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Info sull'Opera
Autore:
Emilio Salgari
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

LA TIGRE DELLA MALESIA ( Capitoli XXV - XXVI - XXVII)

di Emilio Salgari

La moglie della Tigre

La notte era magnifica. La luna, quell'astro solitario delle notti serene, splendeva in un cielo senza nubi, spandendo la pallida sua luce di un azzurrognolo trasparente, d'una infinita dolcezza, al di sopra delle oscure e misteriose foreste, illuminando le mormoranti acque del fiumicello e specchiandosi con vago tremolìo sui flutti dell'ampio mare della Malesia.
Un soave venticello, carico delle esalazioni profumate delle grandi piante, agitava con lieve sussurrio le frondi, scendendo verso la marina a corrugar la placida distesa delle acque e morendo di poi nei lontani orizzonti dell'ovest.
Tutto era silenzio, tutto era mistero, tutto era pace. Sol di tratto in tratto udivasi la risacca che rompevasi con monotono fragore sulle deserte sabbie del lido, il gorgoglio dei fiumicelli che andavano a portare il loro tributo nel gran bacino salmastro, e il gemito della brezza che pareva un flebile lamento, al quale faceva talvolta eco un singhiozzo che elevavasi dal ponte del prahos di Sandokan.
Il veloce legno piratesco aveva allora lasciato la foce del fiumicello e filava ratto ratto verso l'ovest, spintovi dal vento che sibilava lamentosamente fra gli attrezzi, silenzioso come un fantasma dalle immense ali, lasciandosi addietro le coste di Labuan che cominciavano a confondersi fra le tenebre, portando seco i superstiti della spedizione.
Tre sole persone vegliavano sul suo ponte: il Portoghese, taciturno, triste, cupo, seduto a poppa colla dritta sulla barra del timone, assorto in dolorosi pensieri, e Sandokan e la giovanetta seduti a prua, all'ombra delle vele, accarezzati dalla brezza, stretti in un tenero amplesso.
Il pirata teneva stretta contro il suo petto la bella fuggitiva e andava tergendo colle punte delle dita le lagrime che brillavano sulle ciglia di lei, emettendo di tratto in tratto un rauco sospiro, un profondo ruggito a ogni singhiozzo che sollevava il suo affannoso seno.
- Senti, amor mio - diceva egli posando le ardenti labbra sui biondi e profumati capelli di lei. - Senti! Noi andremo lontani, lontani da questi mari e da queste isole, dove ogni onda e ogni scoglio ridesta in me dolorosi e truci ricordi, ti farò felice, grandemente felice, sarò tuo in vita e in morte, e seppelliremo il passato in modo che non ne udremo parlarne più mai, più mai! Non avremo più lagrime, non avremo dolori, non avremo rimpianti; il mio mare, la mia isola, la mia potenza, la mia gloria, il mio temuto nome, la sanguinaria mia vita d'avventuriere, io dimenticherò per sempre fra i tuoi sorrisi, e tu dimenticherai per sempre la tua lontana patria, la tua isola, il tuo unico parente, nell'amor mio.
"Senti, fanciulla adorata, sino ad oggi fui pirata, trascinatovi dalla fatalità e dalle sventure, fino ad oggi fui assassino, fino ad oggi tuffai le mie mani e il mio ferro nel sangue delle vittime, fino ad oggi fui crudele, fui feroce, fui tremendo, fui Tigre... ma non lo sarò mai più, no, mai più! Soffocherò per sempre i ricordi della passata mia vita, lurida di sangue, frenerò l'impeto della mia natura selvaggia, sacrificherò il mio mare che un dì andavo orgoglioso di dire mio, e struggerò la mia isola che un dì chiamava mia e la terribile banda che fe' la mia gloria.
"Non piangere, adorata Marianna, l'avvenire che ci aspetta non sarà lugubre, non sarà tetro, non sarà oscuro, ma bensì un avvenire ridente, un avvenire pieno di felicità, dove un sorriso saranno le gioie, e un bacio i nostri deliri d'amore!
"Guarda, non aveva mai amato, perché mi sembrava che fosse vergogna per la Tigre amare, ma il dì che ti ho veduta, sentii il sangue gonfiarmisi nelle vene, sentii il mio cuore di granito palpitare e ardere d'immenso amore, e una emozione sconosciuta, indefinibile, voluttuosa scuotermi tutte le fibre! Quando ti udiva, mi pareva essere trasportato in un nuovo mondo, quando ti vedeva provavo delle scosse terribili che mi schiantavano l'anima dalla gioia, quando i tuoi sguardi celesti si fissavano nei miei, parevami diventare un altro uomo, un altro essere e dimenticava allora di essere stato pirata e tacevansi le voci delle vittime da me immolate che m'accompagnavano lugubremente nei miei sogni urlandomi dietro: assassino!...
"Marianna! Marianna! - continuò il pirata con voce improntata di suprema tenerezza, - sarai mia, non torneremo più su questo mare della Malesia che bagna le coste delle nostre due isole, non rivedremo le selvagge foreste che a entrambi erano care, non rivedremo questi luoghi che ci han veduti crescere, vivere, amare! Mai più rivedrai i tuoi fiori che ti facevan felice anche fra le ansie e i dolori, non rivedrai più le coste dell'isola maledetta che pur ti parevan ridenti, perderai patria, perderai parenti, perderai tutto come perderò tutto io, ma che importa? Ti darò una nuova isola più bella, più poetica, più gaia, più ridente, ti darò una nuova patria sulla quale potrai amarmi senza paure, sulla quale potremo mane e sera ripeterci quella divina parola che per noi è tutto: ti amo e sono tua!
"Marianna! divina fanciulla, ti amo, ti amo! Oh! Ripeti anche tu questa parola che mi rende felice, che non udii mai risuonare alle mie orecchie in tutta la mia vita burrascosa, mai, mai, mai!
La giovanetta s'abbandonò nelle braccia di lui, che la strinse teneramente al petto, e appoggiato il suo volto irrigato di lagrime sulla sua spalla: - Sì, Sandokan, ti amo, ti amo, ti amo!... E come giammai donna alcuna amò sulla terra!
Un ruggito di delirante gioia irruppe dal petto del formidabile uomo. Le sue labbra baciarono i dorati capelli di lei, la fronte nivea e le coralline labbra consumando le lagrime che scendevano lungo le pallide gote.
- Sì, Marianna, tu sarai mia, e io ti difenderò contro il mondo intero, e ti farò felice e felice come giammai donna alcuna lo fu dal dì che schiatta umana visse. Non piangere amor mio, non prestar orecchio alle funeste voci che ti dissero essere con me l'avvenire incerto e oscuro. Tergi quelle lagrime che mi straziano atrocemente il cuore, quelle lagrime che io vorrei ricambiare con goccie del mio sangue. Ah! quanto ti amo!
"Non ho sognato che questo momento, averti fra le mie braccia, per dirti in faccia a questo mio mare che mi attrasse fin dall'infanzia che ti adoro. Non ho sognato che questo momento di stringerti al mio petto, di baciare le tue divine labbra, di sentire il tuo picciol cuore palpitare sul mio! Oh! Vicino a te, mi sembra non essere più la sanguinaria Tigre della Malesia: mi sembra essere un altro uomo!...
"Non tremare, non aver paura, non udrai più la voce brutale di tuo zio, né le parole del maledetto, di William. Di' a loro che vengano a strapparti dalle mie braccia, da quelle della Tigre della Malesia, di' a loro che vengano a misurarsi col mio braccio vincitor di cento pugne. Io li disperderò, li farò a brani coi miei denti.
"Oggi siamo in questi mari, domani saremo nella mia isola, nel mio inaccessibile nido dove non avranno l'ardire di venirmi ad attaccare, a quel nido che mette sgomento agli audaci, paura ai valorosi, e poi, quando tu vorrai, quando ogni pericolo sarà passato, lascieremo per sempre questi luoghi! Su altre terre, dove non udremo la voce dei nemici, dopo di avere scavato un baratro fra noi e i ricordi, andremo a godere la felicità che non potremmo godere su queste isole!
- Sì - mormorò la giovanetta. - Andremo lontani, da dimenticarle per sempre... da non udirle nominare più mai!
Marianna mandò un sospiro che pareva un gemito e svenne fra le sue braccia. Il pirata si curvò su di lei, ebbro di amore, delirante, strinse il seno palpitante contro quello di lui e spense in un bacio ardente l'ultimo ricordo dell'assassino.
- Quanto è bella! - mormorò egli con voce appassionata. - E sarà di un pirata, di un assassino!
Si strinse il capo fra le mani quasi volesse soffocare il turbine delle memorie e un singhiozzo gli montò alla gola.
- Mia! Mia! - ripeté egli con indefinibile accento di selvaggia passione. - Fui pirata, perché la sventura mi vi ha spinto, fui assassino perché il mio cuore traboccava d'odio e di vendetta, ho bagnato questi mari di sangue di cento e cento vittime, ma non lo sarà più! Fuggirò con lei lontano da questi luoghi ove ogni cosa mi rammenta la vita passata, ove ogni onda mi rammenta una goccia di sangue, ove ogni scoglio mi rammenta un assassinio. Il mio nome morrà, la Tigre della Malesia non farà più udire il suo ruggito, fuggirò dai miei compagni che pur tanto amava. Sarà un sacrificio pur grande pel cuore di un pirata, ma lo farò. Sarai mia, fanciulla divina, ti renderò felice, sarò come uno schiavo sottomesso ai tuoi capricci: il pirata morrà. Sarò un altro uomo!
Sandokan si precipitò sulla fanciulla svenuta e la sollevò fra le sue braccia. Nel medesimo istante una larga mano si posò su una delle sue spalle e una voce grave lievemente commossa, gli disse:
- Fratello mio, lascia gli amplessi e i baci ora, impugna la scimitarra, che il nemico c'insegue!...
Il pirata si volse con feroce urlo stringendo con frenesia la giovanetta quasi paventasse si volesse strappargliela e si trovò di fronte a Yanez che con un braccio teso indicava un punto luminoso all'orizzonte verso Labuan.
- Yanez! Yanez! - esclamò Sandokan.
- Senti, fratello mio - disse il Portoghese. - Or ora ho scorto quel lume all'oriente; vedo laggiù un pericolo per noi, una nave che vola sulle nostre traccie forse desiosa di riacquistare la preda che tu hai rapito a Labuan, forse un incrociatore irto di armi e pieno d'armati. Lascia gli amplessi e le emozioni ora. Mira il pericolo: difendila!
- Sì! Sì! Difenderla, difenderla! - urlò il pirata, che ritornava la Tigre. - Guai a chi tenterà sbarrarmi la via che mi conduce alla felicità, guai a lui! Di' che vengano a misurarsi meco. Io sarei capace in questo istante, sotto gli occhi di lei, di pugnare col mondo intero. No, non me la lascierò strappare. Sarai mia, Marianna, sempre mia!
Il pirata così parlando sembrava invaso dal delirio, si animava, la voce sua vibrava per la commozione e per l'ira come la lama di una spada, stringeva la giovanetta con una specie di folle furore contro il suo petto, e gli occhi balenavano ai raggi della luna come diventassero di fuoco.
Egli gettò uno sguardo sul lume che pareva avvicinarsi e si strappò di fianco la scimitarra come volesse difendersi contro di esso.
In quell'istante la fanciulla tornò in sé gettando un sospiro, soffocata sotto la stretta furibonda del pirata.
- Sandokan! Sandokan! - esclamò ella gettando le braccia attorno al collo di lui con un movimento di spavento.
- Eccomi, Marianna, non aver paura, non ti strapperanno dal mio fianco le giacche rosse - rispose Sandokan, agitando la scimitarra. - No, non ti avranno. Io sono la Tigre, ti difenderò contro tutti essi.
- Perché quella scimitarra? Mi fa paura, Sandokan. Non siamo lontani adunque da Labuan? Non siamo liberi noi?
Il pirata la guardò con suprema tenerezza ed esitò per un istante. Poi, traendola dolcemente verso poppa senza che ella vi si opponesse, le mostrò colla punta della scimitarra il lume che brillava sopra una grande ombra a riflessi bianchi.
- Una stella! - esclamò la giovanetta, che per un movimento istintivo si serrò contro di lui.
- Una stella? - mormorò Sandokan coll'arma sempre tesa verso il punto luminoso. - No, amor mio, no, Marianna, non è una stella quella che brilla laggiù sopra quell'ombra, è un occhio che scruta avidamente il mare cercandoci, è un fanale che segna una nave, un incrociatore lanciato da quel maledetto sulle nostre traccie irto di armi, carico d'armati, assetati del mio sangue.
- Mio Dio! Ho paura, Sandokan - disse la giovanetta aggrappandosi disperatamente a lui, che la contemplava rapito.
- Non aver paura, sei al mio fianco, sotto la difesa di quest'arma che ha vinto cento pugne sanguinose, a fianco della Tigre della Malesia, che non ha mai tremato di spavento. Tutti gl'Inglesi di Labuan e Borneo, non sarebbero capaci di strapparti dalle mie braccia. Guai a loro, se avessero tanta audacia d'affrontare la Tigre delirante. Guai a loro! Mille uomini cadranno prima di giungere sino a te. Non aver paura, amor mio, sono sempre qua!
- Ma se ti uccidessero, Sandokan, che ne sarebbe mai di me? Chi mi difenderà dopo?
- Uccidermi? - esclamò Sandokan rizzando l'alta statura mentre un lampo d'orgoglio guizzava negli occhi. - Sono invulnerabile!
- E vi difenderò io, milady - disse il Portoghese traendo alla sua volta la scimitarra dinanzi a lei.
- Sì, Marianna, saremo in due che ti difenderemo, due tigri che non hanno mai tremato, due tigri della selvaggia Mompracem.
Le due scimitarre s'incrociarono dinanzi alla giovanetta, che chiuse gli occhi al lampo che ne scattò sotto i raggi della luna.
L'incrociatore, che mezz'ora prima era una semplice ombra indefinibile, era allora visibile appieno coi suoi alberi che spiccavano sul fondo chiaro del cielo, avvolti dal nero fumo della macchina, in mezzo al quale scintillavano alcune scorie che salivano a una certa altezza. La prua affilata tagliava le acque che spumeggiavano chiaramente al chiaro dell'astro notturno, e il vento dell'oriente portava sino al prahos il fragor delle tambure che battevano frettolosamente i flutti.
- Vieni! Vieni! maledetto da Dio! - esclamò Sandokan con veemenza, minacciandolo colla scimitarra mentre coll'altro braccio cingeva la fanciulla spaventata. - Vieni a sfidar la Tigre se hai sangue nelle vene, di' a tuoi cannoni di ruggire, alle giacche rosse d'impugnare le loro armi. Io non ti temo! Se io ruggo, guai a te!
Quella minaccia parve che venisse intesa dall'incrociatore che trovavasi un miglio appena lontano. Un lampo abbagliante guizzò improvvisamente a prua seguito da una sorda detonazione. Una palla fece saltar l'acqua appena a dieci passi da poppa, spruzzando Giro Batoë che trovavasi al timone. La Tigre della Malesia si mise a sogghignare ma con quel sogghigno tutto suo proprio che agghiacciava sempre il sangue.
- Aspetta un po', maledetto da Dio, poi vedrai la Tigre all'opera! - tuonò egli, minacciandolo con aria truce e mostrandogli l'abbronzato suo cannone. Un secondo lampo balenò a prua del legno seguito da una detonazione più forte.
Il Portoghese si scosse tutto.
- In coperta! - comandò egli correndo a prua. - Su, tigrotti di Mompracem: vi ha sangue da bere.
- Sandokan! Sandokan! - esclamò Marianna, stringendosi timidamente al suo fianco. - Ho paura.
I pirati uscivano allora dalla stiva, mugolando come tigri. Sandokan prese per mano la giovanetta.
- Vieni, amor mio - le disse dolcemente. - Ti condurrò nel tuo nido al riparo delle bombe di quegli uomini che sino a ieri erano tuoi compatrioti, e che oggi sono tuoi nemici!
S'arrestò un istante, fissando con bieco sguardo il piroscafo che sforzava la sua macchina al punto di correre il rischio di farla saltare, poi porse il braccio alla lady, attraversò il ponte con passo fermo, calmo, ma superbo, e la condusse nel sottoponte, nella cabina.
Era questa una stanzetta che giustificava pienamente il nome di nido datale dal pirata, arredata con un gusto ed una eleganza la più squisita. Le pareti erano scomparse sotto ricche stoffe di seta cremisi e il pavimento era coperto da tappeti indiani che rifulgevano per l'oro e l'argento sparsovi a profusione. Ricchissimi mobigli intarsiati d'avorio e di madreperla occupavano gli angoli; dal soffitto pendeva una gran lampada dorata e in un canto ardeva su di un tripode della polvere di sandalo che spandeva un profumo soave, inebbriante. Il pirata guardò sorridendo Marianna che sembrava sorpresa.
- Vedi - le disse, mentre un nuovo colpo di cannone rombava sul mare. - Questo è il tuo nido, questo è il tuo mondo, e tu sarai la cara colomba che l'abiterà. È sospeso sui flutti, è mobile, ma è sicuro. Non aver paura delle palle dei miserabili che bersagliano il mio legno: esse non ti toccheranno mai, mi capisci, Marianna, mai! Le lamine di ferro che corazzano la poppa le arresteranno e la mia scimitarra infrangerà le armi delle giacche rosse che ardiranno salire sul ponte del mio legno. No, no, non ti rapiranno, mia adorata fidanzata: per farlo, bisognerà che abbiano a passare sul corpo dei miei tigrotti e poi sul mio, il che non accadrà mai. Sono invulnerabile!
"Di' pure a loro che ruggano, di' pure a loro che tuonino contro il mio prahos che è dieci volte inferiore del loro piroscafo, di' pure che vengano all'abbordaggio, io li vincerò, io li fulminerò come il fulmine di Allah che folgora gli empi. È la Tigre della Malesia che te lo dice, Marianna, e puoi credere ad essa che giammai mentì, che giammai s'ingannò!
- Sì, mio valoroso campione, ti credo - mormorò la giovanetta che sentivasi presa da immensa ammirazione per quell'uomo terribile che parlava in tal guisa. - Ma se ti uccidessero? Tutti ti odiano, tutti han giurato di vendicarsi su di te, e tutte le loro palle saran dirette contro il tuo petto da eroe.
- E credi tu, Marianna, che io sia l'uomo che abbia paura? Credi che la Tigre della Malesia li tema? Guarda, mi sento tanto forte, mi sento tanto possente, che sarei capace d'arrestare colle mie mani le bombe delle loro artiglierie!
- Ah! Sandokan! Ho paura.
- No, non tremare, amor mio, non pensarlo nemmeno che essi abbiano a sfondare il mio petto. Vi ha una voce che mi dice che io sono invulnerabile, vi ha una voce interna che mi dice che lassù v'è qualcuno che protegge la Tigre. Ho lottato per tanti anni dinanzi la bocca dei cannoni ruggenti, mi sono precipitato tante e tante volte in mezzo alla mitraglia e giammai una scheggia intaccò le mie carni e le mie ossa!... Fu solo a Labuan, su quella terra esecrabile, su quelle coste maledette, che una palla che tengo ancora in petto mi colpì!... Ma non fu tanto forte da troncare la vita della Tigre, e non ve ne sarà una seconda capace di troncarla. Bisogna che io viva, ora che tu sei mia, ora che la felicità tanto bramata dal giorno che ti vidi mi aspetta, e vivrò a dispetto dei loro cannoni!
- Mio Dio, ma è dunque vero che tu lo proteggi! - esclamò la giovanetta alzando le mani giunte verso il cielo.
- Sì - disse il pirata con una sicurezza che avrebbe convinto il più incredulo. - Vi ha qualcuno che mi protegge, il mio bel genio che mi guida e che mi rende invulnerabile. Rimani, Marianna, nel tuo nido, senza tremare, fanciulla divina. Io lassù, sul ponte, farò scudo col mio petto alle palle del nemico e la mia scimitarra saprà difenderti contro mille di essi. Non avrai paura, non è vero Marianna?
- No, Sandokan, no mio valoroso, non avrò paura, né tremerò quando i cannoni ruggiranno. Sarò forte perché tu ti batti per me!
Il pirata si precipitò verso la giovanetta caduta in ginocchio e prendendo teneramente la testa di lei fra le mani ne baciò le labbra. La contemplò rapito un istante inebbriandosi nell'ardente alito di lei, poi si rizzò ebbro d'amore e di voluttà. Il suo occhio s'infiammò sotto un sinistro lampo e fremente, superbo, battendo fieramente il piede con una intonazione che avrebbe fatto tremare il nemico se fosse stato lì a udirlo, esclamò:
- Ritorno Tigre! - e si slanciò verso la scala salendo sul ponte di già invaso dai suoi uomini.
- Dio mio, salvalo! Non sarà più pirata, non sarà più assassino! - esclamò la giovanetta e cadde sulle ginocchia.
L'equipaggio del prahos svegliato di soprassalto fin dal primo colpo di cannone e dalla voce del Portoghese, non aveva perduto un sol momento. Compreso di che si trattava, senza manifestare né meraviglia, né timore, malgrado la sproporzione di forze, si era gettato bravamente ai cannoni pronti a rispondere al terribile invito dell'incrociatore. I più abili artiglieri avevano di già accese le miccie e vi soffiavano sopra e stavano per cominciare il duello senza nemmeno aspettare il comando quando comparve la Tigre.
Alla vista di quell'uomo, che da solo valeva cento combattenti, dinanzi al quale i più intrepidi fremevano, ritornato il pirata leggendario di Mompracem, trasformato, tutto fuoco e furia, un sol grido scoppiò a bordo del prahos che giunse sino al piroscafo.
- Viva la Tigre! - urlarono i pirati alzando le scimitarre. - Viva la Tigre!
- Largo a me! Largo alla Tigre della Malesia! - esclamò Sandokan respingendo gli artiglieri. - Basterò io solo per struggere il maledetto da Dio!
Era proprio la Tigre che così parlava. Aveva gli occhi che sembravano carboni accesi, il volto aveva assunto quell'espressione feroce e ardita insieme che lo rendeva si temuto in quei mari, le labbra avevano ritrovato il sorriso atroce della Tigre, e parevano assaporare sangue umano. Pareva ingigantito di dieci cubiti. Visto così in quella posa, coi capelli sciolti al vento, animato, minaccioso, quasi ruggente, sembrava una belva che spiasse anelante la preda per dissetarsi nel suo sangue.
Egli si piantò fieramente dinanzi ai cannoni, cogli occhi fissi sull'incrociatore che si avanzava sempre sforzando la macchina e mordendo furiosamente le acque colle ruote, quasi volesse attirarlo colla potenza della sua vista, affascinarlo, bruciarlo coll'ardente alito, e tendendo le mani verso di lui come in una suprema minaccia.
- Qua! Qua! - esclamò egli con quella voce vibrante e metallica. - Essa è sotto di me, riparata dal mio petto che non la cederà ai tuoi cannoni, difesa dalle mie armi che spunteranno le tue. Vieni a riprenderla se ne sei capace. Questa è la mia patria, qui vi ha la mia rossa bandiera che la ricopre, vieni! Non sarai capace di struggere il mio legno, non abbatterai la mia bandiera, non farai tacere i cannoni che la difendono, non mi strapperai la giovanetta che ha detto d'amarmi. Qui vi ha la Tigre della Malesia! Fa ruggire i tuoi cannoni, vieni abbordarmi, se ne sei capace: io ti sfido!
Il pirata, che si sentiva in quel momento tanto forte da cozzare anche contro la flotta dell'Inghilterra intera, con un balzo da leone afferrò la sua rossa bandiera e mostrandogliela:
- Vieni! Vieni! - tuonò egli. - La Tigre ti aspetta per infrangerti ambe le ali!
Piantò il vessillo accanto a sé, poi fiero, rumoreggiante d'ira e di furore, salì sul capo di banda colle mani incrociate sul petto, fissando trucemente il piroscafo che davagli vigorosamente la caccia, vomitando torrenti di fumo nero e denso dal camino troppo ristretto.
I tigrotti, entusiasmati dalla presenza del terribile loro capo, avidi di sangue, trepidanti di cominciare la lotta, impotenti di frenare la loro impazienza, per la seconda volta si gettarono sui cannoni drizzando le fumiganti bocche contro il vascello. La Tigre con un gesto li arrestò.
- Non ancora! - diss'egli con voce rauca. - Non ancora! Lasciatelo venire!
I pirati, quantunque quel comando paresse a loro strano in quei momenti in cui vi era maggior bisogno di agire per arrestare quella nave che cercava abbordarli, ubbidirono ciecamente sicuri che se la Tigre così agiva doveva avere i suoi scopi che essi non erano obbligati a indagare. Il Portoghese stesso arrestò la mano che stava per dar fuoco al cannone e calpestò la miccia, domandandosi però quale pazza idea era saltata in capo a suo fratello.
Voleva forse egli farsi inseguire fino a Mompracem per tentar di poi uno dei suoi giuochi per cui andava tanto famoso? Non era possibile ammetterlo, stante la distanza che separavali ancora dall'isola e la rapidità del vascello da guerra che s'avvicinava sempre più al prahos.
Voleva forse egli aspettarlo e dargli arditamente l'abbordaggio, vendicando la disastrosa rotta subita sulle coste di Labuan? Il Portoghese fremette tutto a tal pensiero, non già per sé, ma per suo fratello e per Marianna. Per quanto i tigrotti fossero stati risoluti, e il loro capo terribile, sarebbero stati inevitabilmente schiacciati dal numero preponderante degli Inglesi, numero che sorpassava i centocinquanta.
- Chi sa, aspettiamo - disse Yanez. - Al momento opportuno farò sentire la mia voce.
Sandokan era sempre al suo posto, sulla murata poppiera, col piede sulla culatta di uno dei cannoni, calmo, tranquillo, ma minaccioso, seguendo attentamente le mosse del piroscafo che fendeva furiosamente le acque. La sua fronte andava man mano corrugandosi profondamente e i suoi occhi talora s'infiammavano e si fissavano in una strana maniera sul ponte del legno nemico.
Yanez, seguendo la direzione del suo sguardo, s'accorse che osservava minutamente l'equipaggio inglese, come se cercasse di scoprire un volto a lui ben noto.
Non dubitò più che Sandokan tentasse di scoprire il suo rivale, il baronetto William.
E infatti non s'ingannava. Il pirata lo cercava avidamente colla potenza del suo sguardo d'aquila, ma dovette in breve accertarsi che il maledetto, l'aborrito ufficiale, non c'era.
- Non lo vedo, non lo vedo - mormorò ferocemente la Tigre contraendo le labbra a un satanico sorriso che tradiva la collera. - Tanto peggio per lui. Lo ritroverò laggiù alla mia isola e lo darò in pasto ai miei tigrotti!
Aveva appena finito che una fiamma guizzò sul legno nemico, che continuava avanzare mordendo colle ruote strepitosamente le tranquille acque. Il proiettile attraversò il ponte del prahos forando le due vele a pochi passi dalla testa del pirata.
- Ah! Ah! - esclamò questi che fremette d'ira. - Tira, maledetto da Dio, tira che io non ti temo. Quando la Tigre sarà irritata, verrà a far saltare le tue ruote. Vedrai! Ti arresterò al volo!
Altre due fiamme scattarono dai sabordi di tribordo accompagnate da una doppia detonazione. Una delle palle venne proprio a investir la culatta del cannone sul quale Sandokan posava un piede. Il pirata non si mosse, non fiatò, non batté nemmeno ciglio: solo continuò a sogghignare beffardamente.
Successe una breve tregua, prahos e vascello continuarono la loro rotta colle prue all'ovest, l'uno perdendo via e l'altro avvantaggiandosi sempre più, poi questi ricominciò il cannoneggiamento più rapido, più forte, più preciso.
Una grandine di palle cominciò a piovere e fischiare attorno al prahos, rimbalzando e scrosciando contro i bordi corazzati, smussando o spezzando i pennoni, frantumando o schiantando le murate, e strisciando o saltando sul ponte.
La Tigre a quel tempestar di proiettili si scosse tutto. Si raddrizzò fieramente mostrando i denti, tese minacciosamente le mani verso il piroscafo e parve che fosse lì per slanciarsi in coperta, ma si frenò ancora e ripigliò l'immobilità truce di poco prima.
- Non ancora, non ancora - mormorò egli. - Non vedrebbero mia moglie.
Per dieci minuti il piroscafo cannoneggiò il piccolo legno che non faceva alcun sforzo per mettersi fuori di portata, poi le detonazioni scemarono a poco a poco fino a che cessarono del tutto. Allora una bianca bandiera salì sbattendo vivamente sul picco della randa.
A quella vista s'udì un mormorìo minaccioso sul ponte del prahos.
- Ah! - esclamò Sandokan ghignando. - Mi invitano d'arrestarmi, d'arrendermi, io, la Tigre!... Yanez, fa issare la mia rossa bandiera sull'alberetto di maistra!
- Ma... - azzardò il Portoghese.
- Silenzio! - tuonò la Tigre. - Io voglio vedere il fuoco!
Giro Batoë, a un cenno di Yanez, fe' salire la rossa bandiera della pirateria, in mezzo alla quale campeggiava lugubremente un teschio umano. Un colpo di vento la sciolse e si mostrò spiegata al piroscafo.
- Tira ora, tira! - urlò Sandokan. - Fa ruggire i tuoi cannoni, arma i tuoi uomini, empi la tua macchina di carbone, fatti innanzi, che non ho paura! Voglio vedere il tuo fuoco e mostrarti mia moglie illuminata al baleno delle tue artiglierie!
Il vento andava allora crescendo man mano che avvicínavasi l'alba, raddoppiando la celerità del prahos. Il piroscafo che s'accorse di questo, ricominciò furiosamente il cannoneggiamento, sforzandosi di guadagnar il più presto che fosse possibile via, temendo che il piccolo legno gli sfuggisse. Il suo camino eruttava fumo e scorie come un vulcano e le sue ruote turbinavano fragorosamente, e la macchina fischiava e ruggiva in tal modo da temere che fosse sì li per iscoppiare davvero.
Ma ben presto dovette comprendere che perdeva via. Il piccolo legno piratesco, coperto dalle sue immense vele, poco a poco prese un'andatura più celere, non più guizzando ma volando sulle acque, di maniera che dopo dieci minuti le palle del vascello non giungevano più che a intervalli, e una parte di queste giungevano sulla scia.
Sandokan con tutto ciò non si mosse, né staccò gli occhi dal vascello. Il Portoghese che non capiva gli si avvicinò.
- Ma che vuoi tu fare, fratello mio, vuoi che una palla ti faccia saltare? - domandò Yanez.
- Aspetta, Yanez, e poi lo vedrai - rispose il pirata. - Non è ancor tempo, ma non sarà lontano: ecco la mia luce che segna l'alba.
- Vuoi trascinare questo legno sino a Mompracem per poi abbordarlo, coll'aiuto degli altri prahos?
- No, non vedrà Mompracem quel legno. Io lo arresterò al volo appena che il sole gli permetterà di vedermi. Essi ignorano che io l'abbia rapita, essi ignorano che ci troviamo assieme su questo prahos: voglio che ci veggano. Yanez, fa portare sul ponte un mortaio. Se non frantumerò le sue ruote al primo colpo, io non sarò più Sandokan! Sarà l'ultima impresa della Tigre della Malesia, che poi morrà per sempre! Mi comprendi, Yanez, per sempre!
Il Portoghese lo guardò in silenzio, mandando un sospiro, poi si affrettò a ubbidire, nel mentre che una palla strisciando sul ponte dopo di aver scavato un solco sfondava di rimbalzo le murate di prua perdendosi in mare. Sandokan non si mosse.
Nella stiva, fra il ferraccio che formava la zavorra, eravi un mortaio, pezzo della portata di otto che solevano avere i più rapidi prahos corazzati, quando si trattava di qualche ardua impresa dove le bombe potevano essere necessarie. Esso fu portato sul ponte e assicurato saldamente agli anelli di esso. Il Portoghese lo caricò, con una di quelle bombe di otto pollici, del peso di 21 chilogrammi, che con una carica di 2.21 forniscono ben 28 scheggie, il cui effetto può diventare funesto anche per uno dei più grossi piroscafi. Dopo di che, volgendosi a Sandokan che non perdeva di vista le mosse dell'incrociatore:
- Tocca a te, fratello mio, compi la tua impresa da vera Tigre di Malesia! - disse egli.
- Aspetta ancora! Aspetta! - rispose Sandokan. - È d'uopo che egli mi veda a fianco di lei!
Il vento che cresceva faceva volare il prahos che pareva sfiorare appena l'acqua, allontanandolo sempre più dal piroscafo che si sforzava di dargli ancora la caccia o di arrestarlo a colpi di cannone. Il legno da guerra avvampava a ogni istante e tuonava con crescente furia; pareva un vulcano erompente, vomitante palle e mitraglia.
La corsa durò da entrambe le parti ancora un'ora, durante la quale la luna e le stelle impallidirono sotto i primi albori.
Poco dopo un raggio di sole, il primo, guizzò attraverso due nubi illuminando il mare.
- E ora a me! - gridò Sandokan con un sorriso indefinibile. - Vo mostrarti le mie bombe e mia moglie!
A un suo cenno il prahos si mise a bordeggiare lasciando così il piroscafo avvicinarsi, poi si mise dietro il mortaio con la miccia in mano, calcolando la distanza, tracciando di già coll'occhio la via che doveva tenere il proiettile.
Il legno da guerra approffittava. Si avanzava rapido sbuffante, fumigante. Ricominciò il cannonneggiamento con novella furia, senza, perdere un sol istante, a palla e a scaglia.
Il ferro turbinava sul prahos che continuava impassibilmente le sue bordate, faceva saltare gli ultimi resti delle murate, forava le vele e troncava gomene, saltava sul ponte strappandone le tavole, scivolava sulla corazza, fischiando attorno all'equipaggio riparato dietro ai cannoni. Sandokan mirava sempre, impassibile, incrollabile fra la pioggia di palle.
- Fuoco! - urlò d'un tratto egli facendo un salto indietro, mentre che il mortaio avvampava tuonando.
Si curvò sul famigerato pezzo, rattenendo il respiro, colle labbra strette, la fronte abbuiata e gli occhi fissi innanzi a sé come volesse seguire l'invisibile proiettile che s'allontanava ratto ratto, sfiorando le onde. S'udì una seconda detonazione: respirò.
La bomba scoppiò con inaudita violenza fra i raggi di una delle ruote del vascello, facendone saltar le ferramenta e la tambura.
Il piroscafo s'inchinò sul fianco lacerato e si mise a girare su sé stesso sotto le battute dell'altra ruota che mordeva ancora le acque. Quasi subito una densa colonna di fumo sfuggii dall'enorme falla per la quale si precipitava, fischiando, l'acqua.
- Marianna! Marianna! - urlò Sandokan slanciandosi verso il boccaporto nel momento che Yanez e i tigrotti saltavano sui cannoni.
Egli afferrò la giovanetta, la trascinò a poppa, la sollevò fino al capo di banda e nel mentre che il ferro turbinava ruggendo a lui d'intorno la mostrò superbamente al piroscafo gridando:
- Ecco la moglie della Tigre!...
Quasi nel medesimo istante il prahos virava di bordo.


Il ritorno a Mompracem

Punito l'insolente, libero ormai da ogni impaccio, quantunque mezzo ruinato, colle murate cadenti, il ponte qua e là schiantato, le vele in più parti forate e lacerate e le manovre danneggiate dai turbini di mitraglia, il prahos riprese la corsa verso Mompracem colla velocità propria di quei leggeri legni che sfidano i più rapidi clipper della marina dei due mondi. La giovanetta dopo di essere stata presentata ai suoi compatrioti qual moglie della Tigre fra il ruggito dei cannoni, affranta dalle fatiche fisiche e morali, erasi affrettata a ritirarsi nella sua cabina e gustarvi un po' di sonno, e tutti i pirati, passato il pericolo, ne avevano seguito l'esempio guadagnando le oscillanti loro amache.
Sul ponte eran rimasti soli tre uomini: Giro Batoë che fumava nella sua pipa seduto a poppa colla barra del timone in mano, e Yanez e Sandokan che passeggiavano pel ponte, l'uno tranquillo come il solito e l'altro invece cupo, malinconico, colla faccia scomposta e gli occhi che rifulgevano come carboni accesi, fissi sul mare che brontolava spumeggiando al largo.
- Orsù, Sandokan - disse improvvisamente il Portoghese, urtandolo. - A che diavolo vai pensando che sei tetro? Rimpiangi forse quello che hai fatto per la giovanetta?
- No, Yanez - rispose Sandokan, sussultando e con aria che invano sforzavasi far parere tranquilla. - No, rimpiango il passato, ecco tutto. Credi tu che un pirata non abbia un cuore per rimpiangere ciò che dovrà abbandonare per sempre? Guardando questo mare che solcherò per l'ultima volta in questi luoghi, mi sento commosso; guardando questo prahos che fra poco non rivedrò più mai mi sento il cuore sanguinare, pensando che la Tigre morrà per sempre mi sento invadere dallo spavento come seppellissero me stesso. È l'ultimo sospiro, l'ultimo rimpianto di un cuore che si sente straziare. Ma ho giurato che morrò, ho giurato che i pirati scompariranno da questi luoghi, che sarò tutto suo: manterrò ciò che promisi.
- Ma dei tuoi uomini che ne succederà, Sandokan? Senza la Tigre che li guidi, che sarà di Mompracem, della nostra isola?
- Succederà ciò che il destino aveva disposto. Essi abbandoneranno il mestiere, dimenticheranno il passato come lo dimenticherò io, e Mompracem ritornerà muta come lo era prima che la Tigre comparisse sulle sue coste: ecco tutto.
- Povera Mompracem! - esclamò Yanez con profondo rammarico. - Io cominciava ad amarla come fosse la mia vera patria.
- E io, credi tu che non l'amassi? Credi tu che non amassi questo mare, questi legni, quegli uomini che mi chiamavano con orgoglio la Tigre? Se io fossi capace di piangere, piangerei, ma non ho mai saputo che sia lagrimare. Orsù, Yanez, il passato è morto, un altro avvenire ben differente ci aspetta: quello preparatoci dal destino, seguiamolo. I pirati scompariranno!
- Lo so. È pur triste abbandonare questi luoghi ove noi eravamo i padroni, sparire pezzo a pezzo, disperderci dopo tanti anni.
- Triste! Triste! - ripeté il pirata con voce sorda e con una commozione di cui non si sarebbe mai creduto capace.
- Ascolta, fratello mio, quando noi giungeremo a Mompracem che pensi di fare tu? Non vi rimarrai, lo so, ma dove andrài con lei?
- No, non vi rimarrò più, io l'ho giurato a lei. Ah! se lei lo volesse, Mompracem tornerebbe a brillare e tanto da offuscar per sempre Labuan che ora sta ingigantendo sulle nostre ruine. Non lo vuole, ha paura del sangue, trema al fragor del cannone, e sia. I pirati morranno per sempre nella mia isola. Se fosse un'altra donna, l'abbandonerei, la sfuggirei dopo di averla ricondotta a Labuan, ma con lei non saprei farlo, io l'amo troppo, tanto da anteporla a ogni cosa, tanto da sacrificare i miei uomini e tanto che senza di lei, sarei capace di morire.
"Rivedrò ancor una volta Mompracem, poi, quando il mare sarà libero, quando ogni tema che si abbia a rapirmela sarà scomparsa, c'imbarcheremo e faremo vela...
- Per dove?
- L'ignoro, Yanez: andrò dove lei vorrà; sia su di un'isola, sia nella lontana sua patria, per me sarà lo stesso, purché andiamo lontani da questi luoghi che non sono più per noi. Non credere, fratello, che io ciò faccia perché sia stregato. No, gli è solo perché sono diventato un altro uomo, perché sento d'amarla furiosamente, e accanto a lei mi pare d'essere felice, oh! sì, mille volte felice. Tutto il mondo, per me, sta rinchiuso in lei, e in lei sola.
- Ti comprendo, Sandokan. Guarda, pur io che non ho mai amato, mi sentirei capace di fare per lady Marianna quanto sei capace di far tu.
- Lo sapevo, Yanez, che anche tu l'avresti adorata. Ella affascinerebbe Dio e il diavolo.
Il pirata abbandonò bruscamente il Portoghese, fece alcuni passi pel ponte, guardandolo fisso verso l'est, poi tornando verso di lui,
- Yanez - disse, cangiando tono. - Credi tu che le giacche rosse verranno ad assalirmi nella mia isola? Guarda, ho delle idee sì strane quest'oggi che la tengo stretta nelle mie braccia quell'adorabile fanciulla, che mi sgomentano in un modo nuovo. Io che non ho mai avuto paura, si direbbe che quest'oggi provo un sentimento di timore. Non so, forse saranno ubbie, ma mi sembra di veder buio e molto buio a me d'intorno.
- E non ti nasconderò che anch'io ho i miei timori, Sandokan - rispose Yanez. - Non voglio credere che il lord abbia a rassegnarsi a lasciare l'unico rampollo dei conti Guillonk nelle mani di un pirata, quale sei tu. Temo che egli abbia a tentare un disperato assalto contro Mompracem, e probabilmente fra non molto.
- Credo che tu abbia ragione, ma la tana della Tigre sarà inespugnabile! Giammai Olandese, o Inglese, Spagnolo, o Bornese, ardì approdare alle temute coste della mia Mompracem, e voglio sperare che il maledetto da Dio, per quanto l'ira lo spinga e gl'infonda coraggio, non lo tenterà. Aspetta che noi giungiamo all'isola e mi vedrai all'opera. Io fortificherò tanto il villaggio, da far dare indietro anche la flotta riunita dell'Inghilterra e dell'Olanda.
- Avresti per caso cangiato idea?
- Che vuoi dire?
- Tu parli di trincerarti così bene, da credere che tu abbia abbandonato il progetto d'abbandonare Mompracem.
Un amaro sorriso sfiorò le labbra della Tigre.
- No - diss'egli - non rimarrò nel mio nido per sempre. La Tigre della Malesia, te lo dissi ancora, non è più l'uomo d'una volta. Me ne starò a Mompracem in attesa degli Inglesi, e quando li avrò battuti, quando avrò fatto saltare le ruote dei loro ferrati vascelli, in modo che non sieno capaci di inseguirmi e d'abbordarmi in alto mare, spiegherò le ali e me ne andrò.
- E se gli Inglesi fossero di già sbarcati, a Mompracem? Ti ricordi ciò che disse quell'ufficiale, dietro le palizzate del parco?...
Sandokan lo guardò fisso, mostrando i denti.
- Ebbene - diss'egli - m'avvicinerò all'isola colle dovute precauzioni. Se l'hanno presa, veleggerò al sud. Guai al vascello che ardirà seguirmi. Guai a lui!...
Volse improvvisamente le spalle al Portoghese e andò a prua, appoggiandosi alla murata, guardando fissamente il mare che gorgogliava quasi ai suoi piedi. Un rauco gemito gli uscì dalle labbra e si strinse il capo fra le mani.
- Ah! - esclamò egli, quasi ferocemente. - È atroce abbandonare questo mare nel quale vissi tanti anni, questo mare che amava come fosse sangue delle mie vene, che idolatrava, che chiamava mio, mio! Povero mare, dovrò lasciarti per sempre!
"Non udrò più mai il tuo ruggito che era la voce a me più cara dopo il rombo del cannone, non affronterò più le tue tempeste che erano simili alle ire della mia anima, non ti darò più sangue delle mie vittime, perché io sono stregato, perché io sono come morto! Eri mio e diverrai di loro, perché il nodo che ci univa si è spezzato sotto il sentimento dell'amore e un abisso senza fondo fu dischiuso fra di noi due!
"Va! presto non ci vedremo più! Questi luoghi saranno morti perché il ruggito della Tigre si soffocherà, perché i suoi prahos non solcheranno più le tue onde, perché il cannone tacerà per ogni dove, perché i pirati saranno scomparsi. Diverrai un pacifico mare senza furore, senza fragori, bagnando le coste di Mompracem domate; non avrai più quei fumiganti rottami che io ti dava un tempo quasi ogni dì, non sarai più accresciuto dal sangue delle vittime, non sarai più il mio mare, perderai il tuo amico, il tuo fratello, rimarrai solo! Tu piangi, tu spumeggi dinanzi la prua del mio ultimo prahos piratesco, ti lamenti, i pesci come te si lamentano, il vento geme e io credi tu che non pianga al pensiero di non vederti più mai? Guarda, io soffro più che mi si strappasse la carne a brani!
"È deciso che io abbia a morire fra le braccia della fanciulla che mi ha strappato dalle tue, che abbia a morire lontano lontano dai tuoi amplessi, senza più udire la tua voce che allettava la mia anima nei tempi che ero il signore di Mompracem, e chi sa in quali terre straniere, ove mi avranno trascinato i sentimenti dell'amore. Vi ha qualche cosa che mi si arresta alla gola, del dolore che empie il mio cuore, qualche lagrima che bagna gli occhi dell'antico pirata.
"Le gioie che ho provato accanto a te, quelle gioie che mi rendevano qualche volta felice in mezzo ai miei trionfi di sangue, non le proverò più, mai più! Morrà la mia potenza, come morrà la mia e tua voce e per sempre! E tutto per lei!...
Il pirata si curvò verso le onde, che continuavano a spumeggiare dinanzi alla prua del prahos, guardandole con occhio intenerito, ascoltando i gorgoglii di esse, e sospirò. Forse in quel momento rimpiangeva l'istante il cui destino l'aveva trascinato sulle spiaggie di Labuan e l'istante in cui aveva amato la fanciulla. Egli si passò la mano sulla fronte come per iscacciarsi i neri pensieri che l'assalivano e qualche cosa di umido brillò nei suoi occhi.
- Tutto per lei! - continuò egli. - Per la fanciulla abbandonerò ogni felicità del passato, dimenticherò questi luoghi pur cari anche pel cuor di un pirata, i miei legni che amava come fratelli, Mompracem che riguardava come la mia gloria, la mia potenza, dimenticherò la mia isola, il mio nome guadagnato a prezzo di cento vittime e di fiumi di sangue, dimenticherò i miei poveri tigrotti che tanto mi amarono, e infine troncherò la mia tremenda vendetta contro coloro che assassinarono e mia madre, e i miei fratelli e le mie sorelle, contro coloro che mi precipitarono dal trono al fango!...
"Non più vita agitata, non più lotta, non più massacri e sangue da bere, non più armi, non più ruggiti di cannoni, né odor di polvere. Una capanna nel fondo d'una foresta, un sorriso per le gioie, un bacio pei deliri!...
La sua fronte s'aggrottò, poi si spianò e lo sguardo poco prima fiammeggiante si spense. Egli portò le mani agli occhi, girò su sé stesso per qualche istante, poi si avvicinò al boccaporto di poppa e discese senza far rumore nella cabina attigua a quella di Marianna. S'arrestò sospeso, udendo parlare.
- No, no - diceva con voce affannata la giovanetta. - Lasciatemi... lasciatemi che sono di lui, della Tigre della Malesia... Perché volete separarmi, perché volete strapparmi dal suo fianco quando ha giurato d'amarmi?... No, no, non voglio William: mi fa paura, l'odio, lo esecro... Via tutti, non voglio vedervi mai più, sono della Tigre!...
Il pirata sospirò e scosse il capo. Il suo sguardo s'intenerì.
- No, Marianna, no, non li vedrai mai più! - mormorò egli. - Non aver paura, anima mia, che sono qua io a difenderti, io, la Tigre!
Aprì la porta della cabina che dava in quella di lei e guardò. La giovanetta dormiva respirando affannosamente, agitando le mani fra le tappezzerie che la coprivano. Il pirata la contemplò con indefinibile dolcezza, colle braccia incrociate, anelante, cogli occhi fissi sul volto di lei, beandosi come fosse trasportato in un nuovo mondo, attirato, affascinato. Egli indietreggiò a lenti passi.
- Sogna - mormorò egli. - Guarda! Chi direbbe che non è divina? Sì, sprofondi Mompracem, scompaiano i pirati, precipiti il mare nelle viscere della terra, muoia per sempre la Tigre! Sì, sarò maggiormente felice accanto a lei!
Il pirata fu lì lì per precipitarsi verso la giovanetta e stringerla fra le braccia, ma si frenò, e quantunque la voluttà cominciasse a invaderlo da fargli girar il capo, si ritirò con quella potente volontà che sapeva dominar le più ardenti passioni e tornò nella sua cabina.
- No - mormorò egli con quell'accento risoluto che non ammetteva esitanze, né debolezze - no, non è ancora mia. So che mi ama, che comprende il gigantesco sacrificio del pirata che portava il nome di Tigre della Malesia, non basta? Quando sarò lontano da questi luoghi, in altre terre, sarà mia, tutta mia, me lo ha detto, lo sento, come io ho detto che sarò suo.
"Avrò ancora da lottare co' miei nemici, lo so. Essi cercheranno con tutti i mezzi possibili di rapirmela per dare l'ultimo colpo al pirata di Mompracem, ma lotterò con tutte le forze di cui era capace l'antica Tigre, mostrerò ad essi, che se era formidabile nei tempi passati quando sol trattavasi di sangue e di saccheggi, sono ancora tale per difendere ciò che io chiamo la mia esistenza, la mia felicità. Poi morrò, morrò per sempre, che monta? Sarà una nuova vita per me, accanto a quella creatura sublime, e chi sa, forse più dolce, più felice di quella passata, e senza vittime e senza sangue.
Il pirata si mise a girare nella stretta cabina, ora truce in volto e ora col sorriso sulle labbra, porgendo di tratto in tratto ascolto all'affannoso respiro della giovanetta. Si arrestò tre o quattro volte colla testa fra le mani, quasi volesse soffocare i pensieri che l'assalivano suo malgrado, poi salì in coperta.
Il prahos filava sempre ma con lentezza. Il vento era caduto, soffiava a tratti irregolari, tondeggiando debolmente le grandi vele, che finivano a poco a poco collo sbattere e cadere lungo i triangolari alberi come fossero senza vita.
- Il malaugurato congiurerebbe anche esso contro di me? - mormorò Sandokan, gettando uno sguardo sul mare.
Egli guardò l'equipaggio che s'affaccendava contro le murate sfondate, dietro il ponte qua e là schiantato, cercando di porre un po' d'ordine a bordo e rinnovando le manovre danneggiate dalla mitraglia del nemico, e si avvicinò al Portoghese che, curvo sulla ribolla del timone, guardava attentamente all'oriente, difendendo gli occhi dal raggio del sole con ambe le mani.
- Credo che tu giunga a proposito, Sandokan - disse Yanez voltandosi verso di lui. - Mi pare che questa volta le nubi si accavallino sull'orizzonte più del solito, malgrado il sole.
- Delle nubi? - disse Sandokan, guardando il cielo che era puro. - Dove le trovi tu, Yanez, che non sono capace di vederne una?
- Tu non comprendi; guarda laggiù diritto la punta della tua bandiera, non vedi tu all'orizzonte qualche cosa, che un occhio pratico direbbe fumo? Corpo di un satanasso! Non m'inganno io, è mezz'ora che ho notato quel pennacchio nebbioso.
Sandokan, facendosi un paraocchi con le mani, osservò con qualche inquietudine il punto indicato.
- Sì - diss'egli, dopo qualche istante di osservazione. - Vedo un pennacchio grigiastro che mi ha tutta l'apparenza di essere fumo.
- È fumo di carbon fossile, Sandokan, te lo posso assicurare.
- Un piroscafo adunque? Vuoi che quelli di Labuan si sieno di già messi in mare per darci la caccia? Non è possibile, non lo posso credere. Ah! Se essi venissero ad assalirmi in mare...
- Che faresti?
- Che farei?... Tuoni di Dio! La Tigre berrebbe tutto il loro sangue! Tutto, fino all'ultima goccia.
- Uhm! Siamo debolucci, fratello mio. Non vorrei che il nostro prahos subisse un secondo bombardamento. È vero che noi abbiamo ancora in fondo alla stiva qualcuna di quelle brave bombe che fecero saltare le ruote al colosso di ferro, ma!... Tò! E se quello laggiù fosse il piroscafo di questa notte?
- È impossibile che sia lo stesso, Yanez. Gli ho fatto un'avaria troppo grossa, per potersi servire delle sue ruote. Anche se fosse riuscito a turare la falla, e avesse spiegato le sue vele, sarebbe difficile ammettere che egli ci fosse sì vicino. Quei legni là, coi loro scafi di ferro, camminano assai male col vento.
- Eppure è fumo, e siccome, che io sappia, non vi sono vulcani in questi paraggi, bisogna dire che quel fumo proviene da un vascello a vapore.
- Non v'ingannate, capitano Yanez - disse Giro Batoë, che si era avvicinato. - Guardate come quel pennacchio sale diritto e sottile. Esce da una ciminiera bella e buona.
- Tanto peggio per lui - rispose Sandokan. - Incontrerà la Tigre, ma la Tigre smaniosa di venire alle mani, la Tigre assetata di sangue e affamata di carne umana. Al piroscafo ho fatto saltare una ruota, a quello che ci insegue farò saltare la polveriera. Ve lo giuro.
"Finché sono in questi mari, sento di possedere il braccio e la ferocia dell'antica Tigre di Mompracem, sento di essere invulnerabile, sento di avere tanta forza da far tremare ancora Labuan e di empire questi flutti che poco fa si lamentavano dinanzi la prua del mio prahos, di rottami e di cadaveri.
- Sta in guardia, fratello - disse Yanez. - Non sono più i tempi da commettere pazzie. Le palle volano sempre, e senza darne l'avviso, tu ben sai, e una potrebbe colpire anche la Tigre quantunque si creda invulnerabile, e fors'anche colpire lady Marianna.
"Difendiamoci, e difendiamoci bene, ma senza lasciare che quei legni, che di solito sono irti di cannoni e zeppi d'armati, si avvicinino di troppo. Non dimenticare che abbiamo a bordo tredici soli tigrotti, tredici coraggiosi che non temono né Dio né il diavolo, ma infine sempre pochi.
- E non bisogna neppur dimenticare, che a Mompracem ve ne sono pochi di buoni - aggiunse Giro Batoë. - Bisogna risparmiare più che sia possibile gli uomini, se si vuole essere tanto forti da tenere in scacco gl'Inglesi che ci assalirono nel nostro villaggio.
- Credi tu adunque, che le giacche rosse verranno ad attaccarci? - chiese Sandokan.
- Certamente, Tigre, e ci scommetterei tutto il peculio che tengo nella mia capanna. Il lord mi pare che sia uno di quegli individui che non perdonano certe cose. Gl'Inglesi avranno paura a seguirlo, è da indovinarsi, poiché malgrado la loro potenza Mompracem è ancora più forte di Labuan. Ma l'oro vincerà la paura.
Sandokan fece un cenno affermativo col capo, ma non aprì labbra. Egli guardava fissamente il pennacchio grigiastro. Non aveva paura tuttavia provava qualche inquietudine, nel vederlo avvicinarsi sempre più. Non per sé, ma per Marianna, che temeva gli venisse sempre ripresa.
- Guarda, Yanez - disse d'un tratto. - Non iscorgi tu, in mezzo a quella colonna di fumo, un'asta che si direbbe un albero senza pennoni?
- Sì, fratello mio, e vi ha di più, che per quanto giri lo sguardo non sono capace di vederne che uno solo. Olà! Giro Batoë, tira un'occhiata anche tu che hai l'occhio di lince.
Il Malese aggrottò le sopracciglia e guardò attentamente coi suoi piccoli occhi neri, dotati di una potenza visiva assai forte.
- È un albero senza antenne - disse egli - ed uno solo con un nastro sulla cima.
- Allora non può essere un piroscafo.
- Sarà una cannoniera.
- Sì - disse Sandokan. - Ecco là che comincia a spuntare il ponte di comando assai elevato, la ciminiera, e la prua assai bassa tagliata ad angolo retto. Ohe! Vorrebbe per caso tentare d'attaccarci e riuscire là dove un piroscafo sei volte più grosso fu vinto?
- Una cannoniera! - esclamò una voce dolce ma che non tremava, a lui accanto.
Il pirata si volse, rapidamente e si trovò dinanzi a Marianna, che lo guardava sorridendo.
- Ah! Sei tu, Marianna! - diss'egli, stringendosela al cuore con gesto appassionato. - Ti credeva ancora addormentata nel tuo nido.
- Oibò! Mi credi adunque una donna che muore di paura?
- No, no, lo so che tu sei forte e intrepida. Ti ho veduto affrontare audacemente la tigre di Labuan e ciò basta. E hai proprio bisogno di essere coraggiosa, Marianna.
- Ci minaccia forse qualche nuovo pericolo?
- Chi sa? Abbiamo da lottare e da lottare molto, da soffrire e da soffrire molto ancora per essere felici. Gli uomini della tua razza, ne ho la certezza, verranno ad assalirci per istrapparti dalle braccia della Tigre.
- Oh! Non parlare così, Sandokan! - esclamò vivamente Marianna. - Ma perché vuoi che essi vengano a separarci, quando io dirò a loro che rinnego la mia nazionalità e che vicino a te sono felice? Perché?
- E me lo chiedi? - disse Sandokan emettendo un doloroso sospiro. - Dimentichi che tu sei l'ultima dei conti Guillonk e che io sono un pirata?...
- Ma non lo sarai più, non è vero, Sandokan? Ed essi comprenderanno che con me tu diverrai un altro uomo, che la Tigre scomparirà dai mari della Malesia.
- Sì, fanciulla divina, sì, la Tigre morrà colla sua isola, coi suoi tigrotti - rispose Sandokan con voce amara. - Ma essi, credi tu che per questo ci lascieranno in pace? No, verranno a bombardarci coi loro cannoni e a moschettarci colle loro carabine. Ma non tremare, Marianna, non avere paura che essi abbiano a prendermi ed a rapir te. Io sento d'essere capace per te di pugnare col mondo intero. Ti porterò nella temuta mia isola, nella mia Mompracem, e là non avranno il coraggio di cannoneggiarci. La Tigre nel suo covo è inattaccabile!
Marianna lo guardò con profonda ammirazione, ma i suoi occhi tradivano le inquietudini dell'anima. Il pirata comprese ciò che passava nella mente di lei. La prese, la trasse a sé vicino, e con voce bassa e risoluta:
- Ti comprendo, Marianna - le disse. - Tu hai paura di Mompracem, ma non vi rimarrai per molto tempo. Passato ogni pericolo, noi l'abbandoneremo e non la rivedrò più mai!... più mai!...
- Sì, mio adorato Sandokan, non rivedremo più mai né Labuan né Mompracem - mormorò la giovanetta emettendo un profondo sospiro. Un rauco gemito uscì dalle labbra del pirata e l'abbronzato suo volto si alterò dolorosamente.
- Più! Più! - ripeté egli con voce che invano sforzavasi di render ferma. Le sue mani passarono più volte sulla sua fronte imperlata di sudore e stranamente aggrottata, poi si tesero verso la cannoniera che avanzava a vista d'occhio.
- Non è che una cannoniera - disse poi cangiando tono. - Non ci farà male di sorta: noi siamo dieci volte più forti di essa.
- Credi tu che ci assalirà?
- Forse, ma sarebbe pazzia, Marianna. Vieni a vederla.
Egli condusse la giovanetta a poppa. La cannoniera era lontana allora un quattro o cinque miglia, quindi perfettamente visibile.
Poteva essere della portata di un centocinquanta tonnellate, bassa di scafo, colla poppa quasi a livello delle onde, il ponte di comando assai elevato e un solo albero nel mezzo sprovvisto di antenne e di grisolle. Si scorgeva pochissimo equipaggio in coperta e portava un sol cannone a poppa di poco superiore a quelli del prahos.
- È uno di quei legni che battono le coste per difenderle dalle irruzioni dei pirati - disse Yanez, avvicinandosi a Sandokan. - Rapidi finché si vuole, ma impotenti per misurarsi coi prahos di Mompracem.
- Tuttavia mi pare che si diriga verso di noi - osservò Giro Batoë che stava al timone.
- Per conoscerci da vicino e se fosse possibile per arrischiare un attacco. Non bisogna dimenticare che sulla testa di mio fratello Tigre pesa una taglia di mille sterline. È una bella sommetta che potrebbe tentare quei gaglioffi.
- Ma quella cannoniera là non porta bandiera inglese - disse Sandokan che da qualche istante la osservava con profonda attenzione.
- Oh! Oh! - fe' Yanez. - Vi si immischierebbe forse qualche altra nazione?
- È una bandiera olandese - affermò Giro Batoë. - Per Allah! non m'inganno io.
- Olandese! - esclamò Marianna. - Ma come mai gli Olandesi si collegano con quelli di Labuan?
- È cosa facile a spiegarsi - rispose Sandokan. - Noi siamo pirati, e tutte le nazioni si son messe d'accordo per estirpare la pirateria che essi chiamano un flagello bello e buono. Gli Olandesi, gl'Inglesi o anche i compatrioti di mio fratello, quantunque non troppo calorosamente, ronzano attorno a Borneo. Il piroscafo ci ha additati alla cannoniera e questa ha creduto bene di tentare la caccia.
- To', guarda, Sandokan, non lo dicevo io? - disse il Portoghese. - Ecco la valente cannoniera che diventa prudentissima.
Infatti il legno da guerra aveva a poco a poco rallentata la corsa. Procedette per qualche tratto, bordeggiando a dritta e a sinistra come indeciso, poi virò bruscamente di bordo e s'allontanò dirigendosi al nord-ovest. Dieci minuti dopo era tanto lontano da essere fuori di portata dei cannoni del prahos.
- Si vede che non si sente tanto forte da cimentarsi con noi - disse Sandokan. - D'altronde è meglio così tanto pel nostro prahos quanto per lui. Non avrei dato una sterlina delle sue ruote.
- Non credere però, che quella furba di cannoniera abbia a lasciarci - osservò Yanez. - Io scommetterei che la birbona, pur tenendosi a debita distanza, non ci perderà di vista e non si lascierà sfuggire l'occasione propizia per gettarsi improvvisamente su di noi. Guarda, Sandokan, ecco che torna a virare e che ci si mette alle calcagna.
Il Portoghese aveva detto il vero. La cannoniera aveva fatto un fronte indietro e si era slanciata dietro al prahos che filava rapido come una freccia, e per tutto il giorno lo seguì ostinatamente.
Nessuno però ebbe a inquietarsi della sua presenza, ben sapendo che se avesse avuto la temerità d'assalirli, avrebbe avuto indubitatamente la peggio. Nemmeno Marianna ebbe paura, rassicurata dalla presenza della Tigre e dei suoi formidabili tigrotti.
La giornata passò senza incidenti, e la sera venne senza che la felicità dei due amanti venisse in nulla turbata.
- Marianna - disse Sandokan, quando il sole si tuffò nelle onde. - Puoi ritirarti nel tuo nido senza timori. Quella malaugurata cannoniera per questa notte non ci darà fastidi, ne son sicuro, e meno domani che saremo in vista della nostra isola. Va, io veglierò e, dopo di me, veglierà mio fratello Yanez. Sarà l'ultima notte che tu rimarrai rinchiusa nella stretta tua cabina: domani riposerai nel covo della Tigre sulla inaccessibile rupe della temuta mia Mompracem.
Egli la baciò in volto nel mentre che le onde mormoravano dolcemente a prua e che la brezza gemeva fra gli attrezzi del legno, poi, mentre ella scendeva la stretta scala, andò a sedersi a poppa prendendo egli stesso la ribolla del timone in mano. I suoi occhi si fissarono sulla cannoniera che fumava a mezzo miglio di distanza, né si staccarono più, nemmeno un momento, nemmeno un atomo.
Alla mezzanotte egli era ancora là e non avrebbe abbandonato quel posto se il Portoghese non fosse venuto in persona per surrogarlo.
- Vattene a dormire, Sandokan - disse Yanez traendolo da poppa quasi con violenza. - Tu hai bisogno di riposare; non scordarti che Mompracem ha ancora bisogno della sua Tigre, ma della Tigre forte, terribile, come lo era una volta.
- Hai ragione - rispose Sandokan guardando un'ultima volta i fanali della cannoniera. - Fratello, dei pericoli vagano fra le ombre della notte; fa in modo che questi non t'abbiano a cogliere alla sprovveduta. Vigila, ma vigila come vigilai io. Tu sai che trattasi di Marianna, vale a dire di ciò che ho più caro al mondo; io diverrei pazzo se accadesse disgrazia a lei.
- Fingerò di essere innamorato della lady - disse Yanez sorridendo. - Che vuoi di più? Nessuna mossa della cannoniera sfuggirà ai miei occhi per quanto le tenebre possano diventare fitte. Orsù, vattene a dormire.
Il pirata s'allontanò, scese nella cabina senza far il minimo rumore per la tema di svegliare la giovanetta, e dopo essersi assicurato che costei dormiva, si gettò nella sua amaca colla speranza di trovarsi all'alba sotto le coste di Mompracem.
Tutta la notte però fu agitatissimo. Sogni spaventevoli lo svegliavano di frequente e l'ansietà impedivagli di ripigliare il sonno per quanto tentasse di chiudere gli occhi. Più volte si alzò e si accostò alla tramezzata che dividevalo dalla cabina di Marianna per udire se respirasse o se era proprio vero che non gli era ancora stata rapita, più volte s'accostò allo sportello che guardava il mare tentando vedere la cannoniera e più volte infine in preda a timori e ad angoscie inesplicabili si spinse fino sul ponte per assicurarsi coi propri occhi che Yanez e i tigrotti vegliavano e che nessun pericolo minacciava il suo legno.
Non pigliò sonno che verso il mattino, ma fu di breve durata. Fu improvvisamente svegliato dal Portoghese che scendeva con fracasso la scala.
- Sandokan! - gridò questi. - Salta in piedi che siamo in vista di Mompracem. Per mille fulmini! Vi ha la rivoluzione laggiù!
- Mompracem! La rivoluzione? - esclamò il pirata saltando giù dall'amaca. - Che è mai successo?
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