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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
1 Cortesi donne e grate al vostro amante, voi che d'un solo amor sète contente, come che certo sia, fra tante e tante, che rarissime siate in questa mente; non vi dispiaccia quel ch'io dissi inante, quando contra Gabrina fui sì ardente, e s'ancor son per spendervi alcun verso, di lei biasmando l'animo perverso. 2 Ella era tale; e come imposto fummi da chi può in me, non preterisco il vero. Per questo io non oscuro gli onor summi d'una e d'un'altra ch'abbia il cor sincero. Quel che 'l Maestro suo per trenta nummi diede a' Iudei, non nocque a Ianni o a Piero; né d'Ipermestra è la fama men bella, se ben di tante inique era sorella. 3 Per una che biasmar cantando ardisco (che l'ordinata istoria così vuole), lodarne cento incontra m'offerisco, e far lor virtù chiara più che 'l sole. Ma tornando al lavor che vario ordisco, ch'a molti, lor mercé, grato esser suole, del cavallier di Scozia io vi dicea, ch'un alto grido appresso udito avea. 4 Fra due montagne entrò in un stretto calle onde uscia il grido, e non fu molto inante, che giunse dove in una chiusa valle si vide un cavallier morto davante. Chi sia dirò; ma prima dar le spalle a Francia voglio, e girmene in Levante, tanto ch'io trovi Astolfo paladino, che per Ponente avea preso il camino. 5 Io lo lasciai ne la città crudele, onde col suon del formidabil corno avea cacciato il populo infedele, e gran periglio toltosi d'intorno, et a' compagni fatto alzar le vele, e dal lito fuggir con grave scorno. Or seguendo di lui, dico che prese la via d'Armenia, e uscì di quel paese. 6 E dopo alquanti giorni in Natalia trovossi, e inverso Bursia il camin tenne; onde, continuando la sua via di qua dal mare, in Tracia se ne venne. Lungo il Danubio andò per l'Ungaria; e come avesse il suo destrier le penne, i Moravi e i Boemi passò in meno di venti giorni e la Franconia e il Reno. 7 Per la selva d'Ardenna in Aquisgrana giunse e in Barbante, e in Fiandra al fin s'imbarca. L'aura che soffia verso tramontana, la vela in guisa in su la prora carca, ch'a mezzo giorno Astolfo non lontana vede Inghilterra, ove nel lito varca. Salta a cavallo, e in tal modo lo punge, ch'a Londra quella sera ancora giunge. 8 Quivi sentendo poi che 'l vecchio Otone già molti mesi inanzi era in Parigi, e che di nuovo quasi ogni barone avea imitato i suoi degni vestigi; d'andar subito in Francia si dispone: e così torna al porto di Tamigi, onde con le vele alte uscendo fuora, verso Calessio fe' drizzar la prora. 9 Un ventolin che leggiermente all'orza ferendo, avea adescato il legno all'onda, a poco a poco cresce e si rinforza; poi vien sì, ch'al nocchier ne soprabonda. Che li volti la poppa al fine è forza; se non, gli caccierà sotto la sponda. Per la schena del mar tien dritto il legno, e fa camin diverso al suo disegno. 10 Or corre a destra, or a sinistra mano, di qua di là, dove fortuna spinge, e piglia terra al fin presso a Roano; e come prima il dolce lito attinge, fa rimetter la sella a Rabicano, e tutto s'arma e la spada si cinge. Prende il camino, et ha seco quel corno che gli val più che mille uomini intorno. 11 E giunse, traversando una foresta, a piè d'un colle ad una chiara fonte, ne l'ora che 'l monton di pascer resta, chiuso in capanna, o sotto un cavo monte. E dal gran caldo e da la sete infesta vinto, si trasse l'elmo da la fronte; legò il destrier tra le più spesse fronde, e poi venne per bere alle fresche onde. 12 Non avea messo ancor le labra in molle, ch'un villanel che v'era ascoso appresso, sbuca fuor d'una macchia, e il destrier tolle, sopra vi sale, e se ne va con esso. Astolfo il rumor sente, e'l capo estolle; e poi che 'l danno suo vede sì espresso, lascia la fonte, e sazio senza bere, gli va dietro correndo a più potere. 13 Quel ladro non si stende a tutto corso, che dileguato si saria di botto; ma or lentando or raccogliendo il morso, se ne va di galoppo e di buon trotto. Escon del bosco dopo un gran discorso; e l'uno e l'altro al fin si fu ridotto là dove tanti nobili baroni eran senza prigion più che prigioni. 14 Dentro il palagio il villanel si caccia con quel destrier che i venti al corso adegua. Forza è ch'Astolfo, il qual lo scudo impaccia, l'elmo e l'altr'arme, di lontan lo segua. Pur giunge anch'egli, e tutta quella traccia che fin qui avea seguita, si dilegua; che più né Rabican né 'l ladro vede, e gira gli occhi, e indarno affretta il piede: 15 affretta il piede e va cercando invano e le loggie e le camere e le sale; ma per trovare il perfido villano, di sua fatica nulla si prevale. Non sa dove abbia ascoso Rabicano, quel suo veloce sopra ogni animale; e senza frutto alcun tutto quel giorno cercò di su di giú, dentro e d'intorno. 16 Confuso e lasso d'aggirarsi tanto, s'avvide che quel loco era incantato; e del libretto ch'avea sempre a canto, che Logistilla in India gli avea dato, acciò che, ricadendo in nuovo incanto, potessi aitarsi, si fu ricordato: all'indice ricorse, e vide tosto a quante carte era il rimedio posto. 17 Del palazzo incantato era difuso scritto nel libro; e v'eran scritti i modi di fare il mago rimaner confuso, e a tutti quei prigion di sciorre i nodi. Sotto la soglia era uno spirto chiuso, che facea questi inganni e queste frodi: e levata la pietra ov'è sepolto, per lui sarà il palazzo in fumo sciolto. 18 Desideroso di condurre a fine il paladin sì glorïosa impresa, non tarda più che 'l braccio non inchine a provar quanto il grave marmo pesa. Come Atlante le man vede vicine per far che l'arte sua sia vilipesa, sospettoso di quel che può avvenire, lo va con nuovi incanti ad assalire. 19 Lo fa con dïaboliche sue larve parer da quel diverso, che solea: gigante ad altri, ad altri un villan parve, ad altri un cavallier di faccia rea. Ognuno in quella forma in che gli apparve nel bosco il mago, il paladin vedea; sì che per rïaver quel che gli tolse il mago, ognuno al paladin si volse. 20 Ruggier, Gradasso, Iroldo, Bradamante, Brandimarte, Prasildo, altri guerrieri in questo nuovo error si fêro inante, per distruggere il duca accesi e fieri. Ma ricordossi il corno in quello instante, che fe' loro abbassar gli animi altieri. Se non si soccorrea col grave suono, morto era il paladin senza perdono. 21 Ma tosto che si pon quel corno a bocca e fa sentire intorno il suono orrendo, a guisa dei colombi, quando scocca lo scoppio, vanno i cavallier fuggendo. Non meno al negromante fuggir tocca, non men fuor de la tana esce temendo pallido e sbigottito, e se ne slunga tanto, che 'l suono orribil non lo giunga. 22 Fuggì il guardian coi suo' prigioni; e dopo de le stalle fuggîr molti cavalli, ch'altro che fune a ritenerli era uopo, e seguiro i patron per varii calli. In casa non restò gatta né topo al suon che par che dica: Dàlli, dàlli. Sarebbe ito con gli altri Rabicano, se non ch'all'uscir venne al duca in mano. 23 Astolfo, poi ch'ebbe cacciato il mago, levò di su la soglia il grave sasso, e vi ritrovò sotto alcuna imago, et altre cose che di scriver lasso: e di distrugger quello incanto vago, di ciò che vi trovò, fece fraccasso, come gli mostra il libro che far debbia; e si sciolse il palazzo in fumo e in nebbia. 24 Quivi trovò che di catena d'oro di Ruggiero il cavallo era legato, parlo di quel che 'l negromante moro per mandarlo ad Alcina gli avea dato; a cui poi Logistilla fe' il lavoro del freno, ond'era in Francia ritornato, e girato da l'India all'Inghilterra tutto avea il lato destro de la terra. 25 Non so se vi ricorda che la briglia lasciò attaccata all'arbore quel giorno che nuda da Ruggier sparì la figlia di Galafrone, e gli fe' l'alto scorno. Fe' il volante destrier, con maraviglia di chi lo vide, al mastro suo ritorno; e con lui stette infin al giorno sempre, che de l'incanto fur rotte le tempre. 26 Non potrebbe esser stato più giocondo d'altra aventura Astolfo, che di questa; che per cercar la terra e il mar, secondo ch'avea desir, quel ch'a cercar gli resta, e girar tutto in pochi giorni il mondo, troppo venìa questo ippogrifo a sesta. Sapea egli ben quanto a portarlo era atto, che l'avea altrove assai provato in fatto. 27 Quel giorno in India lo provò, che tolto da la savia Melissa fu di mano a quella scelerata che travolto gli avea in mirto silvestre il viso umano: e ben vide e notò come raccolto gli fu sotto la briglia il capo vano da Logistilla, e vide come instrutto fosse Ruggier di farlo andar per tutto. 28 Fatto disegno l'ippogrifo tôrsi, la sella sua, ch'appresso avea, gli messe; e gli fece, levando da più morsi una cosa et un'altra, un che lo resse; che dei destrier ch'in fuga erano corsi, quivi attaccate eran le briglie spesse. Ora un pensier di Rabicano solo lo fa tardar che non si leva a volo. 29 D'amar quel Rabicano avea ragione; che non v'era un miglior per correr lancia, e l'avea da l'estrema regïone de l'India cavalcato insin in Francia. Pensa egli molto; e in somma si dispone darne più tosto ad un suo amico mancia, che, lasciandolo quivi in su la strada, se l'abbia il primo ch'a passarvi accada. 30 Stava mirando se vedea venire pel bosco o cacciatore o alcun villano, da cui far si potesse indi seguire a qualche terra, e trarvi Rabicano. Tutto quel giorno e sin all'apparire de l'altro stette riguardando invano. L'altro matin, ch'era ancor l'aer fosco, veder gli parve un cavallier pel bosco. 31 Ma mi bisogna, s'io vo' dirvi il resto, ch'io trovi Ruggier prima e Bradamante. Poi che si tacque il corno, e che da questo loco la bella coppia fu distante, guardò Ruggiero, e fu a conoscer presto quel che fin qui gli avea nascoso Atlante: fatto avea Atlante che fin a quell'ora tra lor non s'eran conosciuti ancora. 32 Ruggier riguarda Bradamante, et ella riguarda lui con alta maraviglia, che tanti dì l'abbia offuscato quella illusïon sì l'animo e le ciglia. Ruggiero abbraccia la sua donna bella, che più che rosa ne divien vermiglia; e poi di su la bocca i primi fiori cogliendo vien dei suoi beati amori. 33 Tornaro ad iterar gli abbracciamenti mille fïate, et a tenersi stretti i duo felici amanti, e sì contenti, ch'a pena i gaudii lor capiano i petti. Molto lor duol che per incantamenti, mentre che fur negli errabondi tetti, tra lor non s'eran mai riconosciuti, e tanti lieti giorni eran perduti. 34 Bradamante, disposta di far tutti i piaceri che far vergine saggia debbia ad un suo amator, sì che di lutti, senza il suo onore offendere, il sottraggia; dice a Ruggier, se a dar gli ultimi frutti lei non vuol sempre aver dura e selvaggia, la faccia domandar per buoni mezzi al padre Amon: ma prima si battezzi. 35 Ruggier, che tolto avria non solamente viver cristiano per amor di questa, com'era stato il padre, e antiquamente l'avolo e tutta la sua stirpe onesta; ma, per farle piacere, immantinente data le avria la vita che gli resta: - Non che ne l'acqua (disse), ma nel fuoco per tuo amor porre il capo mi fia puoco. - 36 Per battezzarsi dunque, indi per sposa la donna aver, Ruggier si messe in via, guidando Bradamante a Vallombrosa (così fu nominata una badia ricca e bella, né men religïosa, e cortese a chiunque vi venìa); e trovaro all'uscir de la foresta donna che molto era nel viso mesta. 37 Ruggier, che sempre uman, sempre cortese era a ciascun, ma più alle donne molto, come le belle lacrime comprese cader rigando il delicato volto, n'ebbe pietade, e di disir s'accese di saper il suo affanno; et a lei volto, dopo onesto saluto, domandolle perch'avea sì di pianto il viso molle. 38 Et ella, alzando i begli umidi rai, umanissimamente gli rispose, e la cagion de' suoi penosi guai, poi che le domandò, tutta gli espose. - Gentil signor (disse ella), intenderai che queste guancie son sì lacrimose per la pietà ch'a un giovinetto porto, ch'in un castel qui presso oggi fia morto. 39 Amando una gentil giovane e bella, che di Marsilio re di Spagna è figlia, sotto un vel bianco e in feminil gonella, finta la voce e il volger de le ciglia, egli ogni notte si giacea con quella, senza darne sospetto alla famiglia: ma sì secreto alcuno esser non puote, ch'al lungo andar non sia chi 'l vegga e note. 40 Se n'accorse uno, e ne parlò con dui; gli dui con altri, insin ch'al re fu detto. Venne un fedel del re l'altr'ieri a nui, che questi amanti fe' pigliar nel letto; e ne la ròcca gli ha fatto ambedui divisamente chiudere in distretto: né credo per tutto oggi ch'abbia spazio il gioven, che non mora in pena e in strazio. 41 Fuggita me ne son per non vedere tal crudeltà; che vivo l'arderanno: né cosa mi potrebbe più dolere, che faccia di sì bel giovine il danno; né potrò aver giamai tanto piacere, che non si volga subito in affanno, che de la crudel fiamma mi rimembri, ch'abbia arsi i belli e delicati membri. - 42 Bradamante ode, e par ch'assai le prema questa novella, e molto il cor l'annoi; né par che men per quel dannato tema, che se fosse uno dei fratelli suoi. Né certo la paura in tutto scema era di causa, come io dirò poi. Si volse ella a Ruggiero, e disse: - Parme ch'in favor di costui sien le nostr'arme. - 43 E disse a quella mesta: - Io ti conforto che tu vegga di porci entro alle mura, che se 'l giovine ancor non avran morto, più non l'uccideran, stanne sicura. - Ruggiero, avendo il cor benigno scorto de la sua donna e la pietosa cura, sentì tutto infiammarsi di desire di non lasciare il giovine morire. 44 Et alla donna, a cui dagli occhi cade un rio di pianto, dice: - Or che s'aspetta? Soccorrer qui, non lacrimare accade: fa ch'ove è questo tuo, pur tu ci metta. Di mille lance trar, di mille spade tel promettian, pur che ci meni in fretta: ma studia il passo più che puoi; che tarda non sia l'aita, e intanto il fuoco l'arda. - 45 L'alto parlare e la fiera sembianza di quella coppia a maraviglia ardita, ebbon di tornar forza la speranza colà dond'era già tutta fuggita; ma perch'ancor, più che la lontananza, temeva il ritrovar la via impedita, e che saria per questo indarno presa, stava la donna in sé tutta sospesa. 46 Poi disse lor: - Facendo noi la via che dritta e piana va fin a quel loco, credo ch'a tempo vi si giungeria, che non sarebbe ancora acceso il fuoco: ma gir convien per così torta e ria, che 'l termine d'un giorno saria poco a riuscirne; e quando vi saremo, che troviam morto il giovine mi temo. - 47 - E perché non andian (disse Ruggiero) per la più corta? - E la donna rispose: - Perché un castel de' conti da Pontiero tra via si trova, ove un costume pose, non son tre giorni ancora, iniquo e fiero a cavallieri e a donne aventurose, Pinabello, il peggior uomo che viva, figliuol del conte Anselmo d'Altariva. 48 Quindi né cavallier né donna passa, che se ne vada senza ingiuria e danni: l'uno e l'altro a piè resta; ma vi lassa il guerrier l'arme, e la donzella i panni. Miglior cavallier lancia non abbassa, e non abbassò in Francia già molt'anni, di quattro che giurato hanno al castello la legge mantener di Pinabello. 49 Come l'usanza (che non è più antiqua di tre dì) cominciò, vi vo' narrare; e sentirete se fu dritta o obliqua cagion che i cavallier fece giurare. Pinabello ha una donna così iniqua, così bestial, ch'al mondo è senza pare; che con lui, non so dove, andando un giorno, ritrovò un cavallier che le fe' scorno. 50 Il cavallier, perché da lei beffato fu d'una vecchia che portava in groppa, giostrò con Pinabel ch'era dotato di poca forza e di superbia troppa; et abbattello, e lei smontar nel prato fece, e provò s'andava dritta o zoppa: lasciolla a piede, e fe' de la gonella di lei vestir l'antiqua damigella. 51 Quella ch'a piè rimase, dispettosa, e di vendetta ingorda e sitibonda, congiunta a Pinabel che d'ogni cosa dove sia da mal far, ben la seconda, né giorno mai, né notte mai riposa, e dice che non fia mai più gioconda, se mille cavallieri e mille donne non mette a piedi, e lor tolle arme e gonne. 52 Giunsero il dì medesmo, come accade, quattro gran cavallieri ad un suo loco, li quai di rimotissime contrade venuti a queste parti eran di poco; di tal valor, che non ha nostra etade tant'altri buoni al bellicoso gioco: Aquilante, Grifone e Sansonetto, et un Guidon Selvaggio giovinetto. 53 Pinabel con sembiante assai cortese al castel ch'io v'ho detto gli raccolse. La notte poi tutti nel letto prese, e presi tenne; e prima non li sciolse, che li fece giurar ch'un anno e un mese (questo fu a punto il termine che tolse) stariano quivi, e spogliarebbon quanti vi capitasson cavallieri erranti; 54 e le donzelle ch'avesson con loro porriano a piedi, e torrian lor le vesti. Così giurâr, così costretti fôro ad osservar, ben che turbati e mesti. Non par che fin a qui contra costoro alcun possa giostrar, ch'a piè non resti: e capitati vi sono infiniti, ch'a piè e senz'arme se ne son partiti. 55 È ordine tra lor, che chi per sorte esce fuor prima, vada a correr solo: ma se trova il nimico così forte, che resti in sella, e getti lui nel suolo, sono ubligati gli altri infin a morte pigliar l'impresa tutti in uno stuolo. Vedi or, se ciascun d'essi è così buono, quel ch'esser de', se tutti insieme sono. 56 Poi non conviene all'importanza nostra che ne vieta ogni indugio, ogni dimora, che punto vi fermiate a quella giostra; e presuppongo che vinciate ancora, che vostra alta presenzia lo dimostra, ma non è cosa da fare in un'ora; et è gran dubbio che 'l giovine s'arda, se tutto oggi a soccorrerlo si tarda. - 57 Disse Ruggier: - Non riguardiamo a questo: facciàn nui quel che si può far per nui; abbia chi regge il ciel cura del resto, o la Fortuna, se non tocca a lui. Ti fia per questa giostra manifesto, se buoni siamo d'aiutar colui che per cagion sì debole e sì lieve, come n'hai detto, oggi bruciar si deve. - 58 Senza risponder altro, la donzella si messe per la via ch'era più corta. Più di tre miglia non andâr per quella, che si trovaro al ponte et alla porta dove si perdon l'arme e la gonnella, e de la vita gran dubbio si porta. Al primo apparir lor, di su la ròcca è chi duo botti la campana tocca. 59 Et ecco de la porta con gran fretta, trottando s'un ronzino, un vecchio uscìo; e quel venìa gridando: - Aspetta, aspetta: restate olà, che qui si paga il fio: e se l'usanza non v'è stata detta, che qui si tiene, or ve la vo' dir io. - E contar loro incominciò di quello costume, che servar fa Pinabello. 60 Poi seguitò, volendo dar consigli, com'era usato agli altri cavallieri: - Fate spogliar la donna (dicea), figli, e voi l'arme lasciateci e i destrieri; e non vogliate mettervi a perigli d'andare incontra a tai quattro guerrieri. Per tutto vesti, arme e cavalli s'hanno: la vita sol mai non ripara il danno. - 61 - Non più (disse Ruggier), non più; ch'io sono del tutto informatissimo, e qui venni per far prova di me, se così buono in fatti son, come nel cor mi tenni. Arme, vesti e cavallo altrui non dono, s'altro non sento che minaccie e cenni; e son ben certo ancor, che per parole il mio compagno le sue dar non vuole. 62 Ma, per Dio, fa ch'io vegga tosto in fronte quei che ne voglion tôrre arme e cavallo; ch'abbiamo da passar anco quel monte, e qui non si può far troppo intervallo. - Rispose il vecchio: - Eccoti fuor del ponte chi vien per farlo: - e non lo disse in fallo; ch'un cavallier n'uscì, che sopraveste vermiglie avea, di bianchi fior conteste. 63 Bradamante pregò molto Ruggiero che le lasciasse in cortesia l'assunto di gittar de la sella il cavalliero, ch'avea di fiori il bel vestir trapunto; ma non poté impetrarlo, e fu mestiero a lei far ciò che Ruggier vòlse a punto. Egli vòlse l'impresa tutta avere, e Bradamante si stesse a vedere. 64 Ruggiero al vecchio domandò, chi fosse questo primo ch'uscia fuor de la porta. - È Sansonetto (disse); che le rosse veste conosco e i bianchi fior che porta. - L'uno di qua, l'altro di là si mosse senza parlarsi, e fu l'indugia corta; che s'andaro a trovar coi ferri bassi, molto affrettando i lor destrieri i passi. 65 In questo mezzo de la ròcca usciti eran con Pinabel molti pedoni, presti per levar l'arme et espediti ai cavallier ch'uscian fuor degli arcioni. Veniansi incontra i cavallieri arditi, fermando in su le reste i gran lancioni, grossi duo palmi, di nativo cerro, che quasi erano uguali insino al ferro. 66 Di tali n'avea più d'una decina fatto tagliar di su lor ceppi vivi Sansonetto a una selva indi vicina, e portatone duo per giostrar quivi. Aver scudo e corazza adamantina bisogna ben, che le percosse schivi. Aveane fatto dar, tosto che venne, l'uno a Ruggier, l'altro per sé ritenne. 67 Con questi, che passar dovean gl'incudi (sì ben ferrate avean le punte estreme), di qua e di là fermandoli agli scudi, a mezzo il corso si scontraro insieme. Quel di Ruggiero, che i demòni ignudi fece sudar, poco del colpo teme: de lo scudo vo' dir che fece Atlante, de le cui forze io v'ho già detto inante. 68 Io v'ho già detto che con tanta forza l'incantato splendor negli occhi fere, ch'al discoprirsi ogni veduta ammorza, e tramortito l'uom fa rimanere: perciò, s'un gran bisogno non lo sforza, d'un vel coperto lo solea tenere. Si crede ch'anco impenetrabil fosse, poi ch'a questo incontrar nulla si mosse. 69 L'altro, ch'ebbe l'artefice men dotto, il gravissimo colpo non sofferse. Come tocco da fulmine, di botto diè loco al ferro, e pel mezzo s'aperse; diè loco al ferro, e quel trovò di sotto il braccio ch'assai mal si ricoperse; sì che ne fu ferito Sansonetto, e de la sella tratto al suo dispetto. 70 E questo il primo fu di quei compagni che quivi mantenean l'usanza fella, che de le spoglie altrui non fe' guadagni, e ch'alla giostra uscì fuor de la sella. Convien chi ride, anco talor si lagni, e Fortuna talor trovi ribella. Quel da la ròcca, replicando il botto, ne fece agli altri cavallieri motto. 71 S'era accostato Pinabello intanto a Bradamante, per saper chi fusse colui che con prodezza e valor tanto il cavallier del suo castel percusse. La giustizia di Dio, per dargli quanto era il merito suo, vi lo condusse su quel destrier medesimo ch'inante tolto avea per inganno a Bradamante. 72 Fornito a punto era l'ottavo mese che, con lei ritrovandosi a camino, (se 'l vi raccorda) questo Maganzese la gittò ne la tomba di Merlino, quando da morte un ramo la difese, che seco cadde, anzi il suo buon destino; e trassene, credendo ne lo speco ch'ella fosse sepolta, il destrier seco. 73 Bradamante conosce il suo cavallo, e conosce per lui l'iniquo conte; e poi ch'ode la voce, e vicino hallo con maggiore attenzion mirato in fronte: - Questo è il traditor (disse), senza fallo, che procacciò di farmi oltraggio et onte: ecco il peccato suo, che l'ha condutto ove avrà de' suoi merti il premio tutto. - 74 Il minacciare e il por mano alla spada fu tutto a un tempo, e lo aventarsi a quello; ma inanzi tratto gli levò la strada, che non poté fuggir verso il castello. Tolta è la speme ch'a salvar si vada, come volpe alla tana, Pinabello. Egli gridando e senza mai far testa, fuggendo si cacciò ne la foresta. 75 Pallido e sbigottito il miser sprona, che posto ha nel fuggir l'ultima speme. L'animosa donzella di Dordona gli ha il ferro ai fianchi, e lo percuote e preme: vien con lui sempre, e mai non l'abbandona. Grande è il rumore, e il bosco intorno geme. Nulla al castel di questo ancor s'intende, però ch'ognuno a Ruggier solo attende. 76 Gli altri tre cavallier de la fortezza intanto erano usciti in su la via; et avean seco quella male avezza che v'avea posta la costuma ria. A ciascun di lor tre, che 'l morir prezza più ch'aver vita che con biasmo sia, di vergogna arde il viso, e il cor di duolo, che tanti ad assalir vadano un solo. 77 La crudel meretrice ch'avea fatto por quella iniqua usanza et osservarla, il giuramento lor ricorda e il patto ch'essi fatti l'avean, di vendicarla. - Se sol con questa lancia te gli abbatto, perché mi vòi con altre accompagnarla? (dicea Guidon Selvaggio): e s'io ne mento, levami il capo poi, ch'io son contento. - 78 Così dicea Grifon, così Aquilante. Giostrar da sol a sol volea ciascuno, e preso e morto rimanere inante ch'incontra un sol volere andar più d'uno. La donna dicea loro: - A che far tante parole qui senza profitto alcuno? Per tôrre a colui l'arme io v'ho qui tratti, non per far nuove leggi e nuovi patti. 79 Quando io v'avea in prigione, era da farme queste escuse, e non ora, che son tarde. Voi dovete il preso ordine servarme, non vostre lingue far vane e bugiarde. - Ruggier gridava lor: - Eccovi l'arme, ecco il destrier c'ha nuovo e sella e barde; i panni de la donna eccovi ancora: se li volete, a che più far dimora? - 80 La donna del castel da un lato preme, Ruggier da l'altro li chiama e rampogna, tanto ch'a forza si spiccaro insieme, ma nel viso infiammati di vergogna. Dinanzi apparve l'uno e l'altro seme del marchese onorato di Borgogna; ma Guidon, che più grave ebbe il cavallo, venìa lor dietro con poco intervallo. 81 Con la medesima asta con che avea Sansonetto abbattuto, Ruggier viene, coperto da lo scudo che solea Atlante aver sui monti di Pirene: dico quello incantato, che splendea tanto, ch'umana vista nol sostiene; a cui Ruggier per l'ultimo soccorso nei più gravi perigli avea ricorso. 82 Ben che sol tre fïate bisognolli, e certo in gran perigli, usarne il lume: le prime due, quando dai regni molli si trasse a più lodevole costume; la terza, quando i denti mal satolli lasciò de l'orca alle marine spume, che dovean devorar la bella nuda che fu a chi la campò poi così cruda. 83 Fuor che queste tre volte, tutto 'l resto lo tenea sotto un velo in modo ascoso, ch'a discoprirlo esser potea ben presto, che del suo aiuto fosse bisognoso. Quivi alla giostra ne venìa con questo, come io v'ho detto ancora, sì animoso, che quei tre cavallier che vedea inanti, manco temea che pargoletti infanti. 84 Ruggier scontra Grifone, ove la penna de lo scudo alla vista si congiunge. Quel di cader da ciascun lato accenna, et al fin cade, e resta al destrier lunge. Mette allo scudo a lui Grifon l'antenna; ma pel traverso e non pel dritto giunge: e perché lo trovò forbito e netto, l'andò strisciando, e fe' contrario effetto. 85 Roppe il velo e squarciò, che gli copria lo spaventoso et incantato lampo, al cui splendor cader si convenia con gli occhi ciechi, e non vi s'ha alcun scampo. Aquilante, ch'a par seco venìa, stracciò l'avanzo, e fe' lo scudo vampo. Lo splendor ferì gli occhi ai duo fratelli et a Guidon, che correa dopo quelli. 86 Chi di qua, chi di là cade per terra: lo scudo non pur lor gli occhi abbarbaglia, ma fa che ogn'altro senso attonito erra. Ruggier, che non sa il fin de la battaglia, volta il cavallo; e nel voltare afferra la spada sua che sì ben punge e taglia: e nessun vede che gli sia all'incontro, che tutti eran caduti a quello scontro. 87 I cavallieri e insieme quei ch'a piede erano usciti, e così le donne anco, e non meno i destrieri in guisa vede, che par che per morir battano il fianco. Prima si maraviglia, e poi s'avvede che 'l velo ne pendea dal lato manco: dico il velo di seta, in che solea chiuder la luce di quel caso rea. 88 Presto si volge, e nel voltar, cercando con gli occhi va l'amata sua guerriera; e vien là dove era rimasa, quando la prima giostra cominciata s'era. Pensa ch'andata sia (non la trovando) a vietar che quel giovine non pèra, per dubbio ch'ella ha forse che non s'arda in questo mezzo ch'a giostrar si tarda. 89 Fra gli altri che giacean vede la donna, la donna che l'avea quivi guidato. Dinanzi se la pon, sì come assonna, e via cavalca tutto conturbato. D'un manto ch'essa avea sopra la gonna, poi ricoperse lo scudo incantato; e i sensi rïaver le fece, tosto che 'l nocivo splendore ebbe nascosto. 90 Via se ne va Ruggier con faccia rossa che, per vergogna, di levar non osa: gli par ch'ognuno improverar gli possa quella vittoria poco glorïosa. - Ch'emenda poss'io fare, onde rimossa mi sia una colpa tanto obbrobrïosa? che ciò ch'io vinsi mai, fu per favore, diran, d'incanti, e non per mio valore. - 91 Mentre così pensando seco giva, venne in quel che cercava a dar di cozzo; che 'n mezzo de la strada soprarriva dove profondo era cavato un pozzo. Quivi l'armento alla calda ora estiva si ritraea, poi ch'avea pieno il gozzo. Disse Ruggiero: - Or proveder bisogna, che non mi facci, o scudo, più vergogna. 92 Più non starai tu meco; e questo sia l'ultimo biasmo c'ho d'averne al mondo. - Così dicendo, smonta ne la via: piglia una grossa pietra e di gran pondo, e la lega allo scudo, et ambi invia per l'alto pozzo a ritrovarne il fondo; e dice: - Costà giú statti sepulto, e teco stia sempre il mio obbrobrio occulto. - 93 Il pozzo è cavo, e pieno al sommo d'acque: grieve è lo scudo, e quella pietra grieve. Non si fermò fin che nel fondo giacque: sopra si chiuse il liquor molle e lieve. Il nobil atto e di splendor non tacque la vaga Fama, e divulgollo in breve; e di rumor n'empì, suonando il corno, e Francia e Spagna e le provincie intorno. 94 Poi che di voce in voce si fe' questa strana aventura in tutto il mondo nota, molti guerrier si missero all'inchiesta e di parte vicina e di remota: ma non sapean qual fosse la foresta dove nel pozzo il sacro scudo nuota; che la donna che fe' l'atto palese, dir mai non vòlse il pozzo né il paese. 95 Al partir che Ruggier fe' dal castello, dove avea vinto con poca battaglia; che i quattro gran campion di Pinabello fece restar come uomini di paglia; tolto lo scudo, avea levato quello lume che gli occhi e gli animi abbarbaglia: e quei che giaciuti eran come morti, pieni di meraviglia eran risorti. 96 Né per tutto quel giorno si favella altro fra lor, che de lo strano caso, e come fu che ciascun d'essi a quella orribil luce vinto era rimaso. Mentre parlan di questo, la novella vien lor di Pinabel giunto all'occaso: che Pinabello è morto hanno l'aviso, ma non sanno però chi l'abbia ucciso. 97 L'ardita Bradamante in questo mezzo giunto avea Pinabello a un passo stretto; e cento volte gli avea fin a mezzo messo il brando pei fianchi e per lo petto. Tolto ch'ebbe dal mondo il puzzo e 'l lezzo che tutto intorno avea il paese infetto, le spalle al bosco testimonio volse con quel destrier che già il fellon le tolse. 98 Vòlse tornar dove lasciato avea Ruggier; né seppe mai trovar la strada. Or per valle or per monte s'avvolgea: tutta quasi cercò quella contrada. Non vòlse mai la sua fortuna rea, che via trovasse onde a Ruggier si vada. Questo altro canto ad ascoltare aspetto chi de l'istoria mia prende diletto.
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