una rinascita a livello morale. Ma la curiosità è più forte e alla fine sta al gioco». Un viaggio nel mistero tra sette segrete e criptici indizi alla Codice da Vinci. «Sì, ci sono suspense e codici da decifrare, ma non ho cercato sensazionalismi. Piuttosto ho voluto sottolineare come il viaggio del protagonista, sia inferiore sia reale, abbia dato alla sua vita un nuovo significato. Per il resto mi sono attenuto ai fatti storici». Katia Trinca Colonel
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