| Michele Noccelli nasce come poeta a 13 anni.
Cresce, fortunatamente per lui, in condizioni familiari non facili, trovando stimolanti e attraenti al tempo stesso le malattie mentali. Trascorre un’adolescenza sufficientemente spensierata per fargli passare indenne i primi anni di studi. Nel contempo, alla fine del liceo, riflette sui contrasti stridenti dell’istruzione a causa della deficienza del corpo insegnanti e dei pessimi metodi da loro adottati. Divertito, ma nello stesso tempo indifferente a ciò, trae spunto dalle stravaganze di uno di questi lesivi insegnanti per affrontare con impegno i problemi fondamentali della filosofia. Così decide di iscriversi alla Facoltà universitaria di Filosofia dove inizialmente si trova discretamente bene. Tra esperienze formative di diverso genere e febbrili serate in cui assimila e allaccia conoscenze artistiche dal vino facile, comincia pian piano a edificare il suo meraviglioso e infrangibile castello di cristallo.
Abbandona tutto o quasi (sport, alcune amicizie, storielle qua e là) quando, sconfitto dall’inerzia della mediocrità accademica, rinuncia alla puntata finale della Laurea. Trovandosi davanti un muro di gomma, il cui salto gli avrebbe procurato solo sbucciature e lividi, decide consapevolmente e dignitosamente di rifiutare un inutile pezzo di carta che, consegnategli nelle mani da una cricca di imbecilli universitari (soprattutto quelli "estetici"), lo avrebbe fatto vergognare di se stesso.
Così, dopo evasive esperienze di diverso genere, fugge nel mare più lontano dove ritrovare un’oasi di contemplazione ed estasi. Il miraggio, come ulteriore attracco di virtù, gli ridona un po’ di pace negli occhi infinitamente verdi di una ragazza americana. Da questa esperienza vibra di un vento nuovo, ma ricordandosi di indossare ancora lo Stivale, decide di andare scalzo verso il mare e diventare vasto quanto l’America. Qui ogni distesa proietta lo sguardo in una dimensione senza confini, qui i precipizi del Colorado sono dondolii soffici e lievi, qui il sole quando tramonta ti offre una notte deserta e inebriante, qui l’infinità è piena maestà.
In questo arco di tempo, che sembra non passare mai, Michele Noccelli scrive le poesie che poi verranno pubblicate nel 2007 sotto il titolo “Disillusione”.
Come nota di merito, vince per questo volume il premio della critica 2009 del Concorso nazionale di poesia e narrativa “il golfo”. Così, ingolfato, tenta di fare finalmente una vita regolare lavorando presso una Società di beni di consumo e progettando la realizzazione di un film con altri artisti su uno dei suoi soggetti. Nel frattempo trova anche il tempo di ordinare una raccolta di racconti, scritti nell’arco di tempo di 10 anni, dal titolo “Tenebre”.
Con questo volume l’autore si ripromette di regalare al lettore un mondo di solitudini tanto avvincenti quanto evasive, tanto spaventose quanto gustose.
I suoi personaggi sono tracce di una fantasia galoppante e inarrestabile, retaggio di un connubio fantastico tra il romantico e l’orrifico. Quando anche sembra non esserci ombra di umanità o consolazione, il plot regala inaspettatamente quel motivo finale di un significato imploso in profondità che scioglie l’ultimo nodo gordiano.
Le Tenebre sono specchio dell’anima quando questa, finalmente, si specchia in se stessa.
“Sarà notte prima ancora che albeggi l’ultimo tramonto...”
Collana "Gli Emersi - Narrativa"
pp.268 €18,00
ISBN 978-88-7680-962-0
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