Opere pubblicate: 19989
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Un vortice di stupore
di Fabrizio Cavallaro
Non dico una novità, asserendo con fermezza e piena convinzione, che l'artista è la voce universale del mondo, proiezione del proprio io volontaristico, con impeto espressionista e ansia di testimoniare dello schianto indescrivibile del tempo che passa. Anche l'amore è schianto e sottomissione all'ineluttabile; ma cosa sarebbe, altrimenti, se si svestisse della propria prerogativa di mistero “indigeribile”, esauribile solo nel proprio gorgo di spietatezza e dolcezza insieme, caducità ed eternità. Senza essere un epigono, anzi con una cifra personale certa e opportunamente limata dalla sensibilità e dalla cultura, Di Salvo si ricollega – con fermezza – alle visioni poetiche più alte del nostro novecento: da Pasolini a Penna, da Testori a Genet etc. Tra questi, il nome di Sandro Penna è di certo il più prossimo al timbro estetico e passionale di Di Salvo. Penna riportava in un “altrove” favolistico e dionisiaco, con la passione di un vero alessandrino, il proprio vissuto interamente votato al mito del “fanciullo” angelico; Di Salvo si lascia cullare (così io lo vedo) da un ritmo sognante che lo coinvolge internamente in un vortice di “stupore” e direi quasi di devozione, di fronte alla commedia umana dei suoi angeli incarnati e deliberatamente fuggevoli. Come in Penna, in Di Salvo non v'è alcuna manifestazione né impeto moralistico, piuttosto un abbandono al ritmo semplice e complesso delle sensazioni, quasi a voler guarire il mondo dal male ereditato dal vissuto, dal passato più infelice. Di Salvo sa che la vera poesia si esprime per sottrazione come scelta di stile, la ridondanza essendo sempre avversa all'espressività. La poesia nasce dall'incontro, dall'epifania, dal transeunte. Angeli intravisti, sconosciuti, incrociati, nel caos del disamore. Mi viene in mente una frase di Savinio: “Benedico gli uomini e le cose che sanno darmi una consolazione, anche se fuggevole.” Chi cerca amore, cerca ustione e consolazione, io credo. Al riparo di due giovani ali, dell'innocenza perduta e ritrovata quasi per un assurdo miracolo, sotto la luce della bellezza di un corpo giovane, perdutamente innamorevole. Il segreto è nello svelamento, nel buio che diviene parte d'un ossimoro incontrovertibile con la zona luminosa dell'eros incarnato, finalmente svelato. Le parole del poeta rincorrono le immagini di un vissuto altrimenti sconosciuto, insopportabile.
(f.c.)
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