| Jgor Buzziol
con 'Specchi e Riflessi'
(Aletti Editore)
si aggiudica il secondo Premio al VII concorso GIUSEPPE SUNSERI
presso il Comune di Trabia.
ATTRAVERSO GLI SPECCHI di Fabio Cavallari
Il sipario si apre e una voce ci guida in un labirinto di specchi, di immagini riflesse, di maschere, di pensieri che sfuggono per poi diventare lucidi ed offuscarsi ancora nei sentimenti, nelle speranze, nella gioia e nel dolore di un'anima che si offre al lettore, e crea uno spettacolo in un gioco di illusioni.
Specchi riflessi è il terzo libro di Jgor Buzziol, ed è la sua voce ad introdurci nel labirinto dei pensieri, una voce che non spiega ma accompagna, una voce che s'alterna alla poesia, una prosa poetica che si contrappone solo a se stessa, in un continuo confronto-scontro che ritma un incalzare di parole e immagini in divenire.
Nella prima parte intitolata Al di là dello specchio contrapposto (senza alcuna calma apparente) si delineano subito gli elementi che compongono il filo conduttore di tutta l'opera: gli specchi e i riflessi dell'anima di chi scrive, le maschere che il poeta sembra sfilarsi e indossare una dietro l'altra quasi senza poter riconoscere, tra le tante, il vero volto, il cielo libero e pieno di sogni in contrapposizione alla terra e al peso delle cose reali.
Tutto si plastifica, tutto si fa tangibile per un istante e poi scompare, lasciando al lettore la sensazione di aver toccato un pensiero come si tocca un oggetto.
L'amore, l'odio, la speranza, la gioia, la disperazione e la volontà si riflettono dentro giochi di specchi moltiplicandosi in milioni di riflessi. Tutto si espande, nulla è ben delineato e preciso, nulla è insignificante.
Presente, futuro, passato si confondono continuamente, come nella splendida ballata (Pre)scritta per innamorarti. Ogni sensazione, ogni emozione vissuta in due, sembra racchiudersi in un vortice in cui sogno e divenire s'intrecciano a ricordi di ciò che domani sarà, ricordi che diventano reali nel fluire sereno del presente.
Il poeta narra, si perde e si confonde. La narrazione si fa poesia; il poeta si trasforma, è una cassa dove risuona la voce di tutti coloro che incontra, di tutti quelli che lo circondano.
Ogni pensiero, ogni attenzione a lui rivolta non si smarrisce, fa come quei sogni che non sono futili perché rivolti verso una luna che ne fa tesoro.
In tutta la prima parte il poeta si confronta con le sue maschere, con i mille specchi, con i suoi sogni e debolezze, alternando spiragli di luce a attimi di follia, momenti di speranza a pensieri stanchi, sconfitti.
Il poeta cerca e vuole capire, scoprendo solo che a nulla serve capire ma che non se ne può fare a meno.
A volte si vince a volte si cede la mano. Lo specchio si rompe.
In infiniti frammenti.
Attraversando lo specchio (senza alcuna direzione apparente) è il titolo della seconda parte in cui il narratore scompare e si fonde nella poesia stessa, diventa poeta e non più maschera, si unisce e si ritrova, non si spiega ma narra, scrivendo poesie.
Non c'è più alcun indugio, Jgor Buzziol attraversa lo specchio e inventa un nuovo mondo.
Rinasce e posa le maschere.
Accetta e sorride alla vita e ai suoi giochi, accetta e sorride con uno spirito in cui tutti gli opposti diventano una cosa sola: armonia.
A terra non si vedono più frammenti di specchi, ma frammenti di maschere, un cimitero di maschere.
Le maschere come fossero di ghiaccio sono sciolte dal calore dell'amore, dall'abbandono alla vita.
Rinascere è riscoprire il piacere delle cose semplici, reali. Rinascere è amore.
Le poesie di questa parte centrale evocano l'intimità dell'amore e la gioia di viverlo nella sua pienezza, senza veli e senza menzogne. Il poeta, rinfrancato dalla totalità di un amore senza compromessi, immagina ”percorsi inimmaginabili” liberando la mente al sogno, interpretando la vita intera come un sogno, con le sue ombre e le sue luci, con i suoi colori.
Ora il poeta si è fermato ed è consapevole, e in questa consapevolezza tira le somme di un gioco della mente e della vita, di uno spettacolino dell'anima che cerca se stessa e che, nel suo cercare, esprime tutta la propria essenza, diffonde tutta la propria luce.
“Il teatrante” svela il trucco ma, come nel teatro ci si dimentica di chi sta dietro alla maschera e si ride e si soffre per quella stessa maschera abbandonandosi all'illusione, così il poeta, all'illusione da lui creata chiede ancora qualche istante di vita…
Il narratore torna per salutare, per congedarsi, per ritornare, e ingloba dentro sé il poeta.
E' l'ultimo atto, la vita scivola fuori da questi versi, il poeta torna nella gabbia da cui usciva, nell'animo di chi scriveva.
Il sipario si chiude.
Rimane un messaggio: anche se il caso si muove senza alcuna direzione apparente e noi ci muoviamo senza alcuna direzione apparente “Si vive e si sopravvive per innamorarsi ancora”. |