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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

La forza innovatrice e la fisionomia originale di Alessandro Salvi

di Rassegna Stampa

Da La Voce in Più Cultura di sabato 23 maggio 2009
inserto culturale del quotidiano La Voce del popolo


La forza innovatrice e la fisionomia originale di Alessandro Salvi
UN MONDO DA AMARE E DA EVITARE IN VERSI IRONICI, FRANCHI E DIVERTITI

di Nelida Milani Kruljac


Autoironico, amaro, graffiante, struggente, divertente, romantico, affascinante e scontroso, poco razionale e qualche volta ragionevole, in un andirivieni di contrasti che scoraggerebbe chiunque
avesse la malaugurata intenzione di inscatolarlo in questa o in quella poetica, chiamarlo a difesa
di un’etica o di un ambiente. Di difficile classificazione, ma di grande forza innovatrice e immediata fruibilità, Alessandro Salvi presenta una fisionomia decisamente originale nel panorama letterario nostrano. Una radice di disagio esistenziale e di irrequietezza, la dissipazione come modello di vita, una disposizione a cogliere i tratti corposi della realtà e a respingere ogni mondo ideale, pur chiedendo a tutti i costi e insaziabilmente una vita più ampia, uggia di uomini e di cose e
di sé, tensioni intellettuali, spirito d’indipendenza, turbamenti religiosi, disincanto amabilmente
sprezzante, desiderio di essere trasportato dalle correnti delle passioni verso un impossibile
(bari)centro; sono le caratteristiche che contrassegnano il percorso poetico del talentuoso
giovane poeta rovignese. C’è in Salvi una grande passione per il succedersi delle parole che mostrano il cuore semantico sotto la corteccia, procedendo per contrapposizioni, per accumulazioni, per seduttrici assonanze, consonanze e rime interne, per estrose trovate, per accostamenti bizzarri,
secondo un armamentario retorico che lui padroneggia con la volontà ed il coraggio della
sperimentazione. Provocatorio gioco linguistico, il suo, gioco con finalità estetica, gioco
come esuberanza vitale, ostentazione commossa o disperata dell’Io. Ma di lui piacciono
anche l’ironia e l’esplicita franchezza, l’ironia sul poeta e sulla poesia, la sfrontatezza e la consapevolezza del suo essere poeta: i migliori antidoti alla noia e al conformismo. Senza tralasciare la ricerca del senso della creazione poetica stessa, senza paura di rischiare consegnandoci
qua e là versi di difficili attraversamenti e di spaesamento, di sottintesi non sempre immediati.
C’è di tutto: liriche che suonano come epigrammi, altre come aforismi scherzosi, altre che indispettiscono il lettore o mettono a nudo l’ego dell’autore, altre ancora animate da furia iconoclasta, ma tutte, proprio tutte, sono la sincera presa d’atto della propria umanità, sono la testimonianza di un percorso esistenziale, esemplare nella sua irripetibile unicità, volto alla ricerca di se stesso, in un ricercato divertissement di carne e sangue. È questa la cifra peculiare di questa poesia, è questa la voce inconfondibile di Salvi, lacerata tra l’amore per il mondo e la fuga da esso, in cui campeggia sempre e comunque l’Io dell’autore.














Il giovane letterato rovignese è uno che "traffica divertito con le parole"

IL VERO POETA NON È UN BUROCRATE DELLO SPIRITO

Salvi? Occorre prenderlo così com’è, con la sua somma di contraddizioni, di capovolgimenti
e di estremi, le sue idiosincrasie, i suoi moti ironici e spiritosi, le sue sofferenze tragiche, i suoi pentimenti e i suoi rimorsi mai risolti, il suo ego sbattuto in faccia a chiunque lo stia a leggere/sentire. Salvi traffica divertito con le parole. Dell’apparentamento stralunato dei vocaboli sulla base di una comune musicalità, lui ricava un nuovo senso o, al contrario, di un nonsense finale e inatteso, lui fa la sua cifra più riconoscibile.
La poesia si fa con le idee o con le parole?
Direi con entrambe. Nel mio caso in principio
c’è il verbo. Poi viene tutto il resto.
Sei piombato nel nostro micromondo letterario
e lo hai messo a soqquadro. Da qualche
parte nel nostro corpo c’è un numero di
cellule votate alla cura del linguaggio. Ma tu
di quelle cellule ne devi avere in abbondanza,
perché ci giochi, perché la tua poesia è concepita
come un gioco linguistico, una partita
a scacchi, proprio nel senso in cui venne
organizzato concettualmente da Wittgenstein
che parla delle regole specifiche di un gioco.
Come sei arrivato al tuo sistema di regole, al
tuo gioco linguistico? Te lo chiedo esplicitamente,
perché nelle tue composizioni, accanto
all’elemento giocoso, si assiste anche all’emergere
di una vena malinconica, di un
uso rigoroso, severo degli strumenti espressivi...
Fa bene a sottolineare il tratto ludico della
mia scrittura, presente accanto ad un severo
e rigoroso uso di strutture metriche desunte
dalla plurisecolare tradizione poetica italiana,
ma non solo. Mi riesce difficile scrivere e solo
dopo un estenuante “labor limae” riesco, ahimé
non sempre, a soddisfare i miei intenti. Non
seguo determinate regole e non dispongo di
metodi particolari o ancor meno di ricette. Innanzitutto
scrivo perché è l’unico modo che ho
di trasmettere il mio disagio.
Sandro Cergna, considerando le tue liriche,
parla di spleen baudelaireiano, tedio esistenziale,
perdita di senso, desolazione kamoviana,
rimbaudiana sregolatezza di vita. Sono
tutte caratteristiche dei poeti “maledetti” e
nucleo tematico intorno al quale si struttura
e si caratterizza l’intera tua lirica. Sei d’accordo?
Non credo siano soltanto questi. Gli autori
che ho maggiormente studiato sono i “maudit”
di ogni epoca, da Cecco Angiolieri a Arthur
Rimbaud passando per Dino Campana fino ai
più recenti Gregory Corso, Jack Kerouac, Salvatore
Toma, Josip Sever.
Nei tuoi versi c’è anche il rapporto con
una ‘lei’, il rapporto con la donna, e, tra le
tensioni esistenziali, il rapporto con la fede...
È vero, c’è una lei. Una lei che al contempo
č donna e aspirazione ad una completezza alla
quale anelo ma che mi sfugge. Questa “lei” è
giocata su tutte le sue possibili ambiguità .
L a solitudine e l’emarginazione sono condizioni
necessarie alla produzione poetica?
Nei tuoi versi è presente una certa bohéme,
l’immagine cioè del poeta esiliato, escluso,
emarginato, isolato, solitario, slegato....
Credo che la solitudine e l’emarginazione
siano condizioni esclusive di chiunque si
accinga a scrivere versi credendoci veramente.
Mi piace molto quella parola da lei usata,
“slegato”. Aggiungerei: slegato da ogni (secondo)
fine. Definisce appieno il mio modo
di fare.
Che ruolo, che importanza ha la poesia
oggi per la cultura? Non ti sembra che sia
diventata la parente povera fra le arti? Sbaglio?
La poesia, se posso usare questa parola
abusata fi no alla nausea, la poesia dicevo,
soffre perché la vanità e l’ipocrisia di chi si fa
portavoce di essa l’hanno messa alle corde. I
poeti di valore fanno la loro vita e se ne infischiano
di ciò, perché sanno che non la puoi
ottenere con la forza. Poi ci sono quelli, i più, i
burocrati dello spirito, ruffiani d’accatto, doppiogiochisti
tristi, arrivisti ritardatari, e chi
più ne ha più ne metta. Del resto la poesia oggi
non conta nulla. Come sempre del resto. Nihil
sub sole novum.
Mi hai già elencato i tuoi padri putativi.
Altre ascendenze? E poi c’è il tuo rapporto
con tutta una rete di poeti, la tua presenza
in Internet...
Trovo geniale il russo Daniil Harms, il
croato Josip Sever, Ernesto Ragazzoni e tanti
altri. Internet mi ha fatto conoscere autori validi
che operano senza dover leccare il deretano
del potente di turno. Le riviste non incidono
più sulla vita culturale. Nessuno le legge,
neanche gli addetti ai lavori. E neppure pagano
gli autori, cioè non sempre, e se lo fanno
pagano con il contagocce. Con gli altri poeti,
quei pochi che ho avuto modo di conoscere
di persona, ho un rapporto collegiale, di complicità,
anche se le occasioni d’incontro sono
state pochissime. In futuro, chissà? Del resto
mi sento con loro, quando possibile, via mail.
Grazie a Internet ho rintracciato Roberto Dobran
che più tardi ho conosciuto di persona
a Pola la scorsa estate. Con Cergna mi sento
spesso e ogni tanto commentiamo i nostri
lavori. Grazie a Internet ho conosciuto anche
Laura Marchig.
Ha ancora senso distinguere tra poesia lirica
e poesia non-lirica?
Non saprei. Bisognerebbe chiederlo ai critici.
Posso solo dire che Erminia Passannanti,
parlando a riguardo di alcune mie poesie,
ha detto che sono lirico e antilirico allo stesso tempo.
Il che mi sembra evidente
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