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Opere pubblicate: 19994
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Prima parte
DIALOGO POETICO INTERLOCUTORI OSPITALARIO E GENOVESE NOCHIERO DEL COLOMBO. OSPITALARIO: Dimmi, di grazia, tutto quello che t’avvenne in questa navigazione. GENOVESE: Già t’ho detto come girai il mondo tutto, e poi come arrivai alla Taprobana e fui forzato metter in terra, e poi, fuggendo la furia di terrazzani, mi rinselvai e uscii in un gran piano proprio sotto l’equinoziale. OSPITALARIO: Qui che t’occorse? GENOVESE: Subito incontrai un gran squadrone d’uomini e donne armate, e molti di loro intendevano la lingua mia, li quali mi condussero alla Città del Sole. OSPITALARIO: Dì come è fatta questa città e come si governa. GENOVESE: Sorge nell’ampia campagna un colle, sopra il quale sta la maggior parte della città; ma arrivano i suoi giri molto spazio fuor delle radici del monte, il quale è tanto che la città fa due miglia di diametro e più, e viene ad essere sette miglia di circolo; ma per la levatura, più abitazioni ha che si fosse in piano. È la città distinta in sette gironi grandissimi, nominati dalli sette pianeti, e s’entra dall’uno all’altro per quattro strade e per quattro porte, alli quattro angoli del mondo spettanti; ma sta in modo che, se fosse espugnato il primo girone, bisogna più travaglio al secondo e poi più; talché sette fiate bisogna espugnarla per vincerla. Ma io son di parere che neanche il primo si può, tanto è grosso e terrapieno, e ha valguardi, torrioni, artelleria e fossati di fuora. Entrati dunque per la porta Tramontana, di ferro coperta, fatta che s’alza e cala con bello ingegno, si vede un piano di cinquanta passi tra la muraglia prima e l’altra. Appresso stanno palazzi tutti uniti per giro col muro, che puoi dir che tutti siano uno; e di sopra han li rivellini sopra a colonne, come chiostri di frati, e di sotto non vi è introito, se non dalla parte concava delli palazzi. Poi son le stanze belle con le finestre al convesso e al concavo, e son distinte con picciole mura tra loro. Solo il muro convesso è grosso otto palmi, il concavo tre, li mezzani uno o poco più. Appresso poi s’arriva al secondo piano, ch’è dui passi o tre manco, e si vedono le seconde mura con li rivellini in fuora e passeggiatori; e dalla parte dentro, l’altro muro, che serra i palazzi in mezzo, ha il chiostro con le colonne di sotto, e di sopra belle pitture. E così s’arriva fin al supremo e sempre per piani. Solo quando s’entran le porte, che son doppie per le mura interiori ed esteriori, si ascende per gradi tali, che non si conosce, perché vanno obliquamente, e son d’altura quasi insensibile distinte le scale. Nella summità del monte vi è un gran piano e un gran tempio in mezzo, di stupendo artifizio. OSPITALARIO: Dì, dì mo, per vita tua. GENOVESE: Il tempio è tondo perfettamente, e non ha muraglia che lo circondi; ma sta situato sopra colonne grosse e belle assai. La cupola grande ha in mezzo una cupoletta con uno spiraglio, che pende sopra l’altare, ch’è un solo e sta nel mezzo del tempio. Girano le colonne trecento passi e più, e fuor delle colonne della cupola vi sono per otto passi li chiostri con mura poco elevate sopra le sedie, che stan d’intorno al concavo dell’esterior muro, benché in tutte le colonne interiori, che senza muro fraposto tengono il tempio insieme, non manchino sedili portatili assai. Sopra l’altare non vi è altro ch’un mappamondo assai grande, dove tutto il cielo è dipinto, e un altro dove è la terra. Poi sul cielo della cupola vi stanno tutte le stelle maggiori del cielo, notate coi nomi loro e virtù c’hanno sopra le cose terrene, con tre versi per una; ci son i poli e i circoli signati non del tutto, perché manca il muro a basso, ma si vedono finiti in corrispondenza alli globbi dell’altare. Vi sono sempre accese sette lampade nominate dalli sette pianeti. Sopra il tempio vi stanno alcune celle nella cupoletta attorno, e molte altre grandi sopra li chiostri, e qui abitano li religiosi che son da quaranta, ecc. Vi è sopra la cupola una banderola per mostrare i venti, e ne signano trentasei; e sanno quando spira ogni vento che stagione porta. E qui sta anco un libro in lettere d’oro di cose importantissime. OSPITALARIO: Per tua fé, dimmi tutto il modo del governo, ché qui t’aspettavo. GENOVESE: È un principe sacerdote tra loro, che s’appella Sole, e in lingua nostra si dice Metafisico: questo è capo di tutti in spirituale e temporale, e tutti li negozi in lui si terminano. Ha tre principi collaterali: Pon, Sin, Mor, che vuol dir: Potestà, Sapienza e Amore. Il Potestà ha cura delle guerre e delle paci e dell’arte militare; è supremo nella guerra, ma non sopra Sole; ha cura dell’ offiziali, guerrieri, soldati, munizioni, fortificazioni ed espugnazioni. Il Sapienza ha cura di tutte le scienze e delli dottori e magistrati dell’arti liberali e meccaniche, e tiene sotto di sé tanti offiziali quante son le scienze: ci è l’Astrologo, il Cosmografo, il Geometra, il Loico, il Rettorico, il Grammatico, il Medico, il Fisico, il Politico, il Morale; e tiene un libro solo, dove stan tutte le scienze, che fa leggere a tutto il popolo ad usanza di Pitagorici. E questo ha fatto pingere in tutte le muraglie, su li rivellini, dentro e di fuori, tutte le scienze. Nelle mura del tempio esteriori e nelle cortine, che si calano quando si predica per non perdersi la voce, vi sta ogni stella ordinatamente con tre versi per una. Nel dentro del primo girone tutte le figure matematiche, più che ne scrisse Euclide e Archimede, con la lor proposizione significante. Nel di fuore vi è la carta della terra tutta, e poi le tavole d’ogni provinzia con li riti e costumi e leggi loro, e con l’alfabeti ordinati sopra il loro alfabeto. Nel dentro del secondo girone vi son tutte le pietre preziose e non preziose, e minerali, e metalli veri e pinti, con le dichiarazioni di due versi per uno. Nel di fuore vi son tutte sorti di laghi, mari e fiumi, vini e ogli e altri liquori, e loro virtù e origini e qualità; e ci son le caraffe piene di diversi liquori di cento e trecento anni, con li quali sanano tutte l’infirmità quasi. Nel dentro del terzo vi son tutte le sorti di erbe e arbori del mondo pinte, e pur in teste di terra sopra il rivellino, e le dichiarazioni dove prima si ritrovaro, e le virtù loro, e le simiglianze c’hanno con le stelle e con li metalli e con le membra umane, e l’uso loro in medicina. Nel di fuora tutte maniere di pesci di fiumi, lachi e mari, e le virtù loro, e ‘l modo di vivere, di generarsi e allevarsi, e a che serveno, e le somiglianze c’hanno con le cose celesti e terrestri, e dell’arte e della natura; sì che mi stupii quando trovai pesce vescovo e catena e chiodo e stella, appunto come son queste cose tra noi. Ci sono ancini, rizzi, spondoli e tutto quanto è degno di sapere con mirabil arte di pittura e di scrittura che dichiara. Nel quarto, dentro vi son tutte sorti di uccelli pinti e lor qualità, grandezze e costumi, e la fenice è verissima appresso loro. Nel di fuora stanno tutte sorti di animali reptili, serpi, draghi, vermini, e l’insetti, mosche, tafani, ecc., con le loro condizioni, veneni e virtuti; e son più che non pensamo. Nel quinto, dentro, vi son l’animali perfetti terrestri di tante sorti che è stupore. Non sappiamo noi la millesima parte, e però, sendo grandi di corpo, l’han pinti ancora nel di fuori rivellino; e quante maniere di cavalli solamente! oh, belle figure dichiarate dottamente! Nel sesto, dentro vi sono tutte l’arti meccaniche, e l’inventori loro, e li diversi modi come s’usano in diverse regioni del mondo. Nel di fuori vi son tutti l’inventori delle leggi e delle scienze e dell’armi. Trovai Moisè, Osiri, Giove, Mercurio, Macometto e altri assai: e in luoco assai onorato era Giesù Cristo e li dodici Apostoli, che ne tengono gran conto, Cesare, Alessandro, Pirro e tutti li Romani; onde io ammirato come sapeano quelle istorie, mi mostraro che essi teneano di tutte nazioni lingua, e che mandavano apposta per il mondo ambasciatori, e s’informavano del bene e del male di tutti; e godeno assai in questo. Viddi che nella China le bombarde e le stampe furo prima ch’a noi. Ci son poi li mastri di queste cose; e li figliuoli, senza fastidio, giocando, si trovano saper tutte le scienze istoricamente prima che abbin dieci anni. Il Amore ha cura della generazione, con unir maschi e le femine in modo che faccin buona razza; e si riden di noi che attendemo alla razza de cani e cavalli, e trascuramo la nostra. Tien cura dell’educazione, delle medicine, spezierie, del seminare e raccogliere li frutti, delle biade, delle mense e d’ogni altra cosa pertinente al vitto e vestito e ha molti maestri e maestre dedicate a queste arti. Il Metafisico tratta tutti questi negozi con loro, ché senza lui nulla si fa, e ogni cosa la communicano essi quattro, e dove il Metafisico inchina, son d’accordo. OSPITALARIO: Or dimmi degli offizi e dell’educazione e del modo come si vive; si è republica o monarchia o stato di pochi. GENOVESE: Questa è una gente ch’arrivò là dall’Indie, ed erano molti filosofi, che fuggiro la rovina di Mogori e d’altri predoni e tiranni; onde si risolsero di vivere alla filosofica in commune; si ben la communità delle donne non si usa tra le genti della provinzia loro, ma essi l’usano, ed è questo il modo. Tutte cose son communi; ma stan in man di offiziali le dispense, onde non solo il vitto, ma le scienze e onori e spassi son communi, ma in maniera che non si può appropriare cosa alcuna. Dicono essi che tutta la proprietà nasce da far casa appartata, e figli e moglie propria, onde nasce l’amor proprio; ché, per sublimar a ricchezze o a dignità il figlio o lasciarlo erede, ognuno diventa o rapace publico, se non ha timore, sendo potente: o avaro e insidioso e ippocrita, si è impotente. Ma quando pèrdono l’amor proprio, resta il commune solo.
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