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Il poeta e la pittrice di Luigi M. Bruno
Arduo compito è “spiegare” la poesia, materia indefinibile e miste¬riosa. Essa vive, quando vive, aldilà della ragione, della sintassi, aldilà della stessa “misura”. Quando (e se) la poesia appare, la percepiamo dallo spazio e dal momento che evoca quello che frettolosamente po-tremmo definire con la parola “clima”.
Non importa che la poesia parli di amore o di stracci, di guerre o di viaggi, di solitudini o di fughe; non importa nemmeno se è “nuova” o antica, se è fulminante, tagliente o accademica e involuta. Laddove la poesia passa determina il suo clima, regione misteriosa in cui viviamo e respiriamo la sua pena o la sua gioia: un piccolo mondo, una nasco-sta geografia, in cui ritroviamo i nostri stessi passi.
Il buon Manzoni disse: “La poesia che va spiegata era meglio non scriverla”, perciò non spiegherò la qualità metrica, il taglio e la sintas-si delle poesie di Giulio Picchi; dirò che mi aggiro e mi attardo dietro i suoi passi rintracciando con lui le spiagge, il sole, i desideri che mi evoca; e ancor più indugio lungo il malinconico tracciato dei suoi tra-sparenti “riverberi” emotivi.
Questo clima, difficilmente determinabile, ancor più arduo è tra¬durre e definire per concrete illustrazioni. Maria Rosaria Ascione co-raggiosamente si tuffa in quest’impresa inseguendo luci e ombre, i "fantasmi" di volta in volta evocati, nello svariare di lucide analogie: corpi, figure, alberi, conchiglie, occhi, apparire e dissolversi (e so-vrapporsi) di tracce, ora gigantesche ora impercettibili, che con¬ducono lungo il tragitto della memoria, verso l’inarrivabile traguar¬do, il tesoro nascosto dei miti personali e delle memorie collettive che determinano poi quel clima, quell’universo in cui respiriamo.
Libere associazioni di immagini quindi? Il filo è sottile, ma la strut¬tura figurativa sapientemente segue quella emotiva del poeta per ste¬sure ora determinate, ora sfumate e indefinite, saltando spazi e tempi apparentemente vuoti, ma poi sempre ricollegandosi all’intreccio sot-terraneo, il “nodo” poetico di cui ogni foglia si nutre.
Lo stile della Ascione è limpido, procede per concreto illustrare, sfuggendo il più “facile” e gratuito percorso astratto, e nell’uso del¬l’inchiostro, del pastello e dell’acquerello coraggiosamente reinventa e ristruttura la pagina scritta.
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