| COLLECTIVE THINKING, collettiva d’estate
a cura di Stefano Castelli
E’ ormai divenuta proverbiale l’affermazione che “l’arte è inutile”. Eppure, è possibile individuare due compiti, due principali “funzioni” che l’arte è chiamata a svolgere. Innanzitutto, suscitare piacere estetico. In secondo luogo, la produzione di discorso pubblico: la serie di riflessioni che l’opera suscita e la condivisione di queste, che arrivano talvolta a modificare la visione della realtà. Dunque l’opera d’arte, per arrivare ad interagire con la nostra visione della vita, non può prescindere dalla dimensione del dialogo, di una dialettica che metta in circolo idee, sensazioni ed emozioni, nonchè tutta la teoria di riflessioni metaartistiche oggi più che mai attuali.
Considero la Galleria Delle Battaglie un luogo dove a questo dialogo è lasciata la possibilità di prodursi e di svolgersi, sia grazie alle scelte della direzione sia per la natura degli spazi. Le sale possiedono una conformazione “calda”, domestica ma elegante, e la loro irregolarità impone all’artista di confrontarsi con esse. Questa dialetticità ha trovato un potenziamento nuovo ed improvviso nell’utilizzo delle sale al piano superiore, impiegate in quest’ultima stagione per la stimolante Trilogia ideata da Alberto Zanchetta.
La linea della galleria si concede una certa distanza dalle leggi più inibitorie del mercato; la pittura e la figurazione sono scelte d’elezione ma non dogmi: le varie poetiche convivono senza disperdersi. Tutte queste scelte, assieme al dialogo di cui sopra, hanno prodotto una stagione 2006-2007 di ottimo livello, che ha indotto più di un coup de cœur. A partire da Eloisa Gobbo, che si trincera dietro una decorazione sempre più perfezionata ed accattivante per sferrare icastici attacchi all’ordine del costituito, pittorico e non. Sorprendente anche Luca Bertasso, che ha proposto variazioni sottili ma sostanziali nell’ambito di un lavoro che si fonda proprio sulla continuità stilistica. Sarah Ledda si è cimentata con l’immaginario collettivo, che ormai non produce più sogni ma riproduce stilemi cinematografici o televisivi; se ormai è la vita che imita il cinema e la televisione e non viceversa, l’arte non può che intervenire alla fonte della produzione dell’immaginario. La mostra sulla pittura italiana anni ’70-’80 ha esplicitato una delle possibili genealogie che i giovani artisti hanno solo apparentemente diseredato. Infine la fotografia (in Orizzonti e dintorni), più che mai frammista con suggestioni pittoriche e riflessioni teoriche sullo status della contemporaneità. Fra i giovani emersi dalla Trilogia, meritano menzione almeno Pierluca Cetera, Marco Mazzoni, Pastorello e Alberto Zamboni, dei quali è lecito aspettarsi notizie sempre più frequenti nell’immediato futuro.
Un’altra forma di dialogo è stata quella intrapresa da Mauro Soggiu, confrontatosi con la realtà statunitense nel corso di due soggiorni di lavoro a New York. Ne sono uscite le opere più compiute realizzate finora dall’artista, che saranno presentate nella personale che aprirà la prossima stagione della galleria.
E ancora, sono presenti in galleria e in questa collettiva artisti che hanno ormai bisogno di poca presentazione, affermati sul mercato e nel dibattito critico: Baricchi, Fantini, Frangi, Pellegrini, Spadari e Spring.
Collective thinking è il titolo di questa antologica degli artisti della galleria, sospesa a metà fra riassunto di ciò che è già avvenuto e anticipazione di ciò che avverrà. “Pensiero collettivo”, dunque: nelle scienze sociali è sempre più messa in evidenza la natura socialmente costruita e interindividuale del pensiero e del linguaggio. Un gruppo di persone che si rapporta produce un pensiero che è più ampio della somma del pensiero dei singoli individui. Nel nostro caso si vuole mettere in evidenza la natura dialettica che può assumere il linguaggio dell’arte, senza determinismi di sorta, ma nella logica del confronto che una mostra collettiva può stimolare. Alla ricerca del potenziamento di senso che può purificare il discorso pubblico e l’immaginario, inquinati dai dettami del sistema della comunicazione di massa, a cui l’arte certo si ispira ma non deve conformarsi.
In mostra fino al 15 settembre: Daniela Alfarano, Mirko Baricchi, Giorgia Beltrami, Luca Bertasso, Beppe Bonetti, Loredana Catania, Pierluca Cetera, Marco Fantini, Giovanni Frangi, Eloisa Gobbo, Federico Guerri, Sarah Ledda, Sylvia Mair, Marco Mazzoni, Fulvia Mendini, Pastorello, Luca Piovaccari, Mauro Soggiu, Alessandro Spadari, Lorenz Spring, Alberto Zamboni
Galleria delle Battaglie
via delle Battaglie 69/A - 25122 Brescia
Tel. 0303759033 - Cell. 335/5853121
galleria@galleriabattaglie.it
www.galleriabattaglie.it
COLLECTIVE THINKING di Stefano Castelli
E’ ormai divenuta proverbiale l’affermazione che “l’arte è inutile”. Eppure, è possibile individuare due compiti, due principali “funzioni” che l’arte è chiamata a svolgere. Innanzitutto, suscitare piacere estetico. In secondo luogo, la produzione di discorso pubblico: la serie di riflessioni che l’opera suscita e la condivisione di queste, che arrivano talvolta a modificare la visione della realtà. Dunque l’opera d’arte, per arrivare ad interagire con la nostra visione della vita, non può prescindere dalla dimensione del dialogo, di una dialettica che metta in circolo idee, sensazioni ed emozioni, nonchè tutta la teoria di riflessioni metaartistiche oggi più che mai attuali.
Considero la Galleria Delle Battaglie un luogo dove a questo dialogo è lasciata la possibilità di prodursi e di svolgersi, sia grazie alle scelte della direzione sia per la natura degli spazi. Le sale possiedono una conformazione “calda”, domestica ma elegante, e la loro irregolarità impone all’artista di confrontarsi con esse. Questa dialetticità ha trovato un potenziamento nuovo ed improvviso nell’utilizzo delle sale al piano superiore, impiegate in quest’ultima stagione per la stimolante Trilogia ideata da Alberto Zanchetta.
La linea della galleria si concede una certa distanza dalle leggi più inibitorie del mercato; la pittura e la figurazione sono scelte d’elezione ma non dogmi: le varie poetiche convivono senza disperdersi. Tutte queste scelte, assieme al dialogo di cui sopra, hanno prodotto una stagione 2006-2007 di ottimo livello, che ha indotto più di un coup de cœur. A partire da Eloisa Gobbo, che si trincera dietro una decorazione sempre più perfezionata ed accattivante per sferrare icastici attacchi all’ordine del costituito, pittorico e non. Sorprendente anche Luca Bertasso, che ha proposto variazioni sottili ma sostanziali nell’ambito di un lavoro che si fonda proprio sulla continuità stilistica. Sarah Ledda si è cimentata con l’immaginario collettivo, che ormai non produce più sogni ma riproduce stilemi cinematografici o televisivi; se ormai è la vita che imita il cinema e la televisione e non viceversa, l’arte non può che intervenire alla fonte della produzione dell’immaginario. La mostra sulla pittura italiana anni ’70-’80 ha esplicitato una delle possibili genealogie che i giovani artisti hanno solo apparentemente diseredato. Infine la fotografia (in Orizzonti e dintorni), più che mai frammista con suggestioni pittoriche e riflessioni teoriche sullo status della contemporaneità. Fra i giovani emersi dalla Trilogia, meritano menzione almeno Pierluca Cetera, Marco Mazzoni, Pastorello e Alberto Zamboni, dei quali è lecito aspettarsi notizie sempre più frequenti nell’immediato futuro.
Un’altra forma di dialogo è stata quella intrapresa da Mauro Soggiu, confrontatosi con la realtà statunitense nel corso di due soggiorni di lavoro a New York. Ne sono uscite le opere più compiute realizzate finora dall’artista, che saranno presentate nella personale che aprirà la prossima stagione della galleria.
E ancora, sono presenti in galleria e in questa collettiva artisti che hanno ormai bisogno di poca presentazione, affermati sul mercato e nel dibattito critico: Baricchi, Fantini, Frangi, Pellegrini, Spadari e Spring.
Collective thinking è il titolo di questa antologica degli artisti della galleria, sospesa a metà fra riassunto di ciò che è già avvenuto e anticipazione di ciò che avverrà. “Pensiero collettivo”, dunque: nelle scienze sociali è sempre più messa in evidenza la natura socialmente costruita e interindividuale del pensiero e del linguaggio. Un gruppo di persone che si rapporta produce un pensiero che è più ampio della somma del pensiero dei singoli individui. Nel nostro caso si vuole mettere in evidenza la natura dialettica che può assumere il linguaggio dell’arte, senza determinismi di sorta, ma nella logica del confronto che una mostra collettiva può stimolare. Alla ricerca del potenziamento di senso che può purificare il discorso pubblico e l’immaginario, inquinati dai dettami del sistema della comunicazione di massa, a cui l’arte certo si ispira ma non deve conformarsi
|