| Fascino e solennità di una natura ancora intatta si sentono vibrare in questi versi, alcuni brevi come haiku, altri lenti e sofferti come notti insonni alla ricerca di una pace interiore che sembrerebbe negata.
Il percorso iniziato nell’“Oscurità”, porta lentamente a ritrovare finalmente se stessa, il proprio cuore che, come un anatroccolo, si è rifugiato nel canneto. E, con la ritrovata serenità, anche i versi ritornano alla tradizione della rima: il doppio settenario e l’endecasillabo.
Il primo -quasi una prosa- per “Fiorivano le rose”, nata dalla “Muracciola”, località realmente esistente nelle campagne in cui vive l’autrice, il cui nome evoca il muro di cinta della scuola e convento di suore, lontano e caro ricordo d’infanzia, quando ogni circostanza era organizzata e controllata dalla parrocchia di un vecchio quartiere romano.
L’endecasillabo, infine, per l’ultima poesia, musicale e rassicurante nonostante la malinconia del canto-guida lungo la corrente del fiume dove accadono eventi occasionali, “episodi” (le piume degli uccelli di passo), ma l’essenza (l’ala candida del cigno) permane, forte ed imperturbabile, sull’acqua che scorre: il fiume, appunto, metafora della vita.
Collana "Gli Emersi - Poesia"
pp.80 €13.00
ISBN 978-88-7680-358-1
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