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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
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Intervista e recensione di Renzo Montagnoli a Maria Carmen Lama, autrice del Saggio letterario Verso la poesia alla ricerca di senso, edito da Aletti.

di Rassegna Stampa

Intervista di Renzo Montagnoli a Maria Carmen Lama, autrice del Saggio letterario Verso la poesia alla ricerca di senso, edito da Aletti


D: Sono sincero: prima di aprire questo libro ho avuto il sospetto che si potesse trattare di un’opera con intenti velleitari, data la complessità dell’argomento trattato. Poi, invece, pagina dopo pagina mi sono accorto della razionalità dell’impianto, congiunta a un linguaggio espositivo per nulla difficile a comprendersi, così che questo testo, oltre a rappresentare un’indubbia utilità per i profani che intendono accostarsi alla poesia come lettori o anche autori, è anche un valido supporto a chi da tempo si cimenta in questa non certo facile arte. Non è certamente un prontuario di pronto riferimento, ma si pongono domande a cui vengono date risposte esaurienti e comunque accessibili. Com’è nata l’idea di quest’opera, la cui gestazione e stesura ritengo non sia stata breve?

R: Con altrettanta sincerità, comincio col dire che questo libro s’è fatto quasi da sé, e uno degli intenti che mi sono proposta mentre procedevo alla “composizione” del testo è stato quello di apprendere, io stessa, qualcosa di importante sull’arte poetica, in maniera più ordinata e sistematica di quanto già non fossero le mie conoscenze al riguardo.
Mi premeva avere delle conoscenze, per così dire “storiche”, sui percorsi poetici nel tempo, e a questo proposito pensavo che mi potessero dare un serio contributo i poeti affermati, quelli che sono considerati “grandi” e che hanno avuto molto spazio nella critica letteraria. Ovviamente ho dovuto fare una selezione accurata, perché ci sarebbe stato altrimenti di che scoraggiarsi e perdersi e, per la scelta, ho seguito dei criteri che mi facilitassero in qualche modo il compito arduo che mi sono data. Ma l’“idea-prima”, che ha dato inizio a tutto il lavoro, è nata dal desiderio di divulgare delle poesie di autori contemporanei, accompagnandole da mie interpretazioni critiche, per renderle fruibili al maggior numero possibile di potenziali lettori.

D: Nel libro hai evidenziato due date, o punti se vogliamo, importanti nell’evoluzione della poesia. Infatti, è all’incirca del 15 a.C. l’Ars poetica di Orazio, un vero e proprio testo di teoria letteraria, ed è invece del 1761 il Discorso sopra la poesia, di Giuseppe Parini. Mi è più comprensibile la prima data, in quanto gli esametri di Orazio sono un vero e proprio Saggio in ordine a come era concepita la poesia in epoca romana, una forma espressiva ben consolidata che aveva raggiunto i suoi più alti livelli con Publio Virgilio Marone (Eneide, Bucoliche, Georgiche). Il saltare, però, d’emblée alla metà del XVIII secolo, forse frutto di un intento volto a non espandere ulteriormente le pagine del libro, priva il lettore di due importanti innovazioni poetiche intervenute nel frattempo e che influenzarono, e continuano a farlo, i componimenti successivi: mi riferisco alla ballata medioevale e al canto, o meglio ai canti, della Divina Commedia. Poiché nulla s’inventa di radicalmente nuovo, in verità qualche traccia della prima la troviamo già nei poemi omerici, così come canti sono gli stessi e le opere del già citato Virgilio, pur se con forme metriche diverse. Il mio non vuole essere un appunto, né un richiamo, bensì il desiderio di un collegamento fra due epoche in cui concettualmente e stilisticamente l’ars poetica era intesa in modo diseguale, benché, e lo ripeto, anche oggi scriviamo, magari inconsapevolmente, ricorrendo agli insegnamenti del passato. Ritengo, invece, che, fra le due date che hai scelto, la seconda sia importante perché costituisce una cesura, quasi un taglio netto fra il classicismo in tutti sensi che aveva imperato e le nuove aperture frutto dell’illuminismo, che porteranno a forme diverse, a interpretazioni pure differenti e soprattutto a tematiche inconsuete.
È corretta quest’ultima mia interpretazione?

R: Il passaggio dall’Ars poetica di Orazio del 15. a.C. direttamente al Discorso sopra la poesia, del Parini, del 1761, non è tanto dovuto al non voler espandere il contenuto del libro, quanto a rimarcare delle cesure nette con i modi di intendere l’arte poetica, dopo quell’opera di Orazio che ne dava i fondamenti in maniera ordinata e sapiente, e che era stata presa a riferimento indiscusso per molti secoli.
Gli autori che hai citato, a cui non so perché aggiungerei anche il Petrarca, hanno certamente grandissimi meriti, e mi ero inizialmente posta il problema se parlarne o no, ma poi è prevalsa l’idea che per molti aspetti la loro poesia è ancorata al riferimento oraziano, non fosse altro che per la metrica (v. in particolare gli endecasillabi di tutta la Divina Commedia) e inoltre sono poeti così famosi che avrei rischiato di scrivere cose risapute e ripetitive.
Dal Parini in poi, invece, come hai ben detto, si nota proprio quella cesura tra classicismo e illuminismo, che ho voluto evidenziare già a partire dalla sua stessa poetica, e nell’excursus storico successivo ho preso a riferimento quei poeti che non solo sono ritenuti innovatori dell’arte poetica, ma ne hanno anche una così forte consapevolezza da cercare di definirla e forse anche di giustificarne la novità.

D: Concordo, anche per l’aggiunta di Petrarca. Nel Saggio non potevano mancare le svariate definizioni di poesia, per opera di saggisti, di autori famosi, mai eguali, anche concettualmente, anche se tutte sembrano concordare con la capacità di trasmettere un’emozione che va oltre la semplice bellezza estetica del testo. In proposito ne hai citato una che già conoscevo, ma che mi trova del tutto consenziente. Mi riferisco a quella di Tommaso Ceva, un gesuita milanese, letterato e matematico al servizio del duca di Mantova. Secondo lui “la poesia è un sogno fatto alla presenza della ragione”. Devo ammettere che è una definizione che di per se stessa suscita un’onda emozionale, ma non nego, anzi confermo che alla base c’è un fondamento logico, con quel concetto di razionalità espositiva di qualche cosa che nasce nel più profondo del poeta e che da sentimento, istinto, si trasforma in opera d’arte.
Secondo te, che cos’è la poesia? Insomma, mi sembra giusto che anche chi ha scritto questo Saggio si esprima in proposito.

R: Potrei rispondere brevemente di non ritenere di avere l’autorevolezza di un vero poeta per esprimere la mia opinione in merito alla tua ardua domanda: Che cos’è la poesia?. Ma sarebbe una risposta tendente ad evadere da una sorta di responsabilità che in qualche modo mi sono assunta scrivendo questo Saggio sulla poesia. Siccome quest’opera è nata da una forte esigenza mia di capire cosa fosse davvero una poesia degna di tale nome, devo dire che forse, più o meno inconsapevolmente, sono andata alla ricerca di quegli autori che potessero confermare l’idea che già in nuce possedevo.
Non per niente, in tutto il libro cerco di sostenere la tesi che la poesia deve essere comprensibile e, non prescindendo da alcuni aspetti essenziali che fanno di alcuni versi un componimento poetico (musicalità e sonorità del linguaggio, armonia, lessico poetico-seduttivo-evocativo, metafore…), la poesia deve far vibrare l’anima, deve trasportare nel mondo emozionale del poeta, intendendo questo mondo in senso molto ampio, nel quale hanno posto non solo le emozioni di malinconia, tristezza, nostalgia, dolore, ma anche la gioia, lo sdegno, l’ira, l’invettiva sociale, ed anche il divertimento, il gioco, la ricerca dell’essenza delle cose, ecc… ecc…
La poesia non deve però mancare di razionalità, di logica, come sostiene il poeta Fortini capovolgendo la definizione del Ceva. Questo aspetto è per me fondamentale e mi fa apprezzare maggiormente le poesie che hanno uno spessore esistenziale profondo, che non mi lasciano in superficie, ma mi fanno scendere consciamente nell’inconscio, mi proiettano nell’interiorità mia, dopo che in quella del poeta, e danno corpo a qualcosa che appartiene all’anima umana universale. Le poesie un po’ filosofiche, insomma. Che non vuol dire affatto poesie difficili, bensì poesie profonde, poesie per riflettere.
Ma con quanto detto fin qui, non ritengo esauriente la risposta, ed è per questo che ho scritto il Saggio, per poterne parlare più diffusamente analizzando da più prospettive il problema. Che però non ha una soluzione una volta per tutte, sia chiaro!

D: Quest’esigenza di una razionalità alla base della poesia deve essere stata particolarmente avvertita, perché nel Saggio c’è addirittura un capitolo dedicato alla poesia e alla filosofia, con opportuni paragrafi dove si scrive di poesia e, rispettivamente, di pensiero metafisico, pensiero filosofico, etica e mistica.
In buona sostanza penso che per te, ma non solo per te, perché anch’io concordo, la poesia debba avere fra i suoi requisiti essenziali una ricerca filosofica, non importa di che tipo, perché in fondo ognuno di noi, magari inconsapevolmente, si pone tante domande sull’esistenza, e magari c’è chi scava più a fondo dentro se stesso e ciò che ne scaturisce è una visione personale, sovente anche una sorpresa per l’interessato, che, messa in versi, non ha nulla da invidiare a pensieri enunciati da grandi filosofi.
È questa una poesia di sostanza, e non solo di forma, è ciò che può riuscire essere piacevole da leggere, segnando, scolpendo l’animo di chi scorre quei versi, insomma l’opportunità di accrescere la propria conoscenza e la propria consapevolezza. Non a caso i maggiori autori hanno questa capacità e infatti ne parli nella parte II, in cui figurano poeti di epoche non omogenee e anche di scuole di pensiero, se così possono essere definite, diverse.
Fra questi c’è Mario Luzi, già da te più volte citato nelle pagine precedenti del Saggio, e allora ti chiedo: che cosa ha per te di particolare questo autore per essere considerato uno dei più grandi della seconda metà del secolo scorso?

R: Sì, una poesia vera non si limita a presentarsi nella sua semplicità e piacevolezza di lettura, ma ha una forma inscindibile dalla sostanza e tale che stimola la riflessione, sfida quasi il lettore, gli impone di fermarsi un attimo a riconsiderare le proprie convinzioni, gli offre nuovi stimoli culturali, nuova conoscenza, lo mette in condizione di porsi delle domande. Non voglio dire che la poesia debba essere come una nuova disciplina, al pari della filosofia, ad esempio, ma non deve essere mai banale e, pur utilizzando un lessico familiare, comune, questo deve dare almeno un senso nuovo alla realtà di cui si parla.
Mi chiedi cosa ha di particolare M. Luzi, per me, per considerarlo uno dei più grandi poeti del ’900 e mi pare di aver già in parte risposto con quanto appena detto, ma aggiungo che è unanimemente considerato tale (e io semplicemente condivido), perché ha occupato tutto il secolo con la sua opera, che non è solo poetica, ma anche letteraria, saggistica, didattica.
Ed inoltre è uno di quei poeti che si leggono se si ama la poesia e si vuole capire.
Una nota molto personale al riguardo è che prima di leggere le sue poesie ero convinta che fosse molto difficile entrare nel suo universo poetico e invece ho trovato un poeta, un uomo, e un filosofo insieme.
Il suo stile, molto personale, mi ha affascinato: è un continuo porsi domande che di riflesso rimbalzano sul lettore e questa sua caratteristica non l’ho trovata in altri poeti pur importanti.
Il fatto che mi sia poi dilettata a leggere alcuni suoi scritti in forma di saggi brevi, me lo ha fatto apprezzare ancora di più, perché ho compreso meglio il suo pensiero e mi ha dato la consapevolezza che ad essere poeti non ci si riesce soltanto perché si ha una capacità quasi naturale di scrivere in versi, trasfigurando un po’ la realtà, ma bisogna avere una conoscenza molto ampia, non solo a livello di contenuti culturali, ma anche a livello di tecniche e di regole di composizione. In questa affermazione mi trovo in sintonia con R. Queneau, che cito a questo proposito nel Saggio e qui un po’ a memoria…: il poeta che scrive quel che gli passa per la testa non è libero, ma schiavo di un certo numero di regole formali che non conosce.
Insomma, Luzi è un grandissimo poeta perché lo è a tutto tondo e perché la sua poesia è stata una continua ricerca ed egli vero uomo prima che poeta e filosofo.

D: Si potrebbe anche dire che Luzi sa quello che scrive, nel senso che il tutto è frutto di un’elaborazione, inconscia peraltro, di riflessioni, queste sì consapevoli e che hanno disegnato un solco ben preciso, per non dire un itinerario, nella sua vita.
Nel leggere questa parte II, dove figurano autori come Neruda, Montale e appunto Luzi mi sono chiesto il perché dell’assenza di Ungaretti, che è poi il capostipite di quella corrente letteraria definita ermetismo e che lui ha rivelato essere nata in trincea, durante la Grande Guerra, più come esigenza pratica che culturale. Ovvio, poi, che l’ermetismo ha avuto sviluppi diversi da quelli che sono stati legati a una necessità di concentrare concetti ed espressioni, ma resta il fatto che Ungaretti ha influenzato tutto il XX secolo e che i suoi versi lo hanno accompagnato in un lungo arco di tempo.
Allora ti chiedo: perché non dedicare anche poche pagine a questo grande poeta?

R: Mi aspettavo questa domanda. Con tutta sincerità, devo dire che la poetica ungarettiana, per quanto abbia influenzato i poeti del secondo novecento, mi ha tenuta lontana (per questo Saggio) soprattutto per i temi trattati, ma anche per altri motivi che espliciterò. Ho scelto di proposito M. Luzi, come rappresentante dell’ermetismo, perché in lui ho trovato un’evoluzione maggiore e consapevole verso forme poetiche anche di carattere quasi descrittivo, soprattutto nelle fasi più avanzate della sua scrittura poetica.
Ungaretti è un poeta che amo moltissimo, ma in questa mia opera ne ho fatto solo due cenni veloci quando mi serviva per rafforzare delle affermazioni. Non ho ritenuto di dargli maggiore spazio anche per un altro motivo, che risponde a uno dei criteri di scelta che mi ero prefissata, e cioè una certa sintonia con il mio modo di intendere l’arte poetica ed anche una qualche affinità con i poeti contemporanei a cui ho dedicato spazio nell’ultima sezione del libro: sintonia e affinità che sarebbero state un po’ forzate.
E un ultimo freno, decisivo, non in favore di Ungaretti, mi è venuto dal confronto tra l’umiltà naturale di Mario Luzi e la troppa sicurezza di sé, che mi pareva coincidesse con una sorta di orgoglio quasi sprezzante, del poeta Ungaretti. Che, peraltro, riprendeva nei suoi versi un po’ della poesia pura, simbolista, per i suoi molti contatti anche con la poesia francese.

D: D’accordo e passiamo al capitolo conclusivo, quello relativo agli autori contemporanei, alle loro poesie, ai commenti alle stesse, cioè alla loro interpretazione. Si tratta di artisti certamente assai meno conosciuti e di livello inferiore rispetto a dei veri maestri come Luzi, Quasimodo, Montale, tanto per fare tre nomi di riferimento. Quali sono stati i tuoi criteri di scelta, in pratica perché hai preso questi nomi?

R: A dire il vero l’ideazione del libro è cominciata proprio dal desiderio di dare visibilità ai poeti contemporanei. Perché ho scelto proprio questi nomi? Perché mi piacevano (e mi piacciono) molto le loro poesie e mi ero già impegnata a darne delle interpretazioni, attraverso il sito www.poetare.it sul quale le avevo scoperte. Mi sembrava bello poter divulgare queste poesie perché come avevano dato piacere a me, nel leggerle e rileggerle e commentarle, potessero dare piacere anche ad altri lettori che non frequentano siti ma più tradizionalmente leggono libri.
La scelta iniziale è stata, credo, dettata sempre dal criterio della sintonia (di cui inizialmente non ero neppure consapevole: mi piacevano e basta).
Avere già pronto del materiale interessante mi ha poi dato la spinta per iniziare questa avventura.
Ma scrivere un libro composto solo da una parte in forma antologica, pur arricchita da interpretazioni critiche, non sarebbe stato forse molto significativo, perché i poeti presenti ora su questo mio Saggio avevano già per conto loro pubblicato delle sillogi o stavano per farlo.
Quel di più che ho voluto dare con questa pubblicazione, in forma di Saggio e antologica insieme, spero valorizzi maggiormente le loro opere.
E, se posso, vorrei approfittare di questo tuo spazio, per dire ancora una volta grazie agli amici poeti, perché a partire dalla conoscenza delle loro opere sono stata stimolata ad impelagarmi in una ricerca che mi ha dato molta soddisfazione per quanto ho appreso durante i tre anni circa di elaborazione di tutto il testo.
Che poi questi poeti contemporanei siano meno conosciuti e di livello inferiore rispetto a dei veri “maestri” (quali quelli da te citati) è tutto da vedere: saranno i lettori a dirlo ed anche il tempo.

D: Saranno i lettori a dirlo e anche il tempo… Aggiungo, magari! Non tanto per me, ma anche per altri che ho trovato in rete e che, a mio avviso, meritano. Purtroppo, la poesia, già poco diffusa fra i lettori in passato, oggi è negletta, anche perché nelle ottiche commerciali è poco appetibile. Il livello culturale medio si sta abbassando, la gente legge, forse non meno, ma certamente legge peggio, e quindi la poesia è di fatto emarginata ed è opportuno pertanto ringraziare internet con i siti dedicati, fra i quali “Poetare” da te citato, perché solo in questo modo è possibile leggere poesie, in verità non sempre buone, anzi in larga parte mediocri, ma nel marasma ce ne sono di veramente eccellenti. Tu hai insegnato e mi sembra che se la scuola abituasse gli studenti a leggere libri, ricomprendendo fra questi anche quelli di poesia, le cose potrebbero andar meglio. Per esperienza ti dico che ci sono insegnanti che si impegnano, che consigliano, che spiegano, ma ce ne sono non pochi, anzi molti, che sono dei semplici burocrati dei programmi ministeriali. È gente che compie il suo dovere, ma senza passione, o anche senza particolare attitudine per la poesia. Ce n’erano ai miei tempi e ce ne sono anche oggi e quindi dovrebbero essere inseriti nei programmi ministeriali lo studio analitico dei testi poetici, l’insegnamento di come si scrive una poesia, che cosa in effetti sia, insomma un po’ quello che tu hai fatto con questo Saggio.
Concordi?

R: Hai ragione, Renzo, oggi si legge poco (e questa forse non è una novità), ma si legge soprattutto male; le stesse scelte editoriali guardano sempre più alla possibile diffusione di certi testi con scarso o addirittura senza alcun valore letterario pur di vendere, e la poesia è quasi del tutto dimenticata, tranne da pochi che ne sono veri cultori. Ed è anche vero che la maggior parte delle poesie che si leggono in rete non sono di buon livello o non dovrebbero neppure dirsi poesie, l’eccellenza è davvero rara.
Per questo mi pregio di avere fatto delle ottime scelte fra i poeti del sito Poetare e di aver loro dato posto in un Saggio sulla Poesia che, per quanto possa avere dei limiti in quanto scritto da inesperta che voleva apprendere, pure credo possa avere una buona diffusione almeno tra i pochi veri appassionati della difficile ma affascinante arte poetica.
La soddisfazione maggiore che mi ha dato scrivere questo testo è stata l’avere scoperto dei veri gioielli di scritti sulla poesia, tra i quali soprattutto il Discorso di un italiano sopra la poesia romantica, del Leopardi. Poiché il Leopardi è stato uno dei poeti che ho amato di più nel periodo adolescenziale, mi è sembrato che il non aver avuto a scuola l’opportunità di approfondire questo importantissimo documento (nonché di averne avuto almeno conoscenza) sia stata una mancanza quasi offensiva, non solo per l’autore ma anche per me e per gli studenti in generale, come se ci avessero defraudato di qualcosa che ci spettava di diritto.
È ben vero che a scuola non c’è tempo per tutto, ma alla poesia si dedica davvero troppo poco tempo, non le si dà l’importanza che meriterebbe nella formazione dei giovani, non si motivano i ragazzi a capirne i fondamenti e le ragioni che fanno di quest’arte uno strumento di libertà di espressione e quindi di democrazia. Non si abituano i ragazzi a cogliere il valore estetico dei componimenti poetici, dei quali invece si danno spiegazioni riguardo ai contenuti e alle figure retoriche, alla metrica, ma senza un vero e proprio approfondimento e direi quasi senza quella passione che dal docente dovrebbe potersi trasferire nell’animo di ogni discente. Sarebbe un aprire nuovi orizzonti per chi in quest’arte volesse poi entrare da protagonista. Ma tant’è! Chi ha un animo poetico prima o poi lo fa emergere ugualmente.
D: Hai intitolato il tuo Saggio “Verso la poesia alla ricerca di senso”. L’hai trovato e ti chiedo pertanto di esporlo in poche chiare parole.

R: Il titolo vuole riassumere le due parti di cui si compone il Saggio:
- Verso la poesia, introduce la parte di indagine culturale, con quell’excursus storico di cui dicevo più sopra, sulle diverse dichiarazioni di poetica dei poeti più significativi e innovatori.
- Alla ricerca del senso, introduce la parte antologica del testo, con poesie di autori dell’’800/’900 e di autori contemporanei, tutte interpretate da miei commenti critici.

Se intendevi chiedermi di esplicitare in poche chiare parole il senso della poesia che avrei trovato, preciso che per le poesie commentate il senso mi è giunto attraverso lo scandaglio fine che ho utilizzato, mentre il “senso generale” della POESIA lo colgo ogni volta che una poesia mi sfida: è come se mi si chiedesse di pensare con la testa del poeta e, quanto più difficile mi appare a prima vista il compito, tanto più mi sento stimolata ad esercitare la mia mente. Un po’ come Valery, un altro dei poeti-filosofi difficili ma molto interessanti che ho potuto approfondire in questo lavoro, il quale sosteneva che sia la filosofia sia la poesia possono essere considerate alla stregua di strumenti di indagine del funzionamento della propria mente, anche se per aspetti diversi.
Inoltre, come ho già detto, trovo che la libertà espressiva del poeta sia di per sé un valore e quindi anche in questo collocherei il senso più alto del fare Poesia. Con in più la possibilità, da non sottovalutare, di entrare nell’animo umano e di arricchirsi di nuove conoscenze.

Ti ringrazio per questa intervista veramente piacevole e ti saluto con l’augurio che questo tuo libro possa essere letto da quanta più gente possibile, perché lo merita senza ombra di dubbio.

Verso la poesia alla ricerca di senso
di Maria Carmen Lama
Aletti Editore
www.alettieditore.it
Saggio letterario
Collana Saggistica
Pagg. 296
ISBN 9788864984452
Prezzo € 18,50



Un saggio per neofiti e per esperti



Poesia, un vocabolo di sei lettere che affascina o spaventa, affascina perché la lettura di molte liriche ingenera un’emozione difficilmente dimenticabile, accompagnata spesso da una o più riflessioni che ci rendono consapevoli di aver acquisito qualche cosa di nuovo, di aver accresciuto il nostro livello culturale; spaventa perché molti temono la difficoltà di comprendere, credono che sia meglio leggere qualche cosa di frivolo e di facile, per non affaticare il cervello, e così ignorano gli ampi spazi che a loro può aprire la poesia. A questi ultimi dico che ciò che li tiene lontani dall’espressione poetica è il timore del nuovo, è la difficoltà di capire che cosa sia la poesia e che cosa rappresenti. Spesso ciò è frutto di una preparazione incompleta, di studi normali frettolosi, di insegnanti di lettere che non hanno saputo o non hanno voluto impegnarsi per rendere fruibile una forma espressiva di rara efficacia e bellezza, talmente innata nell’uomo, da rappresentare il primo modo di trasmissione di storie, di stati d’animo, di riflessioni, ancor prima addirittura che venisse inventata la scrittura.
Se quanto ho scritto ha valenza per i lettori, ancor di più ne ha per gli scrittori, cioè per chi aspira a comporre poesie.
Tuttavia, con un po’ di buona volontà e ricorrendo a un aiuto esterno queste difficoltà non sono insormontabili, e sono convinto che chi leggerà questo Saggio di Maria Carmen Lama ne trarrà di sicuro giovamento, sia che si tratti di neofiti, sia di autori che già si dilettano a scrivere poesie.
L’autrice, dopo un lungo tempo di preparazione, è riuscita a predisporre un elaborato secondo uno schema logico e, quel che più conta, adeguatamente esauriente e chiaro, una facilità di accesso che consente anche a chi è digiuno della materia di farsi un’idea piuttosto completa, così da poter intraprendere meglio e più sicuramente il processo di avvicinamento alla poesia.
Suddiviso in due grandi parti, alla prima è riservato il compito di evidenziare il diverso modo di poetare, con un’analisi della famosa Ars poetica di Orazio (all’incirca 15 a.C.) e del Discorso sopra la poesia di Giuseppe Parini (1761), quest’ultimo una vera separazione netta dal precedente sul modo di come fare poesia; né potevano mancare definizioni della poesia, quanto mai variegate e differenti, a seconda delle epoche storico-letterarie e di chi le ha redatte. Così accanto a quella di Tommaso Ceva (la poesia è un sogno fatto alla presenza della ragione), assai d’effetto, figura quella del poeta Franco Fortini, meno onirica e più salda, che richiama anche un’imprescindibile esigenza di logica, cioè il testo deve essere tale da costituire un profondo studio esistenziale.
In questa parte figurano pure le opinioni al riguardo della Cvetaeva, di Carducci, di Pascoli, di Saba, di Montale e di Mario Luzi, e poiché la poesia è anche pensiero sono presenti pagine sulle correlazioni fra questa e la filosofia, l’etica e la mistica.
La seconda parte è riservata alle poesie di autori del XIX secolo e del XX secolo, nonché a quelle di contemporanei; risultano così interessanti analisi interpretative dei testi di alcuni poeti, fra i quali figurano Emily Dickinson, Mario Luzi, Eugenio Montale, Pablo Neruda e Antonia Pozzi.
Quanto ai contemporanei si tratta di nomi meno noti, ma che hanno destato interesse nell’autrice, per l’originalità dei loro testi e per lo stile peculiare di ognuno di loro.
Fra l’altro, il bello di questo libro è che le pagine scorrono veloci, salvo soffermarsi di tanto in tanto su qualche punto meritevole della massima attenzione e che quindi induce a riflessioni e confronti, un modo assolutamente piacevole per arricchire il proprio substrato culturale, foriero peraltro di nuove idee per chi scrive e di un accresciuto interesse per chi intende accostarsi a questa importante arte, prima sempre come lettore e poi, magari, anche come autore.
Direi che più di così non si può pretendere.

(RENZO MONTAGNOLI)


Maria Carmen Lama è nata in provincia di Messina il 20.11.’49. Vissuta a Capo d’Orlando fino all’età di vent’anni, nel 1970 si è trasferita per lavoro a Milano, dove si è laureata in Filosofia, e dal ’77 vive in provincia di Lecco.
Ha svolto attività di insegnamento e poi di Dirigente scolastica in Istituti comprensivi e al Liceo Artistico lecchese.
Ha tenuto corsi di formazione per docenti e genitori e ha pubblicato articoli di carattere pedagogico e culturale su riviste professionali per docenti e dirigenti, con gli editori Maggioli, Fabbri, Edizioni Didattiche Gulliver.
Ha prevalenti interessi letterari e in ambito filosofico e psicologico. Scrive recensioni, che pubblica su diversi siti web, relative a testi di vario genere, a romanzi coinvolgenti a livello emotivo e a libri di poesie. Scrive anche poesie e ama approfondire la conoscenza delle produzioni poetiche dei grandi del passato. Ha iniziato da pochi anni a entrare nel mondo poetico attuale, anche attraverso la consultazione di siti web dove le scelte risultano essere traboccanti, ma non sempre adeguate all’idea di poesia come vera e propria arte destinata a pochi ed eletti adepti. Con l’Editore Aletti ha pubblicato nel 2010 la silloge Prigioniere del silenzio.






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