| Ho avuto il piacere di leggere una bella raccolta poetica di Simone Consorti dal titolo “Perché ho smesso di scriverti versi” edito da Aletti editore. Si tratta di un volume diviso in tre sezioni dal titolo rispettivamente “Armi da difesa”, “Perché ho smesso di scriverti versi”, e “La realtà va e viene”. Inoltre due interventi post-fattivi di Stefano Petrocchi e Marco Mantello chiudono il lavoro di questo poeta. Parliamo di una dimensione lirica dove è possibile solo stabilire i punti di partenza dell’incedere per versi, e non la meta che le parole e il ritmo di questo lavoro possono indicare al lettore. Pare che nella maggior parte di questi componimenti non ci sia nessun altro desiderio che quello di scovare in maniera indagativa le zone d’ombra non solo dei rapporti amorosi, ma di tutto quello che comporta come loro intera proposta fenomenica: dall’idea del corteggiamento, a quella della spasmodica, anzi in questo caso direi nevrotica, ricerca di un ancestrale “io/tu” che incorpori e inglobi stabilmente l’archetipo romantico e forse un po’ decadente dell’ “altra metà del cielo”. Simone Consorti non parla di lotta sociale, e se lo fa si permette questo “lusso” –soprattutto nella seconda sezione del libro - con grande eleganza e acidula ironia e sarcasmo (un po’ con un risus sardonicus alla Stirner). Egli cerca di creare a mio avviso un dialogo con un specie di avatar/alter ego femminile, fortemente voluto come rapporto che lo salva dall’immiserirsi nella quotidianità che squalifica slanci e disperde energie. Sovente nella scrittura di Consorti, mi riferisco sempre nello specifico a questa prodotto editoriale di Aletti, amarezza e forza rivendicano attraverso il forte gesto semantico della rima più volte utilizzata dal “nostro” come risoluzione formale idonea all’impianto complessivo dell’opera, il diritto alla dimensione intimistica. E vengono seguiti allora alcuni sentieri dove al poesia di quest’autore conosce amore e dolore all'interno di istanti che a volte appaiono magici, a volte appaiono incantevoli, a volte appaiono meschini e ipocriti e a volte appaiono … e basta!. Con “Perchè ho smesso di scriverti versi” siamo di fronte alla prova provata di un’espressione pura, ovvero la poesia esprime se stessa in una dimensione di amore/odio nei confronti della realtà, e soprattutto diventa canto avvelenato attraverso la voce di un Io poetico forte e solenne che punta il dito verso tutte quelle bassezze, tranelli, sublimi malie che solo il seducente universo donna è in grado di generare. Simone Consorti è poeta, fine e originale, in grado di stupire chi avrà il piacere di leggerlo nella rivisitazione dissacrante di celebri versi di Leopardi come di Montale, come nella descrizione di quei momenti topici dell’esistenza di ciascuno di noi, quando viene alla luce l’oggetto del desiderio (la donna sempre, la donna maledettamente…) che ci spinge ad abbandonarci spesso a recriminazioni, sovente a rimpianti, frequentemente a far parlare letti e divani al posto nostro
D’ in sulla vetta d’ una torretta
Visionario, solitario stai
Passero che sogni ben altra vetta
Passero che non ti passerà mai
Di lì vedi dentro una toletta
Una donna che con gesti gai
E’ più di mezz’ ora che si umetta
Mentre in cucina il forno fa guai (…)
http://stefanodonno.blogspot.com/2010/01/perche-non-ho-smesso-di-scriverti-versi.html
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