| L’Oceano del mio Io, viaggio nella selva oscura dell’anima
Le poesie di Liliana Arena: un inno alla vita dopo un’esperienza devastante
Graffi di vita che aprono ferite profonde. Parole laceranti alla disperata ricerca di un baluardo esistenziale. Un apparente gioco al massacro che si trasforma in forza di volontà per affrontare e sconfiggere il male oscuro.
“L’Oceano del mio io”, opera prima di Liliana Arena, è un coraggioso percorso nella selva oscura dell’animo umano. E proprio quando il mondo si è sbriciolato e tutto sembra finito, miracolosamente si risorge domando il mostro.
I versi di Liliana Arena sanno frugare tra le pieghe dell’animo umano. Sanno raccontare dubbi, angosce, fobie ma anche speranza, dopo un’esperienza spossante.“Sono stata così brava a creare il mio avvenire, che ho gettato nel porcile costruito dentro casa … Ma si può gettar la vita senza coglierla ed amarla?...Solo adesso mi rialzo e mi scrollo il sudiciume, finalmente io mi amo, e mi amo pienamente. Mi riapproprio della vita che ho negato e rinnegato; mi sorrido ad uno specchio e ricomincio. Come? Poetando!”, scrive Liliana Arena in “L’avvenire in un porcile”. E in “Bussola di me stessa” puntualizza: “Il mondo ora è mio e ne faccio quel che voglio. Prima ero alla finestra, ora sono sulla strada: decido io la direzione. Bussola di me stessa, sarò io ad esplorare ogni confine. Genererò io il vento … Sarò io a cavalcare le onde del mio mare, consapevole di essere viva e viva fino in fondo”. E per chi sopravvive a un naufragio, ritrovare la direzione in pieno oceano significa ritornare a vivere. Pertanto Liliana Arena racconta l’azimut e lo zenit della propria esistenza. Il buio e la luce. L’eclissarsi e il risplendere.
“Quest’opera in versi nasce do molto lontano. La poesia divenne una compagna fedele e costante della mia crescita. Componevo versi che scadenzavano un percorso pieno di domande e di paure, che riuscivo a liberare solo in questo modo. Immaginavo di creare una raccolta che descrivesse la mia vita e fantasticavo spesso sul titolo che avrei dato a questa ipotetica opera. Benché trascorressi il mio tempo a pensarci, una parola, sempre la stessa, si faceva strada dal profondo: “Frammenti”, pezzi rotti di vissuto, anzi il mio vissuto fatto a pezzi. Questo titolo esprimeva pienamente quello che ero, o meglio, quello che sentivo di essere. Quando poi mi sono resa conto che questa mia storia, costantemente fuoriuscita dalla penna con una visione pessimistica considerata come irreversibile, cominciava lentamente ad assumere un risvolto positivo, nel quale io non speravo più, ho pensato di trasformare quel titolo a me tanto caro in qualcosa che esprimeva meglio la turbolenza del mio mondo interiore senza più condannarlo. Ho sognato l’oceano con la sua furia, con la sua calma, con la sua profondità. Nasce così il titolo definitivo dell’opera: “L’Oceano del mio Io”, spiega Liliana Arena.
Forse la causa dei nostri mali è la gabbia, seppur dorata ma con celle che impongono spazi miserabili in cui è praticamente impossibile vivere di slanci.
“La ragione impone al cuore di non lasciarsi andare e di ingabbiare sogni e desideri. Il continuo soffocare emozioni e sensazioni, nel tentativo di annullare ogni forma dell’amare per non farsi più del male, cancella ogni poesia fino a farmi sprofondare”.
Ma anche il dovere finisce col bloccare l’essenza della nostra vita.
“ E mi scopro a respirare il volo dei gabbiani, sento il loro grido libero fendere il vento e posarsi sugli scogli dove l’uomo non approda, prigioniero com’è nella gabbia del dovere”.
L’amore è sicuramente una speranza a cui aggrapparsi per cambiare e rinnovarsi.
“ Leggo negli occhi degli amanti la profondità del respiro. Sfiorandosi, creano poesie con le dita dell’essere. E diviene danza. E diviene musica, nel battito vitale dell’abbandono ad occhi chiusi, dove la morte scompare all’orizzonte e nasce il Paradiso”.
“E’ mia convinzione che queste poesie possano aiutare a comprendere meglio il valore dell’esperienza interiore che passa attraverso la sofferenza e possano contribuire allo sviluppo di una consapevolezza sempre maggiore di un bisogno spirituale che, come goccia di quell’oceano, sia fonte di guarigione per tanti uomini, soprattutto quelli considerati normali, ma pur sempre imprigionati in una inconsapevole sofferenza”, scrive il dottore Aurelio Piccolo.
(Liliana Arena, L’Oceano del mio Io, pp. 128, euro 16, Aletti Editore)
Pierluigi Fiorenza
METROPOLIS Quotidiano |