| Il pregiudizio ingiustificato e la paura del diverso procurano, in chi ne è vittima, sicuramente meno danni rispetto a quelli che possono derivare da un’aggressione fisica, pur lasciando segni duraturi nella psiche. Può accadere che un giudizio negativo espresso verso una determinata categoria di persone, per la semplice non appartenenza di questa ad un gruppo che si pone unitariamente come garante della propria unità, che non può e non deve essere minata dall’intervento del diverso, è spesso il paravento di un’aggressività che può fermarsi sì alla semplice parola o al gesto, che di per sé soli feriscono, ma che può spingersi sovente ad impugnare un pugnale. Essere vittime del pregiudizio perché si è stati, nel corso della vita, diversi due volte, è un fatto che logora e non è stato facile, per la protagonista della storia che racconto, combatterlo. Il contenuto del romanzo che leggerete è solo un aspetto di un’intolleranza le cui modalità ho mutuato dalle vicende di tutti i giorni e che presenta, giust’appunto, due facce: la mera insofferenza da una parte, la violenza dall’altra, entrambe espressioni di un giudizio anticipato, senza una verifica, e che reca gli stigmi della stupidità, della cattiveria, dell’ignoranza, di una falsa protezione di una propria identità culturale o etnica e dell’incapacità di concepire il dialogo come strumento di reciproca necessaria tolleranza.
Collana "Gli Emersi - Narrativa"
pp.216 €18.00
ISBN 978-88-7680-620-9
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