| Ermeneutica ed essenza
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“Drappeggi di Porpora”
Sovente ho udito affermare che la poesia non abbia un particolare successo nei confronti del pubblico, sia letterario sia economico; ciò è forse causato dalla difficoltà di comprensione del suo contenuto e dell’intento artistico dell’autore. Personalmente ho cercato di sviluppare l’opera da me presentata come un excursus autobiografico che nascendo da antiche radici sociali sfocia nella quotidianità dell’esistenza umana. Questo, ovviamente, è avvenuto solo dopo aver raggruppato le varie poesie scritte negli anni; non ci può mai essere, infatti, un intento narrativo a priori nella poesia, soprattutto per quel tipo di poesia (ed arte) che io intendo e di cui Artaud ne è il portavoce (è ovvia l’eccezione per quanto riguarda Dante: la “Divina Commedia” è, ovviamente, un testo poetico con un intento ed una struttura narrativa ben precisi e considerati già dal suo primo verso).
Molto più del romanzo, la poesia è l’unica forma letteraria capace di sopravvivere nel tempo e riuscire a trasmettere il suo messaggio anche a distanza di secoli (ne è un esempio il continuo riferimento che si fa ad Omero per quanto riguarda l’antica civiltà, sia dal punto di vista mitologico sia antropologico). Ma Omero non è certo l’unico poeta ad aver ottenuto l’immortalità con la sua opera: molti, infatti, sono gli artisti che ancora oggi si studiano e a cui ci si rapporta proprio per la loro capacità, dettata dal genere letterario a cui si dedicano, di penetrare incommensurabilmente negli animi degli spettatori. E ancor più comune è la costante irripetibilità di una poesia (una volta letto un romanzo difficilmente lo rileggeremo senza una ovvietà degli avvenimenti narrati; ci immergeremo nella rilettura forse perché attratti dall’armonia stilistica dello scrittore).
Nel genere poetico ciò non accade quasi mai, ed anzi ci si rifà a versi su versi per esprimersi e rapportarsi con gli altri, senza mai stancarsi di leggere la stessa poesia, o l’intera opera, anche dopo decine di volte.
E’ presente, nella poesia, una sorta di fugacità intangibile del suo messaggio che però inconsapevolmente ci penetra nell’animo e ci colpisce nei sentimenti, tanto che ci accingiamo a rileggerne i versi senza mai stancarci né dando per scontato ciò che viene riportato nel testo.
In ciò andrebbe rivalutata l’importanza dell’arte poetica.
Lei, la poesia, è sempre presente nella nostra vita in maniera così totalizzante ed immanente che raramente ce ne rendiamo conto.
Cercherò ora di mettere in luce, attraverso la lettura delle poesie pubblicate, questo invisibile filo conduttore che accompagna il lettore durante tutta l’opera, e per questo partirò dall’analisi di una caratteristica che delinea il sincretismo dell’intero contenuto del testo : l’immagine di copertina.
Questa immagine l’ho scelta non per la sua pur bellezza ed armonia estetica, ma per il significato intrinseco nella sua iconografia: rappresenta un erastes, maschio adulto, che gioisce del piacere, intimo e spirituale, del suo eromenos, il giovane ragazzo al suo fianco.
In ciò si concentra tutta l’iniziazione evolutiva del rapporto, non obbligatoriamente omosessuale, tra due individui di età completamente differente (il giovane, dato che viene raffigurato senza barba, in quanto ancora non gli è cresciuta, non può avere più di 14-15 anni, contrariamente all’uomo adulto che, vista la cura per il corpo e l’atteggiamento di sicurezza e forza, avrà più o meno il doppio degli anni).
Ho parlato di “sicurezza e forza” in quanto l’uomo sfiora i capelli del ragazzo, evidenziando la superiorità (mano in alto) nei suoi confronti; è come se lo voglia stringere a sé ed il giovane presto si stenderà sul caldo petto dell’amante che già ora accarezza.
E’ chiaro il grande bisogno di protezione ed affetto da parte dell’eromenos (ci poggiamo con il capo sul petto della persona amata quando ne siamo perdutamente innamorati e/o necessitiamo del suo calore e conforto).
Tale rapporto iniziatico, però, doveva avere una sua conclusione quando al ragazzo spuntava la prima barba, quando entrava quindi nell’età adulta. Eppure ciò non sempre era possibile. Non è possibile.
Il giovane si trova combattuto tra il suo vivere un amore (A Narciso) e il suo voluto “dovere” di evaderne (Cerco invano la fuga). Un dovere dettato dal suo maledetto logos, che lo turba e dibatte in una repentina lotta con sé stesso e con il suo pathos.
L’eromenos rimane incredibilmente legato al suo erastes e difficilmente uscirà da quell’iptonico sentimento che ora non gli permette di evolvere nella società della polis, raggiunta l’età della consapevolezza.
(Bisessualità)
Ecco cosa racchiude l’opera: questo sentimento di amore, che ha sempre travolto le vite dei giovani e dei suoi amanti, così totalizzante quanto devastante, dove gli attori di questo vasto palcoscenico che è la vita si ritrovano prigionieri e vinti dalle circostanze (interne ed esterne) che li priva di gioire serenamente.
(Canto di un ingenuo innamorato)
L’eromenos si strugge della fugacità del tempo e sacrificherebbe sé stesso, ogni stilla del suo fresco sangue, per ringiovanire il suo amante (ideale ed unico), così da poter vivere il loro amore in perfetta sincronia temporale. Ciò che non riuscirà mai a guarire è la sua incostante necessità di una sicurezza (anagrafica e sociale), dove poter fondare le basi per una relazione duratura.
(Ambrosia)
In ciò si identificano i drappeggi di porpora: sono il sangue di un cuore dilaniato e trucidamente sacrificato per un sentimento raro e sentito, dove l’unica vera devastazione è la brevità della vita. (ES)
Ma sono anche l’icona di un luogo segreto, difficilmente accessibile e nascosto dai drappi della passione vissuta, nobile come il colore che li caratterizza.
Allora al giovane non rimane altro che immergersi negli attimi, seppur limitati, dove poter ascoltare la voce del suo spirito che, combattuto e vinto, lo spinge ad un suicidio, quello interiore della propria anima (Muoio dentro), avendo ormai compreso che questo amore è nefando, turpe, lacerante (Silenzioso dolore) e la passione che entrambi vivono è solo una goccia dell’immenso oceano in cui l’eromenos prima o poi dovrà tuffarsi, senza più avere a fianco il suo maestro di spirito, il suo iniziante, il suo follemente amato erastes (Il viaggiatore).
Ma per il ragazzo c’è una consolazione da tale perdita: è la Natura (Come lupo nella steppa).
Immerso nel nero infinito, causato dall’oblio del vuoto affettivo, si sente avvolto dalla sconfinata Natura, l’unica realtà che per lui varrà sempre tanta sofferenza.
E la ama, la Natura, la elogia seppur intimamente: si identifica con le sue creature (Sono come un cigno bianco).
In loro trova ciò che sembrava perduto: la dolcezza, il coraggio, la sfida, l’armonia (L’audace passerotto).
Questo lo rigetta nel vortice delle domande, dei dubbi, del perché si ama, di come si ama, di cosa sia l’amore (L’amore è).
L’amore è una fantasia nata dallo Spirito, dalla solitudine del cuore appunto; una solitudine in cui l’eromenos si conforta e placa.
Ma è una fantasia umana l’amore, perché solo l’essere dannatamente umano ha la folle pretesa di dare una spiegazione a tutto. Ci sono sentimenti, però, che non possono avere una soluzione e devono essere lasciati lì, a vivere e viverli, senza un imperativo logico – formale (Amore).
E ciò solo la Natura può darlo: il Panteismo, in cui l’eromenos si rifugia e ritrova da ciò il coraggio di emergere (Poesia).
La Natura diventa, per lui, un nuovo cammino iniziatico, una poesia di vita, di crescita animistica, che il giovane imprime e ne segna le tappe di cavaliere errante in una scrittura incostante e turbata: una poesia Animica, ispirata sempre e solo ai moti più profondi e reconditi dell’animo, rivelando così ciò che il suo Spirito cerca (Eros).
Questa è la caratteristica portante delle prime cinque sezioni presenti nell’opera.
L’ultima sezione, intitolata Silenzioso dolore, ed in particolare le ultime dieci poesie, vogliono essere una provocazione nei confronti di quei comportamenti umani e sociali ad oggi ancora blandamente rimossi ed anzi lasciati lì a radicalizzarsi nella mentalità altrui.
Vittime di un massacro, Falsità, Una moneta per loro, Mio figlio, Fine di un’esistenza corrispondo all’ingiustizia, la menzogna, l’ipocrisia, la discriminazione di una normalità troppo naturale per essere contro – naturam.
In queste poesie ho voluto urlare contro chi, accecato dalla propria immagine riflessa nello specchio, non riesce a percepire ed ammirare la bellezza dei colori del mondo che lo circonda, distruggendo sé stesso e l’altrui identità.
Andrea Juzzarelli
venerdì 12 dicembre
Sala Presidenziale Centostazioni FS
-Piazzale dei Partigiani Ostiense (RM).
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