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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

LIBRI IN VETRINA - La Poesia come 'Oasi' di Isabella Amico

di Rassegna Stampa

LIBRI IN VETRINA - La Poesia come 'Oasi' di Isabella Amico


Recensione di Carmelo R. Viola


“Oasi./ Persistenti distese di niente.” M’imbatto in questi due versi oracolari leggendo qua e là – prima della dovuta attenta elaborazione – la silloge di una persona, che conosco da anni e che solo ora scopro acuta Autrice di locuzioni liriche taglienti come sferzate sulla pelle che si stria di sangue.
Secondo Fromm l’amore è la risposta all’esistenza: qualunque sentimento, epidermico o affettivo, capace di fondere e di salvarci dalla paura della nostra solitudine, quindi la poesia. Nella parafrasi biosociale ne consegue che la poesia è la risposta all’esistenza, l’altra faccia della scienza. Il sentimento che sostiene ricerca, impegno e sacrificio è esso stesso amore e poesia. Lo stesso vale per la quotidianità, un misto di rinunce, di patemi e di sogni, talora un mare in tempesta dove il solo relitto di salvezza resta il miracolo bifacciale dell’amore e della poesia.
Raramente mi è capitato di essere folgorato da composizioni poetiche, avute con richiesta di quella recensione, che mette in imbarazzo chi è abituato a dire e a scrivere solo ciò che pensa. Per mia fortuna Isabella Amico si raccomanda da sé e per il contenuto e per il modo: uno stile che ne fa una voce unica, con una caratteristica personale di tutto rispetto.
Ecco la viandante, che percorre lunghi, noiosi e asfissianti deserti, “viaggi fantastici” della sua “mente” fino ad approdare ad un’”Oasi” (p. 9) – un’oasi di poesia – dove ritrova “ricordi”, “sogni di altre (…) alienazioni”, “confuse dispersioni di cuore”, oasi di poesia, di cui ci dà una sintesi impareggiabile di “persistenti distese di niente”, di un’esistenza, che si ripete (persiste), fatta di un niente, che coincide con il tutto del mondo e della quotidianità. Quel tutto è fatto sì di “irrazionalità” ma ci consente di “ricominciare a vivere”!
In questa composizione c’è tutto il pathos estetico della Nostra Poetessa, che non ha bisogno né di rime né di endecasillabi ma che, anzi, predilige i versi smorzati e le parole singole avendo la capacità di disporle con la bravura di chi lancia frecce appuntite attorno al corpo della vita con l’esattezza di un giocoliere provetto che non sbaglia un colpo, mostrando come per fare poesia non basta disporre una parola dopo l’altra come fanno centinaia di sedicenti poeti che ci inondano di sconfortanti banalità. In “Oasi”, dicevo, c’è tutta la sua filosofia - dove l’esistenza (l’amore e la poesia) deriva dal niente (deserti, spazi per definizione vuoti e inabitabili) ma basta a sé stessa – e che io ( che vado oltre lo spartito) – mi permetto di definire (sperando di fare cosa non sgradita all’Autrice) “esistenzialismo positivo”: una concezione-percezione laico-lirica dell’esistenza stessa.
Le trenta composizioni in lettura sono altrettanti tiri maestri, che hanno il potere di scrivere sentenze per aria come la magia di un illusionista. In “La porta” (p. 8), con cui inizia la bellissima silloge, attribuisce al vento il disastro nei “vicoli del tuo cuore”. Il simbolismo si fonde con la fantasia onirica…Ne “Il ladro” (p. 10) attende “l’infinito di un solo attimo” e fa discendere il concetto di esistenza da due valori che convergono negandosi: l’attimo e l’infinito. Si conferma che dietro l’apparente gioco di parole di una svettante Poetessa c’è una concezione di eroico volontarismo, di cui, detto fra parentesi, avrebbe tanto bisogno la nuova generazione.
In “Un tempo” (p. 11) parla di un “Amore” che “opera in un tempo che non è il nostro”. Qui si conferma come la poesia della Nostra è tutt’uno con una sua particolare concezione filosofica della vita, magari professata nel suo inconscio! In “Poeti maledetti” (p. 13) gode della “veggenza del nulla e del silenzio”. Ancora una volta ripete il binomio per ridisegnare il senso dell’esistenza. In “Già via” (p. 14) ”il cielo piange” le sue “lacrime attese e sperate”. Qui il duo esistenziale è espresso dall’attesa e dalla speranza. In “Aids” (p. 17) ricorda “l’ultimo silenzio” di una creatura di cui conserva un ultimo brandello nel suo cuore: l’esistenza nella sua realtà contraddittoria. In “Lontano” (p. 18) rimpiange un valore perduto e dice di non avere “più lacrime” ma solo “una fame insaziabile” di ciò che ha perduto. In “Con gli occhi dell’amore” (p. 20) parla di un soggetto, che vive “nel ricordo” di un “terribile segreto” e di un “terribile peccato” (notare la ripetizione dell’attributo), di cui la gente (giudice spesso ignorante, sadica e cattiva) la ha marchiato. Anche qui il dualismo: occhi vivaci e spenti, allegri e malinconici!
Ne “Il velo” (p. 21) parla della “maschera di allegria” con cui recita la commedia del quotidiano e ci dà conferma del suo esistenzialismo volontaristico. Ne “Il male di vivere” (p. 23) parla anche del dovere di amare per superare il dolore di essere ! In “Ho buttato l’orologio” (p. 24) scopre il flusso del tempo dentro di sé. Ne “Il folletto” (p. 27), alludendo a chi ha preso tutto di lei, scrive tre versi che bastano da soli a costituire un capolavoro di composizione poetica: “Quando attraverserai il mio essere,/ il mio pensiero per te sarà assoluto./E il mio infinito ti renderà unico”. Qui viene espresso il concetto di pienezza esistenziale del soggetto che ama – e che fa poesia – con le parole “pensiero assoluto”, “infinito” ed “unico”.
In “Dentro” (p. 30), la composizione risulta dall’incontro di due attività contradittorie: dimenticare e scoprire. Il risultato è sempre lo stesso: la pienezza del soggetto che ama, fa poesia e vive. Grande è nella sua semplicità la breve composizione “Santa Maria la Scala” (p. 31) dove, una “vita dimenticata” la si scopre “piena di granelli d’amore”. La poesiola è sorretta da una riuscitissima ripresa fotografica dello scalo della contrada marina, dovuta, come tutte le altre del testo, alla bravura della nota foto-artista Cinzia Catanzaro. Fra le altre foto di grande appropriato successo quella del vecchio che illustra la composizione omonima (p. 34), dove il soggetto attende da sempre e dove le parole vecchio e sempre ripetono la dualità esistenziale del caduco e dell’eterno. Nell’ultima composizione “Grigio, spento” (p. 40) sigilli potenti “imprigionano i solchi dell’anima”, dove c’è un “mare: grigio” e un “arcobaleno: spento”, ma la potenza dei sigilli supera, come si vede, ogni negatività esistenziale secondo quella linea di pensiero che caratterizza – anche inconsapevolmente – l’Autrice di questi versi aurei, che ha saputo essere all’altezza di sé stessa anche dando una denominazione alla silloge, con una sola parola “Attraverso”, capace di indicare, come lo schioccare di una frusta, la trasversalità del bello nella morta gora del giorno.
Per i soliti motivi di ospitabilità mi sono limitato all’essenziale consapevole che l’analisi del lavoro merita più approfondimento e più spazio.
Dietro questa prima esperienza editoriale c’è certamente una lunga elaborazione estetico-filosofica, perciò non credo di esagerare se dico di ritenere logico aspettarmi altri testi e non solo di versi.


Carmelo R.Viola





(Prima Edizione aprile 2009 – Illustrazioni fotografiche di Cinzia Catanzaro – Pagg. 46 – Formato A/5 – Copertina cartoncino illustrato a colori - €uro 12,00)



Fonte: lagazzettadinoto.it
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