| Posso dire di aver seguito il percorso poetico di M.Osnato dai suoi esordi.
Per questo nel libro Impermanenze io scorgo un'opera della maturità, per la purezza e la sonorità raggiunte dal verso.
Gli approcci per accostarsi ad Impermanenze sono diversi: ci si può immergere nel testo accorgendosi che mancano i titoli dei componimenti, che il ritmo, sempre pacato, è il medesimo, e giungere alla conclusione che si tratta di un canto unico.
Ho ascoltato un critico differenziare una silloge poetica da un vero libro, ed egli aggiungeva che si può considerare libro quello legato da un solo filo rosso, dall'ispirazione unitaria, dal messaggio sotteso uniforme. Nella silloge di cui parliamo vi sono tutti questi elementi, ci troviamo di fronte ad un'opera compatta, che si può leggere come una struttura unitaria.
Un altro percorso si può avviare cercando parole-metafore dal denso significato, disseminate in tutto il testo.
Una in particolare viene ripetuta in quasi tutte le composizioni. Nell'ultima poesia essa compare ben quattro volte.
Parlo del termine notte, ma anche di rose, rosso. Parlo di immagini folgoranti, che trattengono alla lettura fino alla fine.
Compone un naufragio celeste / il linguaggio muto del mare; preferisco il silenzio / alla fredda rivolta della luce; non so se è stata la luna / intervallo tra mondo ed ovunque; cucito nei vetri / c'è il luogo che non ha mondo; immagina /l'impronta della neve /...è nel bianco che sono nascosta;
e poi quel continuo non-esserci, scomparendo tra le sue stesse parole: sono scomparsa; sono partita; non ci sono.
Quando parlo di parole dense intendo proprio la suggestione e la messe di segni-messaggi che danno al libro la densità che sempre dovrebbe avere la poesia. Non vi è alcuna ricerca di artificio in Impermanenze, nulla di oscuro.
Il lavoro di questa poetessa, che ha pubblicato sillogi anche tradotte in altre lingue, ( il suo primo libro, Come vento tra le dune Il Calamaio editore, è tradotto in greco, ed è uscita una prestigiosa antologia monografica in serbo, Viaggio Clandestino, Evro-Giunti editore, che la sta illustrando anche nel paese dove ora soggiorna, la Serbia), mi pare si sia differenziato con quest'ultima opera. Confrontando queste due ultime pubblicazioni Approdi- Lietocolle editore e Impermanenze, si nota una condizione del tutto diversa. Non so se sia voluto, ma confrontando i titoli ci accorgiamo di trovarci di fronte ad un ossimoro. Il primo infatti depone per un punto di arrivo, una sosta, e con l'altro si passa invece a ciò che sfugge, che fugge e che è inafferrabile, a ciò che nega ogni approdo.
Non si tratta di un'impressione estemporanea o superficiale:si passa letteralmente dalle conchiglie, dal mare, dalla natura malinconica (come è sempre l'ispirazione di M.Osnato),ad un raccoglimento nella meditazione notturna, sommesso quanto intenso.
Una natura per qualche verso montaliana, quella di Ossi di seppia, nel primo libro, nella quale si nota una sorta di corrispondenza tra lo stato d'animo e lo stato delle cose che si osservano di fuori, influenzata anche da precise corrispondenze geografiche (ha vissuto, all'epoca, in Egitto). Insomma una natura con connotati umani, psicologici.
Qui l'amore ha invece meno posto, più breve è anche il rimpianto, qui lo sguardo predilige un panorama più vasto, nel quale le cose sfioriscono portandosi dietro il proprio enigma.
Nel libro non vi sono né angoscia né disperazione, non si inveisce.
Monica vive a Belgrado oggi, dove risiedono le sue rose balcaniche, che lei non ha mai amato, e la neve, e forse il suo scrivere in Impermanenze è influenzato da questa sorta di esilio, tuttavia questo ripiegamento notturno induce ad un maggior contatto con l'Io più profondo. La notte che dipana i confini del mondo permette un dialogo con se stessi ad alta voce, senza chiudere il verso, anzi.
Ma nonostante la malinconia, il poeta è un privilegiato, anche vivendo senza illusioni e in una sorta di "pessimismo". Il dono della parola poetica è giusta ricompensa, quella che fece dire a Fubini a proposito di Leopardi: immaginate la sua felicità quando finì di scrivere l'Infinito?
Fortuna Della Porta, aprile 2009 per Impermanenze di Monica Osnato.
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