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Opere pubblicate: 19994
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III
Donna Laura infine era giunta alla casa dei pioppi. Ella si sentiva sfinita: le si offuscava la vista, le tempie le battevano forte, la lingua le ardeva; le gambe sotto le si piegavano. Dinanzi a lei, un cancello stava aperto. Ella entrò. L’aia circolare era limitata da pioppi altissimi. Due degli alberi sostenevano un cumulo di paglia di fromento, tra mezzo a cui uscivano i rami fronzuti. Poiché in giro l’erba cresceva, due vacche falbe vi pascolavano pacificamente battendosi con la coda i fianchi nutriti; e tra le gambe a loro penzolavano le mammelle gonfie di latte, colorite come frutti succulenti. Molti arnesi di agricoltura stavano sparsi pel suolo. Le cicale, in su gli alberi, cantavano. Nel mezzo, tre o quattro cuccioli ruzzavano abbaiando verso le vacche o inseguendo le galline. - O signora, che cerchi? - chiese un vecchio, uscendo dalla casa. - Vuoi passare? Il vecchio, calvo, con la barba rasa, teneva tutto il corpo in avanti su le gambe inarcate. Le sue membra erano deformate dalle rudi fatiche, dall’opera dell’arare che fa sorgere la spalla sinistra e torcere il busto, dall’opera del falciare che fa tenere le ginocchia discoste, dall’opera del potare che curva in due la persona, da tutte le opere lente e pazienti della coltivazione. Egli, dicendo l’ultima parola, accennava al fiume. Sì, sì - rispose Donna Laura non sapendo che dire, non sapendo che fare, smarrita. - Allora vieni. Ecco Luca che torna - soggiunse il vecchio, volgendosi al fiume dove navigava a forza di pertiche una chiatta carica di pecore. Egli condusse la passeggiera, a traverso un orto irrigato, fin sotto a una pergola dove altri passeggieri attendevano. Camminando innanzi, egli lodava le verzure e faceva pronostici, per consuetudine di agricoltore invecchiato tra le cose della terra. Volgendosi a un tratto, poiché la signora restava muta come se non udisse, vide che ella aveva i cigli pieni di lacrime. - Perché piangi, signora? - le chiese con la stessa tranquillità con cui parlava delle verzure. - Ti senti male? - No, no... niente... - mormorò Donna Laura che si sentiva morire. Il vecchio non disse altro. Egli era così indurato alla vita, che i dolori altrui non lo commovevano. Egli vedeva, tutti i giorni, tanta gente diversa passare! - Siedi - fece, come giunse alla pergola. Là tre uomini della campagna antendevano, uomini giovani, carichi di fardelli. Tutt’e tre fumavano in grosse pipe, mettendo nel fumare una attenzione profonda, come per gustarne intera la voluttà, secondo il costume della gente campestre nei rari diletti. Ad intervalli, dicevano quelle lunghe cose insignificanti che l’agricoltore ripete senza fine e che appagano lo spirito di lui tardo ed angusto. Guardarono un poco, stupefatti, Donna Laura. Poi ripresero la loro impassibilità. Uno di loro avvertì, tranquillamente: - Ecco la chiatta. Un altro aggiunse: - Porta le pecore di Bidena. Il terzo: - Saranno quindici. E si levarono, insieme, intascando le pipe. Donna Laura era caduta in una specie di stupidimento inerte. Le lacrime le si erano fermate su i cigli. Ella avea perduto il senso della realità. Dov’era? Che faceva? La chiatta urtò leggermente contro la riva. Le pecore, strette le une contro le altre, belavano intimidite dall’acqua. Il pastore, il traghettatore ed il figlio le aiutavano a discendere a terra. Le pecore, appena discese, facevano una piccola corsa; poi si fermavano, si riunivano e si mettevano a belare ancóra. Due o tre agnelli saltellavano su le gambe lunghe e deformi, tentando i capezzoli materni. Compiuta la bisogna, Luca Marino fermò la chiatta. Poi a grandi passi lenti salì la riva, verso l’orto. Era un uomo di quarant’anni circa, alto, magro, con la faccia rossiccia, calvo alle tempie. Aveva baffi di colore incerto e una manata di peli sparsa disugualmente per il mento e per le guance; l’occhio un po’ torbido, senza alcuna vivacità d’intelligenza, venato di sanguigno, come quello dei bevitori. La camicia aperta lasciava vedere il petto velloso, un berretto carico d’untume copriva la testa. - Ahuf! - esclamò egli d’un tratto, in faccia alla pergola, fermandosi su le gambe aperte e nettandosi con le dita la fronte stillante di sudore. Passò dinanzi ai passeggieri, senza guardarli. In tutti i suoi gesti e in tutte le sue attitudini era incomposto e quasi brutale. Le mani, enormi, gonfie di vene sul dorso, le mani avvezze al remo, parevano essergli d’impaccio. Egli le teneva penzoloni lungo i fianchi e le dondolava camminando. - Ahuf! Che sete!... Donna Laura stava come impietrita, senza più parole, senza più conscienza, senza più volontà. Quello era il suo figliuolo! Quello era il suo figliuolo! Una femmina gravida, che aveva già una figura senile, disfatta dal lavoro e dalla fecondità, venne a porgere al marito assetato un boccale di vino. L’uomo bevve d’un fiato. Poi si asciugò le labbra col dorso della mano e fece schioccare la lingua. Disse, bruscamente, come se la nuova fatica gli fosse dura: - Andiamo. Insieme col primogenito, ch’era un grosso fanciullo di quindici anni, preparò il legno: mise tra il bordo e la riva due tavole per rendere agevole ai passeggieri l’imbarco. - Perché non monti, signora? - fece il vecchio di dianzi, vedendo che Donna Laura non si moveva e non parlava. Donna Laura si levò, macchinalmente, e seguì il vecchio che le diede aiuto nel salire. Perché saliva ella? Perché passava il fiume? Non pensò; non giudicò l’atto. Il suo spirito, così colpito, rimaneva ora inerte, quasi immobile in un punto. - Quello era il figlio. - E a poco a poco ella sentiva in sé qualche cosa estinguersi, svanire; sentiva nella mente a poco a poco farsi una gran vacuità. Non comprendeva più niente. Vedeva, udiva, come in un sogno. Quando il primogenito di Luca venne a lei per chiedere la mercè del traghetto, prima che la barca si staccasse dalla riva, ella non intese. Il fanciullo scoteva nel concavo delle mani le monete ricevute da uno dei passeggieri; e ripeteva la domanda a voce più alta, credendo che la signora fosse sorda per la vecchiezza. Ella, come vide gli altri due uomini mettere la mano in tasca e pagare, imitò quell’atto, risovvenendosi. Ma diede più del dovuto. Il fanciullo volle farle intendere ch’egli non poteva renderle l’avanzo, perché non l’aveva. Ella non comprese. Il fanciullo prese tutto il danaro, con una smorfia di malizia. I presenti sorrisero, di quel sorriso astuto che hanno gli uomini campestri in conspetto di un inganno. Uno disse: - Andiamo? Luca, che fin allora stava intento a tirar l’àncora, spinse la barca che si mosse dolcemente su l’acqua gorgogliante. La riva parve fuggire, con le canne e con i pioppi, ed incurvarsi come una falce. Il sole incendiava tutto il fiume, appena inclinato verso il cielo occidentale, dove sorgevano vapori violetti. Si vedeva ora su la riva un gruppo di gente che gesticolava; ed erano i mendicanti addosso all’idiota. A tratti, col vento giungevano anche lembi di parole e di risa simili a un’agitazione di flutti. I rematori, nudi il busto, vogavano a gran forza per superare il filo della corrente. Donna Laura vedeva il dorso di Luca, nero, dove le costole si disegnavano e colava a rivoli il sudore. Teneva gli occhi fissi, un po’ dilatati, pieni di ebetudine. Uno dei passeggieri avvertì, prendendo sotto il banco le sue robe: - Ci siamo. Luca afferrò l’àncora e la gittò alla riva. La barca ridiscese con la corrente per tutta la lunghezza della corda; quindi si fermò con una stratta. I passeggieri furono a terra, d’un salto, ed aiutarono la vecchia signora, tranquillamente. Quindi si rimisero in cammino. La campagna da quella parte era coltivata a vigneti. Le viti, piccole e magre, verdeggiavano in filari. Alcuni alberi interrompevano qua e là il piano, con forme rotonde. Donna Laura si trovò sola, perduta, su quella riva senz’ombra, non avendo più conoscenza di sé che per il battito continuo delle arterie, per un romorìo cupo ed assordante negli orecchi. Il suolo sotto i piedi le mancava e pareva affondarsi come fango o arena, ad ogni passo. Tutte le cose intorno turbinavano e si dileguavano; tutte le cose, ed anche la sua esistenza, le apparivano vagamente, lontane, dimenticate, finite per sempre. La follia le prendeva la mente. Ella, d’un tratto, vide uomini, case, un altro paese, un altro cielo. Urtò in un albero, cadde su una pietra; si rialzò. E il suo povero corpo sfinito traballava in moti terribili e insieme ridevoli; ma nessuna cosa intorno splendeva come i suoi capelli bianchi sotto il sole feroce. Ora, i mendicanti dall’altra riva avevano eccitato per dileggio l’idiota a passare il fiume a nuoto ed a raggiungere la donna per aver l’elemosina. Essi l’avevano spinto nell’acqua, dopo avergli strappati i cenci di dosso. E l’idiota nuotava come un cane, tra una pioggia di sassate che gl’impedivano di tornare addietro. Quegli uomini deformi fischiavano e urlavano, prendendo diletto nella crudeltà. Essi, come la corrente traeva l’idiota, arrancavano lungo la sponda e imperversavano. - Affoga! Affoga! L’idiota, con sforzi disperati, prese terra. E così ignudo, poiché in lui era morto con l’intelligenza il sentimento del pudore, si mise a camminare verso la donna, di traverso, com’era suo costume, tendendo la mano ad ogni tratto. La demente, rialzandosi, vide; e con un moto di orrore e con un grido acutissimo si diede a correre verso il fiume. Sapeva quel che faceva? Voleva morire? Che pensava ella, in quell’attimo? Giunta all’estremo limite, cadde nell’acqua. L’acqua gorgogliò, si chiuse pienamente; e tanti circoli successivi partirono dal luogo della caduta e si allargarono in lievi ondulazioni lucide e si dispersero. I mendicanti dall’altra riva gridavano verso una barca che si allontanava: - Oh Lucaaa! Oh Luca Marinooo! E correvano verso la casa dei pioppi a dare la novella. Allora, come seppe il caso, Luca spinse la barca verso il luogo che gli indicavano, e chiamò La Martina, che se ne veniva placidamente con il suo legno in balìa della corrente. Disse Luca: - C’é un’annegata laggiù. Non si curò di raccontare il fatto e di parlare della persona, poiché non amava le molte parole. I due fiumàtici misero i legni a paro e remigarono con calma. Disse La Martina: - Hai tu provato il vino nuovo di Chiachiù? Ti dico!... E fece un gesto che rappresentava l’eccellenza della bevanda. Luca rispose: - Non ancóra. Disse La Martina: - Ne prenderesti una goccia? Luca rispose: - Io sì. La Martina: - Dopo. Ci aspetta Iannangelo. Luca: - Va bene. Giunsero al luogo. L’idiota, che poteva meglio indicare il punto, era fuggito, e in mezzo alle vigne era stato preso da un accesso di epilessia. All’altra riva i curiosi cominciavano a radunarsi. Disse Luca al compagno: - Tu ferma la tua barca e salta nella mia. Uno rema e l’altro cerca. La Martina così fece. Egli remava su e giù per una ventina di metri, e Luca tentava il fondo del fiume con una lunga pertica. Ogni tanto Luca, sentendo qualche resistenza, mormorava: - Ecco! Ma s’ingannava sempre. Finalmente, dopo molte ricerche, Luca disse: - Questa volta c’è. E chinandosi e inarcando le gambe per far forza, sollevò piano piano il peso all’estremità della pertica. I bicipiti gli tremavano. La Martina chiese, lasciando il remo: - Vuoi che t’aiuti? Luca rispose: - Non importa. FINE
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