| Il dialogo solitario di Fornasari
Nella raccolta di liriche pubblicata da Aletti Editore
Con Invocazioni. Diaologo Solitario (Aletti Editore, 2007) Umberto Fornasari fa il suo esordio poetico dopo lunghi anni in cui il lavoro intellettuale e artistico è stato la sua quotidianità: si va dall’impegno profuso per il Collegio Alberoni fino alla scrittura e alla regia cinematografica, dalle riduzioni teatrali fino alla stesura di testi narrativi.
In questo caso ci troviamo di fronte a un diario lirico fatto di appunti in versi, in un caso anche datati (Trentuno di Dicembre al mare di Monterosso), per lo più invece liberi da riferimenti precisi e quindi pronti a diventare universali. Vere e proprio cascate di versi brevi e brevissimi che rimandano ai versicoli ungarettiani portano il lettore in un’atmosfera di sospensione che non è quella di un passato indefinito ma piuttosto di un futuro che verrà, perché il poeta lo desidera fortemente. E’ questo infatti il dato tutt’altro che comune del fare poesia di Umberto Fornasari: invece di mettere in scena i ricordi (quante volte leggiamo poesie sulle nonne, su come era bella l’infanzia, su quello che non c’è più’?) oppure raccontare quello che gli capita sotto gli occhi tutti i giorni, qui il poeta sceglie spessissimo il tempo futuro, accompagnato anche dall’imperativo. E’ l’imperativo delle cose da fare, delle cose da cambiare per migliorare il mondo e la propria vita, per strappare uno scampolo di felicità in più, e il tempo futuro è quello in cui tutto questo deve avvenire.
Un’altra cosa che vale poi la pena di considerare in questo esordio è la lingua. Si tratta senz’altro di italiano in senso pieno perché non c’è dialettalismo o pastiche con termini altri o magari tracce latine, ma il lessico sembra selezionato sulle frequenze di una lingua sacra, in particolare quella dell’Antico Testamento. E’ una cosa ancora una volta singolare, che pone Fornasari al riparo da un filone forte che inanella Petrarca e Leopardi e rischia sempre di travolgere il poeta poco esperto, e gli mette a disposizione un’intonazione alta che di solito non è propria della lirica. Anche le immagini sembrano venire da una sapienza che ha percorso i secoli, rinnovata però nel presente. Bastino come esempio questi versi da Del Vento levato: “Più bella / sarà la pietra levigata? / Più povera, / scippata del detrito? / Oppure / nuova / per differenza, / nata / per sottrazione?”. E allora viene da chiedersi chi sia tra noi la pietra levigata e come dobbiamo davvero intendere un’immagine così riuscita.
Infine il titolo, o meglio il sottotitolo. Umberto Fornasari sceglie di siglare queste poesie sotto l’insegna di un “dialogo solitario” perché tutto l’impegno di cui si è detto (gli imperativi, il futuro) può spaventare gli altri e il rischio che il dialogo diventi solitario, e cioè monologo, è concreto. Quello che è da augurare, all’uomo prima che al poeta, è che non sia così, perché noi tutti esistiamo solo nel nostro esistere per gli altri e negli altri. Stefano Fugazza nel chiudere la prefazione al volume è perentorio: “Non è vero che il dialogo è solitario”.
Gabriele Dadati
Tratto dal quotidiano Libertà del 05.11.2007
Gabriele Dadati (Piacenza, 1982) ha pubblicato tra le altre cose Quando saremo veri (Stampa Alternativa, 2004) e Sorvegliato dai fantasmi (pe-Quod, 2006; premio Dante Graziosi, finalista Libro dell’anno per Fahrenheit di Radio 3 Rai). Scrive sulla terza pagina del quotidiano “Libertà”, collabora con la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza e codirige “Ore Picole” rivista di arte e letteratura.
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