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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
Corbolo, Lena CORBOLO (Un uom val cento, e cento un uom non vagliono. Questo è un proverbio che in esperïenzia Questa matina ho avuto.) LENA Parmi Corbolo Che di là viene: è desso. CORBOLO (Che partendomi Di qui per far quanto m'impose Flavio, Vo in piazza, e tutta la squadro, e poi volgomi Lungo la loggia, e cerco per le treccole, Indi inanzi al Castello, e i pizzicagnoli Vo domandando s'hanno quaglie o tortore.) LENA Vien molto adagio: par che i passi annoveri. CORBOLO (Nulla vi trovo: alcuni piccion veggovi Sí magri, sí leggieri, che parevano Che la quartana un anno avuto avessino.) LENA Pur ch'egli abbia i danari! CORBOLO (Un altro toltoli Averia, e detto fra sé: non ce n'erano De' megliori; c'ho a far che magri siano O grassi, poiché non s'han per me a cuocere?) LENA Vien col braccio sinistro molto carico. CORBOLO (Ma non ho fatt'io cosí: che gli ufficii, E non le discrezïoni, dar si dicono. Anzi alla porta del Cortil fermandomi, Guardo se contadini o altri appaiono, Che de' megliori n'abbian. Quivi in circulo Alcuni uccellator del duca stavano, Credo, aspettando questi gentiluomini Che di sparvieri e cani si dilettano, Che a bere in Gorgadello li chiamassero. Mi dice un d'essi, ch'è mio amico: - Corbolo, Che guardi? - Io glielo dico, e insieme dolgomi Che mai per alcun tempo non si vendono Salvadigine qui, come si vendono In tutte l'altre cittadi; e penuria Ci sia d'ogni buon cibo, né si mangino Se non carnacce, che mai non si cuocono; E perché non son care! Si concordano Tutti al mio detto.) LENA Io vo' aspettarlo, e intendere Quel ch'egli ha fatto. CORBOLO (Io mi parto: mi séguita Un d'essi, e al canto ove comincian gli Orafi, Mi s'accosta, e pian pian dice: - Piacendoti. Un paio di fagian grassi per quindici Bolognini gli avrai. - Sí sí, di grazia -; Rispondo; et egli: - In Vescovato aspettami; Ma non cantar -; et io: - Non è la statua Del duca Borso là di me piú tacita. - In questo mezzo un cappon grasso compero Ch'avea adocchiato, e tolgo sei melangole, Et entro in Vescovato; et ecco giungere L'amico coi fagian sotto che pesano Quanto un par d'oche. Io metto mano, e quindici Bolognin su l'altar quivi gli annovero. Mi soggiunge egli: - Se te ne bisognano Quattro, sei, sette, diece paia, accennami, Pur che tra noi stia la cosa. - Ringraziolo...) LENA Par che molto fra sé parli e fantastichi. CORBOLO ...(E gli prometto la mia fede d'essere Secreto; ma mi vien voglia di ridere: Che 'l Signor fa con tanta diligenzia E con gride e con pene sí terribili Guardar la sua campagna; e li medesimi Che n'hanno cura, son quei che la rubano.) LENA Spiccati, che spiccata ti sia l'anima! CORBOLO (Non ponno a nozze et a conviti publici Li fagiani apparir sopra le tavole, Che le grida che sono; e ne le camere Con puttane i bertoni se li mangiano. Questi arrosto, e 'l cappone ho fatto cuocere Lesso; e qui nel canestro caldi arrecoli. Ecco la Lena.) LENA Hai tu i danari, Corbolo? CORBOLO Io li avrò. LENA Non mi piace udir rispondere In futuro. CORBOLO Contraria all'altre femine Sei tu, che tutte l'altre il futuro amano. LENA Piaceno a me i presenti. CORBOLO Ecco, presentoti Cappon, fagiani, pan, vin, cacio: portali In casa. Parmi che saria superfluo Aver portati piccioni, vedendoti Averne in seno dui grossi bellissimi. LENA Deh, ti venga il malanno! CORBOLO Lascia pormivi La man, ch'io tocchi come sono morbidi. LENA Io ti darò d'un pugno. I denar, dicoti. CORBOLO Finalmente ogni salmo torna in gloria. Tu non tel scordi: tra mezz'ora arrecoli. Io trovai ch'in letto anch'era Giulio: Gli feci l'imbasciata, et egli mettere Mi fe' li panni s'una cassa, e dissemi Ch'io ritornassi a nona. Intanto cuocere Il desinare ho fatto, e posto in ordine. Ma le fatiche mie, Lena, che premio Hanno d'aver? ch'io son cagion potissima Che i venticinque fiorin ti si diano. LENA Che vòi tu? CORBOLO Ch'io tel dica? Quel che dandomi, E se ne dessi a cento, non pòi perdere. LENA Io non intendo. CORBOLO Io 'l dirò chiaro. LENA Portami I danar, ch'io non so senz'essi intendere. CORBOLO Son dunque i danar buoni a fare intendere? LENA Me sí, e credo anco non men tutti gli uomini. CORBOLO Saria, Lena, cotesto buon rimedio A far ch'udisse un sordo? LENA Differenzia Molta è, babbion, tra l'udire e l'intendere. CORBOLO Fa' che anch'io sappia questa differenzia. LENA Gli asini ragghiar s'odono alla macina. Né s'intendon però. CORBOLO A me par facile Sempre ch'io gli odo, intenderli: vorrebbono A punto quel che anch'io da te desidero. LENA Tu sei malizioso piú che 'l fistolo. Or che l'arrosto è in stagion, vieni, andiamone A mangiar. CORBOLO Vengo. Dimmi: ov'è la giovane? LENA Dove sono i danari? CORBOLO Credo farteli Aver fra un'ora. LENA Et io credo la giovane Far venir qui, come i danar ci siano. Andian, che le vivande si raffreddano. CORBOLO Va' là, ch'io vengo. - (Possino esser l'ultime Che tu mangi mai piú; ch'elle t'affoghino! Mi debbo dunque esser con tale studio Affaticato a comperarle e a cuocere, Perché una scrofa e un becco se le mangino? Ma non avran la parte che si pensano: Che anch'io me ne vo' il grifo e le mani ungere).
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