| LA VIA DEL TEMPO di Mimmo Martorana, ALETTI EDITORE, maggio 2010
Una veste grafica elegante, semplice, pulita. E, sul retro di copertina, la prima “affermazione” forte che crea interrogativi e chederebbe risposte. Una nota biografica brevissima che si conclude così: “ E’ la seconda silloge e l’ultima”. L’ultima in ordine di tempo? L’ultima per scelta definitiva? Quasi che in questo mondo, così pacchiano e caotico, la poesia non abbia più senso, non trovi più spazi? L’ultima per qualche oscura ragione non dichiarata al lettore? Fatto sta che la frase colpisce e trovandosi di fronte ad una poesia come quella di Mimmo Martorana, vien subito da dire … è un peccato che sia l’ ultima.
La seconda impressione che immediatamente coglie il lettore è una scrittura asciutta, essenziale, che non indulge mai a nessun eccesso, che non ha cadute retoriche. Che non vuole essere “ruffiana”, come quella di tanta poesia autocelebrativa. Che insegue quasi il filo della ragione, intriso in un inchiostro di coscienza e verità. Scrittura della concretezza della vita. Senza ipocrisie. Netta, rigorosa e molto personale. E proprio per questo, in grado di creare un rapporto diretto, immediato, penetrante, sincero con chi, come me, con estrema delicatezza, si appresta a entrare nel suo universo poetico. Che mai come in questo caso è un caleidoscopio anche umano e sociale, oltre che interiore. Forse, persino sottilmente filosofico e carico di simboli.
Il tema, già dichiarato nel titolo, è quello di un percorso nel tempo. Tempo fisico e tempo storico, tempo passato e tempo presente. Forse anche un possibile tempo futuro? Io credo di sì. Il futuro sarà ancora e sempre un movimento dinamico del cuore e della mente. Il poeta, con coraggio e stupore, si guarderà sempre intorno, alla ricerca di quei lampi che possono rompere il ritmo consueto, banale e non sempre idilliaco delle cose. Questo viaggio di Mimmo non è un viaggio di prima classe, ma un viaggio estremo, con uno zaino sulle spalle. Ecco, si snoda senza limiti e senza coordinate certe, parte dal ricordo e, attraverso mari, guerre, grovigli, soste e infinite diramazioni, giunge ad un altro viaggio ... quasi che la via del tempo sia infinita ed ogni punto possa essere l’inizio di nuove scoperte, riflessioni, camminamenti.
Nella sezione RICORDARE, viva è l’immagine della sua terra (da cui l’autore vive lontano), un angolo di Sicilia pennellato senza oleografie, Randazzo, dove il mondo è qui, inizia e finisce, dove E’ rimasto cosa? Greci, latini/ lombardi coi siculi, del vivere/ insieme, ora con cinesi, indiani,/nord africani.
Si fa subito strada l’ identità di un mondo multietnico, dove le mescolanze tra le diversità creano nuovi assetti sociali, culturali ed umani. Ma dove in pochi hanno colto l’importanza dei cenacoli della fratellanza/ e dell’amore. Cenacoli di difficile convivenza, dove per stare insieme in modo armonioso, dovrebbero trionfare lo spirito di tolleranza e il rispetto tra le genti.
Le immagini e i luoghi della mente si susseguono con un ritmo che non ansima, il viaggio ha la dimensione di quello che ogni uomo può percorrere nel momento in cui si ferma a guardare il proprio vissuto ma sempre in rapporto al percorso dell’umanità intera. Viaggio solitario eppure in compagnia, pensieroso ma aperto, sempre verso nuovi cieli su cui fermare lo sguardo.
Attraversa luoghi amati, volti cari di amici, ritrova sapori prelibati ed inconsueti, come quello dolce della malvasia accompagnato dal salato dei capperi, sale che per Mimmo rappresenta il gusto stesso della vita.
Tocca temi ambientali con assoluta sintesi e dichiarate convinzioni nel testo “UN PONTE SULLO STRETTO”: Quale ambiente? Quale natura?/Potrà rimanere inalterata/al cemento? …I siciliani saranno continentali?
Il tracciato di Mimmo Martorana è determinato e non indulge mai a sentimentalismi, caso mai esprime sentimenti forti, ma con mano sempre ferma e scrittura a tratti scabra, su cui arrampicarsi come su una rupe o in cui navigare con destrezza per coglierne ogni sfumatura. Una scrittura che spesso spezza il verso con l’enjambement e, dunque, spiazza continuamente il lettore.
Il mito, altro affascinante tema del viaggio, è qui rappreso in un groviglio enigmatico e compresso, che si mescola alla storia umana e ne suggerisce sensi e dissensi. Personaggi emblematici, come quelli di Medea, Edipo, Antigone si fanno simboli del perenne dubbio e dell’incessante vagabondare dell’uomo, stemperato in un lieve sorriso sul vivere quotidiano : Ridere ridere ridere/ Dell’ autobus perduto,/ del treno che non è/ passato, dell’ amore/ andato via, di me/ di cui non è rimasto niente. Versi bellissimi, metafore delle occasioni perdute, degli amori volati via, di viaggi incompiuti, dell’apparente nulla a cui spesso il tempo conduce, ma anche della consapevolezza che quando la parola/ è semplice, allora/ raggiunge il cuore. E l’uomo … rinasce. Trovo che in questi versi sia concentrato il significato, il nucleo centrale di questa bella raccolta.
L’uomo rinasce a dispetto del tempo, per rinnovarsi e rimettersi sempre in gioco, sempre in cammino. Rinasce nonostante tutte le guerre, si ricompone anche quando è diviso (Mentre tutto diventa una follia,/ e l’ uomo ne è la causa,/ ricomporsi nel sé, nel noi,/ rimane solo per pochi?). E’ bellissimo quel NOI, in un mondo in cui non si è più capaci di vera solidarietà, in cui tutte le guerre, quelle che affliggono l’umanità e quelle più subdole del nostro quotidiano, restano irrisolte. Questo “ricomporsi” resta privilegio di chi ha la sensibilità per capire il corso della storia, sia quella personale che collettiva. Di chi conosce il valore di quel NOI. E Mimmo è certamente tra questi.
La sezione finale, che rappresenta quasi un principio rigenerativo, LE VOYAGE, accenna, forse, ad un soggiorno francese. I testi stessi sono presentati in doppia lingua. E’ la parte più intima del percorso, in cui umori, sensazioni, pensieri, sono espressi con maggiore introspezione ed hanno impennate di una calma rarefatta, di silenzi, di paesaggi, dove tornano personaggi e voci lontane, interrogativi e suggestioni da dipanare, avvolte come sono in un gomitolo introverso di emozioni: Cosa è la vita,/ quando si assopisce; senza/ comprenderla, senza/rincorrerla, senza/condurla, senza/ cullarla./ Penna scrive la poesia della leggerezza. La vita, dunque va risvegliata, va compresa, va rincorsa, va condotta, va cullata ... va amata. L’ultimo verso di questa poesia è esso stesso interrogativo. E’ la penna che scrive la poesia della leggerezza o il riferimento è a Sandro Penna, uno dei poeti, a mio avviso, più grandi del nostro novecento?
Enigmatico e dichiarato, di poche parole e di molte riflessioni, Mimmo Martorana è un poeta che avvince. Anche quando ci dice che una volta arrivati, non si è/ giunti alla meta, raggiunto il nuovo mondo, si rimane sospesi. Una sospensione di tempo, spazio e luogo, che richiama l’esergo iniziale di Eliot: “… torno al luogo da dove sono partito/ e conosco il luogo per la prima volta”.
La condizione ideale del viaggiatore instancabile, del viaggiatore della vita, è proprio quella del non riconoscere i luoghi consueti. Di tornare sui propri passi e riscoprire quello che, per distrazione, non aveva mai fotografato prima. Di cercare all’interno di quei luoghi sempre nuove emozioni, di non riconoscerli perché a volte, sono mutati, e ripartire dal loro centro, riesplorandoli con rinnovata curiosità. Perché raggiungere davvero la meta significa non aver colto l’ essenza e la bellezza dello stesso infinito viaggio: nel raggiungere la meta/l’uomo si è spogliato/della solitudine/ e dai vizi … ma ha anche mescolato la vanità con se stesso.
Non c’è vanità, in questo viaggio di Mimmo Martorana, che attraversa il tempo con l’incantata consapevolezza che una vera meta non sarà mai raggiungibile. Che non esiste destinazione certa. Perché la vita spesso è un percorso inconoscibile che va vissuto e rivissuto seguendo due bussole imprescindibili, quella del cuore e quella dell’impegno.
Mariapia Giulivo
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