| Intervista rilasciata nel gennaio 2008 e pubblicata sul sito
libriescrittori
Ci racconti un po’ di lei e del suo approccio al mondo della scrittura
Sono un ragazzo che ama trascorrere molto tempo con sé stesso, riflettendo e fantasticando su quanto gli accade ogni giorno. Il mio approccio con la scrittura ha avuto luogo nell’ambito della sceneggiatura cinematografica. Qualche anno fa, mentre svolgevo il servizio civile, decisi di acquistare un manuale di sceneggiatura per realizzare un cortometraggio. E dopo il primo (che durava 11 minuti), realizzai il secondo (questa volta di 44 minuti). Il piacere di scrivere, pertanto, è sorto in me come ineliminabile presupposto di un’altra passione: la regia cinematografica. Dopo una breve esperienza nel settore, come assistente alla regia, ho deciso di tornare a seguire il mio percorso naturale e svolgere quindi il tirocinio per diventare avvocato. Oggi che il lavoro mi assorbe molto e non dispongo più del tempo necessario per realizzare cortometraggi, la scrittura, per me, ha assunto un ruolo diverso, autonomo, decisamente più di rilievo. Se anche adoro rappresentare per immagini la mia fantasia, ad ogni modo ho scoperto nella narrativa un mezzo espressivo per molti versi più profondo, poiché mi consente di scavare nell’interiorità e soprattutto di descrivere situazioni e personaggi come le sole immagini non sono capaci di fare.
Qual è stato il suo percorso di studi?
Come scuola superiore ho scelto “ragioneria”, poiché, essendo mio padre dottore commercialista, si pensava che io potessi seguire le sue orme. Scoperta una certa attitudine per le materie giuridiche, dopo il diploma mi sono iscritto alla facoltà di giurisprudenza presso l’università “La Sapienza” di Roma, dove mi sono laureato nel gennaio del 2003. Attualmente sono in procinto di sostenere l’esame di abilitazione per la professione forense.
Quando e perchè ha iniziato a scrivere?
Mi è sempre piaciuto scrivere. Quando ero molto giovane ho composto poesie e canzoni per ragazze che mi piacevano; poi, come ho già detto, il foglio e la penna sono divenuti per me lo strumento per “scrivere” immagini. L’idea di realizzare racconti e romanzi, invece, mi è insorta recentemente, in un periodo di particolare intensità emotiva, quando ho avvertito un maggior bisogno di esprimermi, ed ho scoperto che attraverso i miei personaggi riuscivo ad aiutarmi, come fossi terapeuta di me stesso.
In termini umani, cosa significa per lei scrivere?
Significa scavare nella propria intimità. E’ la ricerca di noi stessi attraverso un viaggio, un percorso il cui inizio si conosce, ma il cui esito costituisce in più delle volte una sorpresa. La scrittura, per me, è un vero bisogno, poiché mi accorgo che nell’attuale società è difficile comunicare. La necessità di esprimersi liberamente, e, soprattutto, integralmente, si risolve il più delle volte in un desiderio inappagabile: le persone tendono a parlarti sopra, a non ascoltarti se non ne ricavano una qualche utilità; per questo trovo indispensabile aprirmi per lo meno con la persona che più mi vuole bene, ossia me stesso.
Quali sono i suoi libri del cuore?
Sicuramente “Una vita”, Guy de Maupassant, “Delitto e Castigo”, Dostoevskij e “Il processo”, Kafka, “L’amico ritrovato”, Fred Uhlman
E quelli che non leggerebbe mai?
“Guerra e pace”
Il libro più bello che ha letto negli ultimi tre anni?
E’ difficile sceglierne uno, dico “Una vita”
E quello che meno le è piaciuto?
“Dedalus” di Joyce
Qual è il rapporto con la sua regione e con la sua terra?
Amo Roma. Sono legato alle zone dove ho vissuto la mia infanzia. Spesso costruisco le mie storie riferendomi mentalmente ad un posto reale del mio vissuto. In alcuni momenti, però, mi piacerebbe fuggir via, lontano dal caos e lo stress di questa grande metropoli. Un giorno scrissi una canzone nella quale esprimevo il mio rapporto conflittuale con la città. Ad ogni modo, né allora né oggi me ne andrei via.
Cosa le piace e cosa non le piace dell’editoria odierna italiana?
Che esiste un potere “di pochi” e le piccole case editrici devono accontentarsi di sopravvivere.
Cosa le piace e cosa non le piace del panorama culturale italiano d’oggi?
Non mi piace la comunicazione televisiva. Oggi abbondano i reality, le trasmissioni deliranti, prive di contenuto; sono poche le emittenti che contribuiscono ad innalzare il tasso culturale della popolazione. I mass media, secondo me, dovrebbero incentivare il progresso e non assecondare la morbosità e la futilità per ottenere incassi. Mi piacciono invece le mostre, i circoli artistici, le iniziative alla lettura, quelle intraprese per avvicinare la gente al cinema, al teatro, e condivido ogni spazio (compreso Internet) dove le persone possono incontrarsi e svolgere conversazioni elevate.
Come è arrivato alla pubblicazione del suo lavoro?
Ho conosciuto il mio editore tramite il Web. Dopo avergli inviato la mia bozza ho ricevuto una proposta di pubblicazione e l’ho accettata.
Cinema: qual è il suo film preferito?
Tra la moltitudine dico “C’era una volta in America”
Musica: la canzone del cuore?
“November Rain” dei Guns N’ Roses
Ha frequentato corsi di scrittura creativa?
Ancora no, sono da sempre un autodidatta; ma ho deciso che non appena sarà possibile mi iscriverò ad un corso di scrittura creativa.
Ritiene siano utili?
Se gli insegnanti e i programmi di lavoro sono di valore, certamente si.
Quale ritiene sia l’aspetto più complesso della scrittura narrativa?
Comporre la struttura della storia, lo scheletro. Stabilire i tempi, delineare correttamente il flusso della narrazione. Trasmettere in modo chiaro lo scopo del protagonista, e far sembrare il suo conseguimento una volta lontano, poi vicino, poi ancora lontano, e di nuovo vicino, ecc. Solo con una buona struttura è possibile suscitare nel lettore un alternarsi di emozioni contrastanti, senza annoiarlo mai. E’ essenziale elaborare un testo razionale ed accurato, evitando i c.d. “buchi”, e riuscendo a far combaciare gli infiniti tasselli di cui ogni storia ben narrata si compone. La cosa più importante per uno scrittore, a mio modo di vedere, è non aver fretta di scrivere e aver piuttosto cura di pianificare il lavoro.
Come scrive: su carta o al computer? Di giorno o di notte? In solitudine o fra altre persone? Segue “riti” particolari?
Scrivo al computer, prevalentemente di notte, necessariamente in solitudine. A volte, per accendere la mia ispirazione, ascolto musica a basso volume, per lo più melodie dolci e senza testo cantato, dove suona un piano.
Come è nata in lei l’idea di raccontare quel che ha raccontato nel suo libro più recente?
Un giorno presi eccezionalmente l’autobus per tornare a casa, e lì mi accorsi di quanto fastidio provavo nel condividere uno spazio angusto con persone a me estranee. Il giorno dopo ho scritto due righe, poi ho aggiunto un evento. In quel momento è nato Andrea, un personaggio solo ed inquieto. Da li in poi mi sono chiesto di continuo: “e adesso cosa gli succederà?” Arricchito l’intreccio, sono passato “in scaletta” ed ho creato lo scheletro della storia. Da poco tempo avevo chiuso un’importante relazione d’amore e scrivere il libro mi è servito, oltre che a tenere il pensiero impegnato, per spiegare a me stesso i reali motivi di quella sofferta decisione.
Cosa significa per lei raccontare una storia?
Significa esporre senza mezzi termini le proprie visioni, rielaborare le personali esperienze e condividerle con gli altri. Ma soprattutto vuol dire aprirsi e conoscersi a fondo, raggiungere un’intimità piena ed assoluta con se stessi.
Preferisce cimentarsi col racconto o col romanzo?
A seconda dei casi: se la mia esigenza espressiva toccasse un tema ristretto comporrei un racconto; nel caso contrario, se intendessi aprirmi a fondo, su argomenti più estesi e complessi, allora scriverei un romanzo.
Ci dia una sua definizione dell’uno e dell’altro?
Il racconto è un frammento di vita dei personaggi, che si risolve rapidamente per imprimere nel lettore sensazioni forti ed immediate. Il romanzo, invece, richiede una vera attività di riflessione da parte del lettore: una elaborazione accurata ed estesa nel tempo, su temi di certo più approfonditi e complessi, il cui epilogo, il più delle volte, si risolve in un concentrato di impressioni vaghe e sfumate.
Come ha scelto il titolo del suo libro più recente?
“Il posto libero” è il sedile che il protagonista occupa durante i consueti viaggi in treno condivisi con la donna amata, e, allo stesso tempo, il luogo ideale del mondo che egli rincorre per tutta la storia.
Quanto tempo ha impiegato per scriverlo?
Per la prima stesura ho impiegato circa 4 mesi. Per renderlo definitivo più o meno un anno.
Ha vinto premi letterari?
E’ stato appena pubblicato.
Crede nei premi letterari?
Si, sarebbe bellissimo ottenerne uno.
Ha altri progetti in cantiere?
Per il momento mi dedico alla promozione del mio romanzo “Il posto libero”, a cui credo moltissimo.
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