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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
TRIUMPHUS ETERNITATIS
Trionfo dell'Eternità Da poi che sotto 'l ciel cosa non vidi stabile e ferma, tutto sbigottito mi volsi al cor e dissi: - In che ti fidi? - Rispose: - Nel Signor, che mai fallito non ha promessa a chi si fida in lui; ma ben veggio che 'l mondo m'ha schernito, e sento quel ch'i' sono e quel ch'i' fui, e veggio andar, anzi volare il tempo, e doler mi vorrei, né so di cui; ché la colpa è pur mia, che più per tempo deve' aprir gli occhi, e non tardar al fine, ch'a dir il vero omai troppo m'attempo. Ma tarde non fur mai grazie divine: in quelle spero che 'n me ancor faranno alte operazïoni e pellegrine. - Così detto e risposto: or, se non stanno queste cose che 'l ciel volge e governa, dopo molto voltar che fine avranno? Questo pensava; e mentre più s'interna la mente mia, veder mi parve un mondo novo, in etate immobile ed eterna, e 'l sole e tutto 'l ciel disfar a tondo con le sue stelle, ancor la terra e 'l mare, e rifarne un più bello e più giocondo. Qual meraviglia ebb'io, quando ristare vidi in un punto quel che mai non stette, ma discorrendo suol tutto cangiare! E le tre parti sue vidi ristrette ad una sola, e quella una esser ferma sì che, come solea, più non s'affrette, e quasi in terra d'erbe ignuda et erma, né «fia» né «fu» né «mai» né «inanzi» o «'ndietro» ch'umana vita fanno varia e 'nferma. Passa il penser sì come sole in vetro, anzi più assai, però che nulla il tene: o qual grazia mi fia, se mai l'impetro, ch'i' veggia ivi presente il sommo bene, non alcun mal, che solo il tempo mesce, e con lui si diparte e con lui vene! Non avrà albergo il sol Tauro né Pesce, per lo cui varïar nostro lavoro or nasce, or more, et or scema, or cresce. Beat'i spirti che nel sommo coro si troveranno o trovano in tal grado che sia in memoria eterna il nome loro! O felice colui che trova il guado di questo alpestro e rapido torrente ch'ha nome vita et a molti è sì a grado! Misera la volgare e cieca gente, che pon qui sue speranze in cose tali che 'l tempo le ne porta sì repente! O veramente sordi, ignudi e frali, poveri d'argomenti e di consiglio, egri del tutto e miseri mortali! Quei che governa il ciel solo col ciglio, che conturba et acqueta gli elementi, al cui saver non pur io non m'appiglio, ma li angeli ne son lieti e contenti di veder de le mille parti l'una, et in ciò stanno desïosi e 'ntenti.... O mente vaga, al fin sempre digiuna, a che tanti penseri? Un'ora sgombra quanto in molt'anni a pena si raguna. Quel che l'anima nostra preme e 'ngombra, dianzi, adesso, ier, diman, mattino e sera, tutti in un punto passeran com'ombra; non avrà loco «fu» «sarà» ned «era», ma «è» solo, in presente, et «ora» et «oggi», e sola eternità raccolta e 'ntera. Quasi spianati dietro e 'nanzi i poggi ch'occupavan la vista, non fia in cui vostro sperare e rimembrar s'appoggi; la qual varïetà fa spesso altrui vaneggiar sì che 'l viver par un gioco, pensando pur: - che sarò io? che fui? - Non sarà più diviso a poco a poco, ma tutto insieme; e non più state o verno, ma morto il tempo e varïato il loco; e non avranno in man li anni il governo de le fame mortali, anzi chi fia chiaro una volta fia chiaro in eterno. O felici quelle anime che 'n via sono o seranno di venire al fine di ch'io ragiono, quandunque e' si sia! E tra l'altre leggiadre e pellegrine, beatissima lei che Morte occise assai di qua del natural confine! Parranno allor l'angeliche divise, e l'oneste parole, e i pensier casti che nel cor giovenil Natura mise. Tanti volti, che Morte e 'l Tempo ha guasti, torneranno al suo più fiorito stato; e vedrassi ove, Amor, tu mi legasti, ond'io a dito ne sarò mostrato: - Ecco chi pianse sempre, e nel suo pianto sovra 'l riso d'ogni altro fu beato! - E quella di ch'ancor piangendo canto, avrà gran maraviglia di se stessa, vedendosi fra tutte dar il vanto. Quando ciò fia, nol so; se fu soppressa tanta credenza a' più fidi compagni, a sì alto segreto chi s'appressa? Credo io che s'avicini, e de' guadagni veri e de' falsi si farà ragione, ché tutti fien allor opre d'aragni. Vedrassi quanto in van cura si pone, e quanto indarno s'affatica e suda, come sono ingannate le persone; nessun segreto fia chi copra o chiuda; fia ogni conscïenza, o chiara o fosca, dinanzi a tutto 'l mondo aperta e nuda; e fia chi ragion giudichi e conosca. Ciascun poi vedrem prender suo viaggio come fiera scacciata che s'imbosca; e vedrassi quel poco di paraggio che vi fa ir superbi, e oro, e terreno, esservi stato danno e non vantaggio; e 'n disparte color che sotto 'l freno di modesta fortuna ebbero in uso, senz'altra pompa, di godersi in seno. Questi trionfi, i cinque in terra giuso avem veduto, et a la fine il sesto, Dio permettente, vederem lassuso; e 'l Tempo, a disfar tutto così presto, e Morte in sua ragion cotanto avara, morti inseme seranno e quella e questo. E quei che Fama meritaron chiara, che 'l Tempo spense, e i be' visi leggiadri che 'mpallidir fe' 'l Tempo e Morte amara, l'obblivïon, gli aspetti oscuri et adri, più che mai bei tornando, lasceranno a Morte impetuosa, a' giorni ladri; ne l'età più fiorita e verde avranno con immortal bellezza eterna fama. Ma inanzi a tutte ch'a rifar si vanno, è quella che piangendo il mondo chiama co la mia lingua e co la stanca penna; ma 'l ciel pur di vederla intera brama. A riva un fiume che nasce in Gebenna Amor mi diè per lei sì lunga guerra che la memoria ancora il cor accenna. Felice sasso che 'l bel viso serra! ché, poi ch'avrà ripreso il suo bel velo, se fu beato chi la vide in terra, or che fia dunque a rivederla in cielo?
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