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Info sull'Opera
Autore:
Federigo Tozzi
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

Con gli occhi chiusi - 12

di Federigo Tozzi

A settembre egli tornò a Firenze con il pretesto degli esami di riparazione; quantunque si dolesse di perdere il tempo inevitabilmente, trovando giusto, come un castigo, di star lontano dai suoi libri, dai sui compagni che non lo salutavano né meno più. Gli faceva l'effetto di nascondersi, e di compromettersi verso tutti. Ma quella volontà d'inabissarsi, che nasceva da un'angoscia, gli faceva gonfiare il cuore: il cuore gli batteva in un altro modo!
Dalla sua casa di Via Cimabue, non esciva ormai che per mangiare. Ma non gli era possibile altrimenti, sebbene gliene rincrescesse e fosse tentato di vincersi.
Ghìsola, già a Firenze prima di lui, stava in una di quelle case che si chiamano private; dove guadagnava molto bene. E, informata da una lettera di Pietro, respinta da Radda, andò subito da lui: anche per allontanare qualunque sospetto.
Quando la padrona, che l'aveva fatta passare, si mosse per chiamarlo, ella fece cenno di no; e, camminando senza farsi udire, batté con la punta delle dita alla porta della camera. Egli, indovinando ch'era lei, balzò in piedi ed aprì.
Ghìsola finse di non voler entrare. Egli la portò dentro: e la baciò, tremando tutto. Ella disse, sorridendo e schermendosi: - Non voglio più!
Poi si sedé; dopo essersi tolto il cappello, che mise su le ginocchia. Ma egli ebbe un tuffo caldo al cuore, e sentì arrossarsi la faccia perché non poté fare a meno di chiederle: - Perché eri già venuta via da Radda senza avermelo scritto?
Ed ella, con il suo bel viso che talvolta pigliava una purezza assoluta, rispose senza badare a quel che diceva: - Sono arrivata ora. Ha voluto, per forza, che tornassi la mia padrona di Badia a Ripoli. E a Radda non ho potuto a nessuno dettare la lettera per te, perché non volevo far sapere che ci vediamo. Non ho agito bene?
- Tanto. Ti riprende lei, dunque?
- Sì.
- Allora sono contento. Ma non puoi almeno per oggi restare con me?
- Ho già pensato a chiederle il permesso.
Egli, credendole, l'abbracciò in un impeto di riconoscenza.
Escirono subito insieme; e andarono a spasso per Firenze. Mangiarono; e, poi, si trattennero a parlare in uno di quei sedili del giardinetto di Piazza San Marco, dove vendono i brigidini e i semi di zucca ai soldati e agli oziosi.
La sera ella gli disse, ridendo: - Devo andarmene, perché, se faccio troppo tardi, un'altra volta non mi lascerebbero libera.
E si lasciarono: egli non pensò né meno di curarsi dove andava.
L'attese tre giorni sempre chiuso in casa; imaginandosi di confidarle tutto degli esami; e non sapeva se a Ghìsola gliene importasse o no. E questo proposito gli dava un godimento quasi voluttuoso.
Gli erano insopportabili i rumori, anche lievi; trovando rimedio nel lasciarsi assopire sul letto. E allora gli pareva che le tempie battessero con meno fatica; e che il cuore gli si gonfiasse senza ch'egli ne sentisse la gonfiezza. Ma le sue mani fredde gli facevano un senso di pena e di paura, ricordandogli la sua vita a Siena.
Se non avesse temuto di far dispiacere a Ghìsola, l'avrebbe pregata, con tutta la dolcezza che ne provava, ad uccidersi con lui.
Ma quando Ghìsola tornò a trovarlo, tutto cambiò. L'avrebbe trattato da pazzo, ridendogli in faccia, con quel suo riso di cui egli aveva spavento, benché la facesse più bella!
Stettero insieme un altro giorno intero, come l'altra volta; e, poi, non si videro più.

A Siena, Pietro inventò che gli esami erano andati male.
Egli si sentiva sempre di più una vittima di quelle ingiustizie, contro le quali tutti avrebbero dovuto insorgere d'accordo.
Domenico gridò: - Che hai fatto? Se tu avessi studiato... Sei convinto che non sei nato per la scuola?
La collera gli parve meritata, ma gli bastava che egli non facesse alcuna allusione a Ghìsola.
Il suo malumore e la sua ansia si riaprirono; e, questa volta, peggio, perché l'amore per Ghìsola cresceva sempre. Tutte le altre cose non lasciavano traccia, come se non lo riguardassero né meno.
Sentiva d'esser caduto dentro un vuoto, dal quale non sarebbe più uscito. Ma doveva incolparne Ghìsola? No: soltanto se stesso; anzi, si credette perduto dinanzi a lei. Ma pensava, ogni mattina, destandosi: «Se non ci fosse Ghìsola, io mi ucciderei!». E vedeva ritrarsi tutta la tranquillità morale, a cui s'era soltanto avvicinato.

Domenico non manifestò subito l'impazienza che aveva di veder Pietro occuparsi degli affari. Ma come le conversazioni doventavano di quell'affabilità affettata, che cela in sé gli scoppi della collera, così anche evitarono di parlarsi. Tutti tenevano dalla parte del Rosi, e si aspettavano una leticata. Pietro lo capì, fingendo di non accorgersi di quello che pensasse suo padre quando lo guardava quasi di sfuggita.
Domenico talvolta si stimava un uomo semplice e rozzo dinanzi a un raffinato ed un cattivo. E allora temeva d'averne la peggio.
Che cosa erano valsi i lunghi sforzi, di cui aveva riempito tutta la vita? Morendo, non avrebbe consegnato al figliolo ciò che aveva potuto strappare con il lavoro e l'astuzia? E proprio il figliolo non l'apprezzava? Proprio il figliolo voleva mandare in rovina il patrimonio?
Allora si accorse dell'errore che aveva fatto, accordandogli troppo anche a riguardo di Ghìsola. Egli stesso l'aveva accolta in casa! Ed ora, la disonesta, glielo metteva contro, insegnandogli ad odiarlo!
Gli parve un tradimento cercato: il seminario, l'accademia di belle arti, la scuola tecnica, l'istituto tecnico, i maestri privati, tutto!
Questi pensieri li aveva avuti tante volte, che stimava essere il momento di non lasciarsi sopraffare.
Seduto su la sedia che gli serviva da più di venti anni, lo seguiva con lo sguardo, tenendo le mani in tasca dei calzoni e appoggiando al muro il capo già calvo. Ma non diceva niente, procurando di distrarsi con i servi e con qualche cliente che andava a salutarlo.
Pietro pensava a tutte le cose famigliari che avrebbe voluto possedere per sé e per Ghìsola.
Pensava al lume così quieto e sempre eguale, con la campana di latta. Pensava alla poltrona della mamma, sotto il cui guanciale era una specie di cassetto di legno, dov'ella aveva tenuto i gomitoli delle lane e i suoi due soli libri, due romanzi a dispense illustrate. Pensava ai quattro guanciali a cui ella s'appoggiava; i quali si erano deformati ciascuno in modo riconoscibile. Pensava all'odore dell'acqua di Colonia, alle boccette antisteriche, ad una crocettina d'oro consunto.
Prima d'addormentarsi nel suo letto duro, ricordava tutte le cose più note; alle quali portava un'affezione intensa per quanto incosciente. Gli pareva di dover dare un'altra impronta e un altro significato a tali cose. Ghìsola sarebbe stata la rinnovatrice. Ed egli provava la stessa dolcezza che aveva provato stando insieme con lei.
Spenta la candela, si voltava dalla parte del muro e dormiva.
Domenico, verso la mezzanotte, attraversava la camera, con in mano la lucerna d'ottone. E allora Piero si destava e gli veniva voglia d'alzare il capo. Ma l'altra porta si richiudeva; ed egli rimaneva con quello scontento di quando è interrotta una disposizione d'animo.
La mattina, Domenico esciva prestissimo senza dir niente a lui, che si provava a dare un'altra intonazione a quei sogni che si hanno durante il dormiveglia quando pare che siamo in grado di smettere o di continuare il sonno.
Si sedeva al suo tavolino, senza far niente, con i ginocchi appuntati sotto il cassetto. Gli pareva impossibile che tutte le cose si disinteressassero di lui; mentre la sua memoria sensuale gli produceva una sovreccitazione inebriante.
Si commoveva, dunque, d'esser destinato soltanto a soffrire: «Perché io non posso vedere Ghìsola? Nessuno è costretto come me a rinunciare a tutto. E nessuno se ne immischia. Non so spiegarmi come agli altri sia possibile avere qualche occupazione ch'io non avrò mai: il vetturino frusta il cavallo per far più presto; gli spazzini annaffiano».
Ma evitava d'entrare nella bottega, fino all'ora del pranzo. E doveva aspettare il momento opportuno, perché anche il cuoco non gli rispondesse male; accontentandosi di quello che gli davano, e prendendo da se stesso il pane e le posate nella dispensa.
Egli che aveva amato idealmente gli altri, provava ora uno struggimento amaro. Ma c'era caso che suo padre gli dicesse: - Non stare nel mezzo, mentre passano i camerieri. Tu non lavori!
Poi esciva di bottega, perché non volesse obbligarlo a lavorare. «È possibile ch'io sia costretto a correre dal pizzicagnolo, a comprare il formaggio? Oppure a prendere una sporta e farla riempire di pane? Oppure discutere con qualcuno che vuole scemare il conto? Ghìsola, del resto, non acconsentirebbe più a sposarmi.»
Un giorno, ricevette una lettera. La calligrafia della busta gli dette subito il senso di un avvenimento inevitabile. Non voleva aprirla. E lesse: «Ghìsola lo tradisce. Se vuole averne la prova, vada in via della Pergola...».
Vi era il numero della casa, e un nome di donna; forse, falso.
Gli parve che queste parole risolvessero una cosa inspiegabile. Egli pensò: «Vi deve essere un vero motivo».
E tutte le avversità dolorose gli comparvero l'una dopo l'altra, provando meraviglia della compassione che una persona ignota aveva avuto di lui.
Poi rifletté al modo di trovarsi i denari per andare a sorprendere Ghìsola. Rebecca non glieli voleva prestare, rimproverandolo che non le avesse restituiti né meno gli altri. Ma Pietro insisté: - Come vuoi che possa chiederli a mio padre?
- Se li faccia dare da qualche suo amico.
Intanto si mosse verso il canterano, determinata di prestarglieli perché appurasse l'innocenza della nipote. Ma innanzi prese una pezza pulita per il suo bambino, che teneva in collo. La distese sopra il letto, buttò quella sporca sotto l'armadio; e pareva che il bambino, piangendo, le facesse dimenticare il denaro.
Tenne ancora il capo giù, come per riflettere; se fosse valso, sarebbe andata invece di lui da Domenico; ma per quello scopo non c'era da immischiarsene. Gli disse: - Non può fare a meno d'andare subito domattina?
Egli rispose: - È possibile dopo che ho ricevuto questa lettera?
Ella comprese e sospirò. Egli, aspettando un poco, disse: - Dammeli.
- Quanti gliene occorrono?
- Più dell'altra volta.
- Dio mio, come faccio a trovarli! Perché non pensa a metterli da parte un pochi per settimana?
Egli sì rammaricò di non averci mai pensato; e gli parve inspiegabile: - Farò così da qui innanzi. Questa volta... dammeli tu.
Se avesse dovuto attendere ancora, non avrebbe avuto l'animo d'insistere; ma Rebecca, credendo alla sua promessa, cedette.
Pietro contò da sé i denari; mentre ella, appoggiandosi al cassetto aperto, lo guardava in viso.
Le sorrise e la ringraziò.
Rebecca, accompagnandolo in cima alle scale, gli raccomandò ancora: - Pensi che me li deve restituire.
Era vero che Ghìsola si faceva spedire le lettere a Badia a Ripoli, ma non poteva darsi che avesse cambiato dimora soltanto da pochi giorni? Di che cosa poteva trattarsi?
Si sforzò di definire tutte le specie di dubbii; ma poiché non ne teneva nessun conto, gli fu impossibile rispondersi. Per la prima volta, tutto il cumulo delle cose tristi gli parve lontano da sé e che gli fosse possibile distruggerlo. Tutte le sofferenze gli parvero esteriori, provando una piccola felicità che non somigliava a nessun'altra. Pensò: «Perché ho creduto subito alla lettera?».
Durante il viaggio, gli sembrò d'essere in uno stato d'incoscienza e con la febbre. Ma aveva fretta di giungere.
Il treno correva vicino all'Arno, la cui acqua luccicava come se migliaia di specchi vi si rompessero insieme; oltrepassava le pinete a picco, acuminate, ancora sparse d'ombre violacee, tra i pioppi bianchi e tremuli, dietro i pali telegrafici; i cipressi a fasci, cipressi come rinchiusi dagli altri cipressi. Andava verso la città sovra la quale si raccoglieva una dolcezza d'azzurro, tra le colline l'una più soave dell'altra. Quella bellezza meravigliosa l'umiliava. Mentre l'amore, che fino allora aveva portato a Ghìsola, gli pareva un'indegnità abominevole senza saper perché: «E possibile che io non la debba amare?».

Entrò nell'uscio indicato dalla lettera, passando tra alcune donne che non si scansarono. La scala era buia e sudicia, con odore di lezzo e di cipria.
Al primo piano, dalla porta aperta un poco, scorse, con una vestaglia rosea, una prostituta; che lo guardò quasi ironicamente.
Al secondo piano era un altro appartamento aperto lo stesso. Si soffermò per ascoltare: udiva alcune voci allegre di donne; una canticchiava. Se ne dette la peggiore spiegazione e poi la migliore. Ma rabbrividì: «È possibile che Ghìsola si trovi in mezzo a tale gente?». E, come per fuggire, salì più in fretta gli altri scalini.
Si fermò, con il respiro mozzato, all'ultimo piano. Vi era un salotto con una tavola ovale in mezzo: la vista gli si offuscò. Allora intravide, confusamente, una donna distesa in un canapè, che conversava con un soldato; il cui berretto era distante da loro, sopra una sedia.
Questa donna ebbe paura di Pietro, che la fissò stravolto. Toccò con una mano il ginocchio del soldato, ed ambedue gli posero gli occhi addosso. Egli fece un altro passo, ma gli pareva di non avere più gambe: era come dinanzi ad un incubo improvviso; a cui non voleva credere. Balbettò qualche cosa, ma la donna non rispose. Allora egli si convinse d'averla offesa e stava per andarsene. Ma in quel momento, Ghìsola s'avanzò da un uscio aperto. Scorgendolo, si arrestò subito; impallidì fino quasi a svenire; ma poi tornò a dietro, sorreggendosi con un gomito lungo il muro, come torna indietro un topo mezzo schiacciato dal colpo avuto.
Per non soccombere alla sensazione che Pietro aveva di perdere l'equilibrio, dopo essersi sentito afferrare come da una forza, la seguì a caso in una stanza di cui vide soltanto la finestra.
Ella si era già tolta la giacchetta troppo sporca, quando egli entrò; ma aveva dovuto sedersi, perché fosse meno visibile il profilo della gravidanza.
Egli si curvò a baciarla, quasi piangendo: - Perché stai così?
Ella non sapeva quel che rispondere: «S'è accorto che sono gravida? E quando glielo devo dire? Mi aspettavo che avvenisse questo». Poi parlò: - Sono tutte donne qui.
Egli, istantaneamente, non le credette più, e rispose: - Ma io non voglio. Rivestiti. Perché hai questo livido nel braccio?
Ella temeva d'imbrogliarsi, ma rispose: - Mi son morsa da me.
Egli pensò che poteva esser vero. Poi, dopo una pausa, nella quale sperò che tutto si dissipasse, le disse: - Andiamo via di qui, ti voglio parlare.
- Stiamo qui. Io non esco oggi.
Ci fu un'altra pausa, che gli fece pensare: «Perché non ho chiesto di quale specie è il tradimento suo? Così non mi accerterò mai di niente. Che posso dirle?».
- Non mi piace questa casa. E che cosa è?
- Te lo dirò; non c'è niente di male.
Ella aveva deliberato più d'una volta di confessargli la gravidanza; ma ora le parve impossibile; e voleva nasconderla proprio davanti alla sorpresa. Egli si decise a parlare più in fretta: - Alzati.
Entrò la padrona dell'abitazione: una donna robusta e tarchiata, con una cintola di cuoio bianco intorno alla vita; una levatrice che teneva a retta le partorienti.
Pietro si volse a lei intimorito dell'effetto che i suoi sospetti avrebbero potuto produrle. Cercò di spiegarle perché si trovasse lì. La donna, che sapeva tutto, non vide nessun riparo per Ghìsola; e temette ch'egli l'avrebbe uccisa.
Ghìsola guardava la finestra, per buttarvisi; con un impulso isterico, reso più possibile dalla sua gravidanza.
La donna s'indugiò, accomodando il lavamano, ripiegando una salvietta, vigilando Pietro con la coda dell'occhio e cercando di chiedere a Ghìsola quel che dovesse fare.
Pietro aspettava ch'ella se ne andasse, mentre tutti i suoi gesti lo impazientivano. In fine, con grande sforzo, le disse: - Voglio restare solo con Ghìsola.
E Ghìsola, avendo nel frattempo infilata un'altra camicetta, senza alzarsi dal canapè e senza che egli vedesse niente, rispose: - Vada pure... Ci penso io.
Ma il suo terrore non diminuiva; e le pareva che avrebbe dovuto inginocchiarsi subito.
La donna escì con circospezione; e non chiuse l'uscio, ponendosi ad origliare. Pietro, accorgendosene, prima di chiedere qualche spiegazione, volle chiuderlo; ma non riuscì a spingere il chiavistello. Nondimeno non avrebbe voluto offendere Ghìsola, con le domande che doveva fare, più propenso ad attendere ancora.
Ella si alzò: - Non chiudere... Non ci ode nessuno.
Allora egli, voltandosi a lei con uno sguardo pieno di pietà e di affetto, vide il suo ventre.

Quando si riebbe dalla vertigine violenta che l'aveva abbattuto ai piedi di Ghìsola, egli non l'amava più.

FINE
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