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Info sull'Opera
Autore:
Euripide
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

Il Ciclope

di Euripide

ODISSEO: Appena in questa rocciosa spelonca fummo entrati, accese dapprima il fuoco, d’eccelsa quercia tronchi gettando sull’ampio focolare, carico all’incirca trasportabile di tre carri.

Dopo stese a terra un letto di frasche di pino vicino alla fiamma del fuoco.

E avendo munto le giovenche, un cràtere riempì di circa dieci anfore, avendovi versato bianco latte.

E una tazza di edera si pose accanto di tre cubiti di larghezza, ma la (sua) profondità sembrava di quattro (cubiti), e (si pose accanto) spiedi, (fatti di) ramoscelli di biancospino, all’estremità arroventati con il fuoco, e nel rimanente lisciati con la falce, e ciclopiche conche per le mascelle delle scuri, e un bronzeo lebète pose a bollire sul fuoco.

Poi, quando tutto fu pronto per l’empio cuoco dell’Ade, afferrati due uomini dei miei compagni, (li) scannava con un certo ordine, l’uno (facendone colare il sangue) nella bronzea cavità del lebète, e l’altro poi, preso(lo) per il tendine del calcagno, sbattendo(lo) sull’aspra sporgenza d’una rocciosa parete, (ne) fece schizzar le cervella, e strappate(ne) con avido coltello le carni (le) metteva ad arrostire sul fuoco, gli arti invece gettò a lessare nel lebète.

Ciclope - 405/424

Ed io sciagurato, lacrime dagli occhi versando, stavo accanto al Ciclope e (lo) servivo; gli altri invece come uccelli negli anfratti dell’antro rimpiattati stavano, e sangue non v’era (più) nel (loro) corpo.

Ma quando (il Ciclope), rimpinzatosi della carne dei miei compagni, si stese supino, dalla gola emettendo un fiato greve, venne a me un che di divino; colmata una coppa di questo Marone a lui (la) offro da bere, dicendo queste cose: "O Ciclope (figlio) del marino dio, vedi qui che divina bevanda, refrigerio di Dioniso, dalle (sue) viti l’Ellade produce".

Ed egli gonfio essendo del nefando cibo accettò e trincò il vino mandando(lo) giù d’un sorso, e convenne alzando una mano: "O carissimo fra gli ospiti, una buona bevanda dopo un buon pasto (mi) dai".

Ed io, appena mi accorsi che egli ci pigliava gusto, (gliene) diedi un’altra tazza, sapendo che il vino lo avrebbe abbattuto e presto (egli) avrebbe pagato il fio.

E già si dava alle canzoni; ed io mescendo una (tazza) dietro l’altra le viscere (gli) riscaldavo con la bevanda.

Ciclope - 425/444

Canta poi rozzamente tra i miei compagni che piangono, e l’antro rimbomba.

Ma io, uscito (dall’antro) zitto zitto, voglio salvare, se vuoi, te e me.

Orsù, dite(mi) se volete o non volete fuggire (questo) non socievole uomo ed abitare le case di Bacco insieme con le ninfe Naiadi.

Il padre tuo, infatti, (che è lì) dentro, queste cose approvò.

Ma (troppo) debole in verità ed amante del bere, al bicchiere attaccato come (un uccello) al vischio, è impacciato nelle ali; tu invece, infatti sei giovane, salvati con me e ritrova il vecchio amico Dioniso, non paragonabile al Ciclope.

CORO: O carissimo, se davvero tale giorno potessimo vedere, essendo sfuggiti all’empia testa del Ciclope. Perchè da gran (tempo) davvero... siamo soli. E lui non possiamo divorar(lo) a nostra volta.

O: Odi dunque ora la vendetta che ho (in mente) per (quel) bestione prepotente e lo scampo dalla tua schiavitù.

C: Parla, in quanto non sentiremmo con più gusto l’armonia d’una cetra asiatica che il Ciclope morto.

Ciclope - 445/463

O: A (far) baldoria (egli) vuole recarsi dai fratelli Ciclopi, reso allegro da questa bevanda di Bacco.

C: Ho capito; avendo(lo) colto solo fra i querceti lo vuoi scannare, o dalle rupi buttar(lo) giù.

O: Nulla di simile; ingannevole (è) il (mio) piano.

C: Come allora? Da tempo in verità sappiamo che tu sei astuto.

O: Da questa baldoria (voglio) allontanarlo, dicendo che ai Ciclopi non bisogna dare questa bevanda, ma tenendo(la) per sè solo trascorrere soavemente la vita.

Quando poi dormirà vinto da Bacco, c’è in casa un ramo d’olivo che (io) avendo appuntito all’estremità con questa spada, porrò sul fuoco; e poi, quando ben arroventato lo vedrò, tolto(lo) ardente (lo) pianterò in mezzo al ciglio del Ciclope, l’occhio (gli) distruggerò con il fuoco.

E come quando un uomo connettendo la compagine d’una nave con due cinghie spinge a guisa di remo il trapano, così farò girare il palo nell’orbita lucente del Ciclope e (gli) seccherò la pupilla.

Ciclope - 464/482

C: Evviva, evviva, gioisco, andiamo pazzi per le (tue) trovate.

O: E in seguito avendo fatto salire e te e i compagni e il vecchio nel concavo scafo della nave nera con doppi remi (vi) porterò via da questa terra.

C: E’ possibile allora che come nelle libagioni ad un dio anche io possa mettermi accanto al palo acceca-occhi?

Di questa uccisione infatti esser partecipe voglio.

O: E’ necessario anzi; grande infatti (è) il palo, che bisogna sollevare.

C: Perchè solleverei anche il carico di cento carri, se l’occhio del Ciclope che perirà malamente come un vespaio affumicheremo.

O: Fate silenzio ora! L’inganno infatti ben conosci; e quando dò l’ordine, ubbidite a chi l’ordì.

Io infatti non mi porrò in salvo solo, lasciando i miei amici che sono dentro.

Eppure potrei fuggire, e sono uscito fuori dagli anfratti dell’antro; ma non (è) giusto che mi ponga in salvo solo lasciando i miei amici, con i quali venni qui.

Ciclope - 624/709

ODISSEO: Tacete, o fiere, per gli dei, avendo composto le articolazioni della bocca; e non permetto che alcuno fiati, nè batta ciglio nè sputi, affinchè non si desti quel malanno, finchè sia stato vinta dal fuoco la luce dell’occhio del Ciclope.

CORO: Tacciamo avendo ingoiato l’aria con le mascelle

O: Orsù dunque, (bisogna) che vi diate da fare con il palo con le mani, essendo andati dentro, in quanto (esso) è arroventato egregiamente.

C: Non stabilirai tu quali (di noi è) necessario che per primi, avendo preso la trave infuocata, brucino l’occhio del Ciclope, a che possiamo partecipare alla sventura?

SEMICORO: Noi siamo troppo lontani, stando davanti alle porte, per ficcare il fuoco nell’occhio.

SEMICORO: Noi invece adesso adesso siamo diventati zoppi.

SEMICORO: Avete sofferto la stessa cosa appunto di me; nei piedi, infatti, stando diritti ci siamo contratti, non so in che modo.

O: Stando zitti vi siete contratti?

S: E anche i nostri occhi son pieni di polvere o di cenere, non so come.

O: Gente vile e per nulla alleata (son) questi.

C: Poichè abbiamo pietà del (nostro) dorso e della spina dorsale e non ho voglia di sputare i denti per le percosse, questa è vigliaccheria? Ma conosco una formula magica di Orfeo proprio infallibile, sicchè il palo entrando da se stesso nella testa (del Ciclope) bruci il monocolo figlio della terra.

O: Da un pezzo sapevo che tu sei tale per natura, ora però (lo) so meglio. Ma dei miei amici (è) necessità che io mi serva. E se di mano nulla vali, ma almeno suona la carica, affinchè il coraggio degli amici con i tuoi incitamenti otteniamo.

o o o

C: Farò ciò. Nel Cario arrischieremo. In grazia dei (nostri) incitamenti sia affumicato dunque il Ciclope. Su, su! Valorosissimamente spingete, affrettatevi. Bruciate il ciglio della fiera divora-ospiti. Affumichi, bruci il pecoraio dell’Etna. Spingi, trapana! (Attento che) inferocito dal dolore (il Ciclope) non ti faccia qualche guaio.

o o o

CICLOPE: Ahimè! Siamo stati carbonizzati nella luce dell’occhio.

CORO: Bello in verità questo peana! Càntamelo, o Ciclope.

CI: Ahimè, ahimè! Come siamo stati straziati, come siamo rovinati. Ma in nessun modo (avverrà) che fuggiate fuori da questo antro lieti (del successo), gente da nulla; sull’ingresso infatti piantatomi di questa grotta inserirò come sbarre le braccia.

C: Perchè ululi, o Ciclope?

CI: Sono morto!

C: Sembri davvero brutto.

CI: E oltre a ciò (son) proprio infelice.

C: Sei caduto ubriaco in mezzo ai carboni?

CI: Nessuno mi ha rovinato.

C: Dunque non ti fece male nessuno.

CI: Nessuno mi rende cieco nell’occhio.

C: Dunque non sei cieco.

CI: Così davvero (lo fossi) tu.

C: E come nessuno ti potrebbe rendere cieco?

CI: (Mi) beffi. Ma Nessuno dove sta?

C: In nessun luogo, o Ciclope.

CI: Il forestiero, perchè (tu lo) sappia chiaramente, mi ha rovinato, quello scellerato, che avendomi dato la bevanda (mi) ha sopraffatto.

C: Brutta cosa infatti (è) il vino e difficile a dominarsi.

CI: Per gli dei, son fuggiti o sono in casa?

C: Essi se ne stanno in silenzio avendo preso la roccia come riparo.

CI: Da che mano?

C: Alla tua destra.

CI: Dove?

C: Proprio presso la rupe. (Li) tieni?

CI: Malanno su malanno in verità (tengo); mi son rotta, battendo, la testa.

C: E intanto ti sfuggono.

CI: Di qua no! Hai detto o no da questa parte?

C: No! Da questa dico.

CI: Per dove dunque?

C: Girati, per di là, a sinistra.

CI: Ahimè, son beffato! Mi deridete nella disgrazia.

C: Ma (ora) non più, ma eccolo davanti a te.

CI: O scelleratissimo, dove mai sei?

ODISSEO: Ontano da te con guardie custodisco questo corpo di Odisseo.

CI: Come hai detto? Cambiato nome (ne) dici uno nuovo?

O: Proprio quello che (mi) diede il (mio) genitore: Odisseo. Ma (tu) dovevi pagare il fio dell’empio pasto; perchè male certamente avremmo incendiato Troia se non ti avessi punito dell’uccisione dei compagni.

CI: Ahimè! Un antico vaticinio si compie. Diceva infatti (l’oracolo) che io cieca avrei avuta la vista ad opera di te partito da Troia. Ma predisse che anche tu in verità il fio pagherai per queste cose, per lungo tempo sballottato sul mare.

O: Che tu pianga ti auguro; e ho fatto ciò che dico. Io ora al lido me ne vado e dalla nave lo scafo spingerò nel mare siculo e alla volta della mia patria.

CI: No, davvero, poichè ti schiaccerò con gli stessi (tuoi) compagni, avendo divelto (un masso) da questa rupe (e) colpendo(ti). E su in vetta salirò, pur essendo cieco, salendo per il sentiero di questa fenditura.

C: E noi, essendo proprio compagni di questo Odisseo, di Bacco d’ora in poi servi saremo.
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